Ancora una volta la Corte di Karlsruhe, il tribunale costituzionale tedesco, dovrà dire la sua sulla compatibilità dei provvedimenti adottati dalle istituzioni europee con il Grundgesetz. Questa volta è Next generation Eu a dover passare il vaglio dei giudici costituzionali. Per la verità, che la legge di ratifica della decisione del Consiglio del 14 dicembre 2020 sulle risorse proprie dell’Unione, approvata dal Bundestag il 25 marzo scorso, finisse a Karlsruhe, era un fatto quasi scontato. È ormai prassi comune che gruppi di cittadini o anche partiti politici ricorrano direttamente al tribunale costituzionale, che con le sue sentenze ha scandito le modalità dell’integrazione della Repubblica federale in Europa. Sempre con sentenze di accoglimento, tranne nel caso del Pspp, il programma di acquisto di titoli pubblici e privati, dove comunque è stato dato tempo e modo al parlamento e al governo di intervenire.

Gli ultra vires

I giudici di Karlsruhe si sono occupati, in particolare, degli ultra vires: quegli atti che le istituzioni europee assumono anche se prive della competenza per farlo. Questi atti possono rappresentare anche una violazione del Grundgesetz, perché ogni volta che si attribuiscono ulteriori competenze alle istituzioni europee, occorre l’espressa autorizzazione del Bundestag. Questo processo di delegazione ha comunque dei limiti ben precisi, fissati proprio dalla giurisprudenza di Karlsruhe. L’atto ultra vires metterebbe in crisi questo fondamento democratico del rapporto tra Unione europea e stati nazionali: secondo alcuni, rappresenterebbe una sorta di cavallo di Troia con il quale le istituzioni europee si appropriano di competenze degli stati. Tuttavia, la giurisprudenza del Tribunale costituzionale è stata contestata per una eccessiva rigidità nel definire quando un atto ultra vires è effettivamente sanzionabile. La soglia sarebbe troppo alta, a giudizio dei critici dell’integrazione europea. Per Next generation la questione si pone sempre in questi termini: sarebbe un provvedimento che lede i trattati europei, perché l’Unione europea non ha una competenza in tal senso, e anche il Grundgesetz. È contestata la possibilità dell’Unione europea di reperire sul mercato fino a 750 miliardi di euro da reinvestire poi nel Next generation. Di indebitarsi insomma, primo passo verso l’unione fiscale, temuta dai conservatori ma fortemente voluta dai socialdemocratici: il sottosegretario Michael Roth, al dibattito al Bundestag sull’approvazione della legge di ratifica, lo ha espressamente confermato.

Il nuovo ricorso a Karlsruhe

A depositare il ricorso è stata la rete Bürgerwille, il cui portavoce è Bernd Lucke, professore di macroeconomia e fondatore nel 2013 di AfD, Alternative für Deutschland. Il partito è nato in totale contrapposizione all’euro: nel suo primo programma elettorale di appena quattro pagine, per le elezioni dello stesso anno, AfD chiedeva il ritorno al marco. Poi il partito si è spostato su posizioni sempre più radicali e Lucke non è stato rieletto alla presidenza. Curiosamente proprio nei giorni scorsi AfD ha approvato il suo nuovo programma per le elezioni federali di settembre: sono ricomparsi l’uscita dall’euro e il ritorno al marco. C’è da credere, dunque, che le questioni europee saranno in futuro quelle che torneranno a rappresentare nuovamente il cavallo di battaglia del populismo tedesco, sapendo bene quanto la preoccupazione di un’Europa ingestibile e che continuerebbe a bruciare risorse può fare breccia in gran parte della popolazione, costretta ad assistere durante i primi mesi dell’anno al “fallimento” (per ora) della campagna vaccinale europea, almeno paragonandola a quella del Regno Unito che è appena uscito dall’Unione.

