«L'adesione all'Ue è una procedura complessa e che richiede tempo»: così avvertono le stesse istituzioni europee, e così dice l’esperienza concreta di paesi che da decenni aspettano invano l’ingresso. 

Perché si parla dell’ingresso di Kiev nell’Ue?

La ragione è politica. Alla vigilia dei negoziati tra Ucraina e Russia, la presidente della Commissione europea ha detto che «l’Ucraina è dei nostri»: voleva dare un segnale di supporto, anche in fase negoziale, al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Presidente che nel pieno dei negoziati infatti è tornato sul punto esibendo una lettera di richiesta.

Davvero l’Europarlamento oggi si esprime con un voto sull’adesione?

No. Siamo lontanissimi dalla fase in cui gli eurodeputati possono confermare con un voto l’ingresso di Kiev nell’Ue. L’iter è lungo e complesso, e la risoluzione che viene presentata oggi in aula ha un valore simbolico: vale poco più di una dichiarazione di affetto, politicamente parlando, in una fase in cui l’Europa esprime il suo sostegno all’Ucraina aggredita dalla Russia.

Cosa chiede l’Europarlamento?

Nel paragrafo dedicato della risoluzione, per come è stata concordata dai gruppi prima del voto e quindi di eventuali emendamenti, si «invita le istituzioni dell’Unione ad adoperarsi per concedere all’Ucraina lo status di paese candidato all’adesione all’Ue, a norma dell’articolo 49 del trattato sull’Unione europea e sulla base del merito e, nel frattempo, a continuare ad adoperarsi per la sua integrazione nel mercato unico dell’Unione in virtù dell’accordo di associazione».

Quali sono gli effetti concreti?

Gli eurodeputati invitano la Commissione a lavorare per garantire all’Ucraina non l’adesione, ma lo status di candidata, secondo i trattati. La Turchia ha ottenuto lo status di candidata nel 1999, e non è ancora un paese Ue; né è detto che lo diventerà mai. 

Come si entra nell’Ue?

Prima ancora di aderire, bisogna ottenere lo status di paese candidato. E per ottenerlo, bisogna soddisfare i criteri di adesione, o «criteri di Copenaghen». Un paese deve quindi essere predisposto a entrare nella comunità dei paesi dell’Unione su vari fronti: stabilità della democrazia e stato di diritto, ma anche economia di mercato, adozione della legislazione europea e dell’euro.

Quali paesi sono già candidati?

Al momento ci sono alcuni paesi che stanno integrando l’ordinamento europeo in quello nazionale, e che sono candidati: Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Non soddisfano i «criteri», ma sono candidati potenziali, anche Kosovo e Bosnia-Erzegovina. Anche questi due paesi peraltro subiscono i tentativi di destabilizzazione di Vladimir Putin, che li ha citati nel discorso serale in cui annunciava l’aggressione dell’Ucraina.

Cosa può fare l’Ue in vista dell’ingresso di Kiev?

La Commissione può avviare il suo «assessment», cioè la procedura di valutazione in vista della assegnazione dello status di candidato, e compila quindi tabelle di vari capitoli. Poi in una ulteriore versione indica al paese richiedente le riforme politiche, economiche, giuridiche necessarie per avvicinarsi all’«acquis communautaire». Bisogna essere in linea con le basi dell’Ue per poter aspirare a entrarvi; ecco perché l’iter «è lungo e complesso».

Chi decide davvero?

La Commissione prepara i lavori ma poi il Consiglio europeo, dunque i governi, deve approvare all’unanimità lo status di candidata; e anche l’Europarlamento. Il voto odierno è del tutto lontano ed estraneo a questo passaggio, che richiede tempo e lavoro. La decisione ha un valore fortemente politico e dipende in larga parte dalla scelta politica dei governi. Ecco perché ci sono paesi che dopo decenni non sono ancora nell’Ue, come la Turchia, e altri, come la Slovenia, che sono entrati con relativa rapidità.

A che punto è Kiev?

L’Ucraina fa già parte del programma per i «paesi vicini», che non ha alcun rapporto con candidatura e adesione, ma consente all’Ue di sostenerla ad esempio con fondi a sostegno di uno sviluppo democratico. Si tratta di rapporti di buon vicinato. Un altro passaggio che avvicina un paese all’Ue pur senza ingresso è l’unione doganale: c’è già con la Turchia per esempio.

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