Non c’è quindi alcun dubbio sul fatto che il ricorso abbia soprattutto un’ambizione politica: fare della rete di Lucke la nuova stella polare del populismo di destra. La forza che si candida a rappresentare senza mediazioni e compromessi gli interessi tedeschi. Per ora ha avuto un discreto successo perché ha spinto il tribunale a imporre al presidente federale di non firmare la legge di ratifica. Ha, cioè, accettato di valutare l’urgenza del ricorso come chiesto dai ricorrenti, secondo la tesi che una volta che la Germania dà la sua adesione non sarebbe più possibile recedere. Così ha di fatto congelato Next generation Eu, creando un piccolo caso diplomatico con il presidente, che i giornali non hanno mancato di sottolineare.

Incostituzionale o no?

In un’intervista a Domani, Lucke ha chiarito i termini del problema: «Si tratta di un trasferimento di competenze, strutturalmente rilevante, a danno degli stati membri. La politica monetaria è stata trasferita, già con l’introduzione dell’euro, dalle responsabilità degli stati membri, cioè degli stati dell’Eurozona, a quella dell’Unione europea. Ma il tribunale ha anche sempre detto che la legge fondamentale tedesca impone che la politica fiscale, ovvero le decisioni sulle tasse, i debiti e le spese delle stato, debbano essere controllate democraticamente dal Bundestag».

Sin qui, come detto, si tratta di un problema noto, sebbene difficilmente Karlsruhe potrà accoglierlo interamente: l’impianto del Next generation ha limiti temporali e di risorse ben definito e, ad avviso di molti costituzionalisti, questo consente di evitare la lesione delle competenze del parlamento tedesco. Tant’è che lo stesso Lucke è costretto a ricorrere a un caso limite: «Se si legge il provvedimento, si scopre che la Commissione europea è autorizzata a richiedere un ulteriore 0,6 per cento annuo del reddito nazionale lordo degli stati per interessi e rimborsi, fino al 2058. Questo significa che la Germania potrebbe essere chiamata a rispondere per un totale di circa mille miliardi di euro dalla Commissione europea. Tuttavia, la nostra legge fondamentale non consente che sia la Commissione europea a decidere quanti fondi la Germania deve trasferire, al posto del Bundestag».

Ipotesi, però, del tutto scolastica, come chiarisce Thu Nguyen, ricercatrice al Centro Delors della Hertie School a Berlino: «I debiti contratti vengono ripagati, insieme agli interessi, con il bilancio europeo. I rischi per i bilanci nazionali sono legati ai contributi che gli stati membri regolarmente versano nel bilancio dell’Unione europea. Nessuno degli stati membri risponde direttamente per i debiti contratti e anche la Germania risponde solo indirettamente, tramite i contributi che deve versare. E lo scenario in base al quale la Germania improvvisamente diventa l’unico stato membro che versa contributi al bilancio dell’Unione europea, mentre gli altri 26 stati non lo fanno, e quindi risponde da sola per i 750 miliardi, è davvero inverosimile. Persino il Regno Unito, che è uscito dall’Unione europea, deve comunque onorare le sue obbligazioni».

Lucke crede di avere possibilità di riuscita ma è evidente che questo è solo il primo passo: «Non si può bacchettare costantemente stati membri come Polonia e Ungheria perché violano lo stato di diritto e poi infrangere i propri trattati. Penso che sia inaccettabile e il Grundgesetz non lo consente. Il Grundgesetz ci garantisce la democrazia e questo significa che possiamo fare solo ciò che è stato deciso democraticamente ed è consentito dalle leggi e dai trattati».

Lucke sa che ha tutto da guadagnare: se la Corte accoglie il ricorso (ipotesi improbabile, ma potrebbe certamente intervenire con indicazioni e richieste) lui torna in scena come il vero difensore degli interessi nazionali (aprendo così una sfida nella destra tedesca). Se lo boccia potrà capitalizzare parte dell’inevitabile risentimento.

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