«Povera Germania», dice una signora bionda con una maglia rossa coi glitter mentre resta indecisa tra le patate e l’insalata del buffet alla serata elettorale della Cdu di Charlottenburg, uno dei quartieri più ricchi di Berlino. Lei e gli altri militanti hanno appena realizzato che il partito, quello della cancelliera Angela Merkel, che ha guidato il paese per sedici anni, ha ottenuto il peggior risultato della sua storia.

All’uscita delle prime proiezioni le facce si contraggono in una smorfia. Le preoccupazioni per l’esito del voto erano note, ma perdere lo status di primo partito non era previsto. Gli otto punti percentuali che la Cdu ha perso rispetto al 2017 pesano tremendamente in questo finale inglorioso dell’eredità merkeliana.

Una signora con una collana di perle scuote la testa, un bambino vestito da cerimonia guarda con preoccupazione il padre che storce la bocca. Un pensionato in camicia a quadri trae l’unica conclusione possibile: «Adesso posso ubriacarmi».

L’unico applauso si leva nel momento in cui le proiezioni escludono che una coalizione tra Spd, Verdi e Linke possa raggiungere la maggioranza. Presto però la diretta perde interesse. Gli iscritti tornano a riunirsi davanti alla televisione solo quando il candidato, Armin Laschet, rivolge un omaggio a Merkel: sul palco in tv la dirigenza federale si commuove. Laschet dice che non si può essere soddisfatti del risultato, qualcuno dice «sì, vero». Altri applausi.

La speranza resta

La speranza è che l’ultima parola non sia ancora stata detta, cioè che lo spoglio dei voti per posta possa ribaltare il risultato. Ma nessuno da queste parti è convinto: «Sarà una notte lunga, siamo ancora alle proiezioni. Nelle ultime settimane Laschet ha alzato il ritmo e penso che questo si veda dal suo recupero», dice un ricercatore trentenne della Konrad-Adenauer-Stiftung, la fondazione vicina al partito. «La nostra speranza è ancora che si concretizzi la coalizione Giamaica insieme a Verdi e liberali», dice, indicando forse l’unica via praticabile.

Nei prossimi giorni tutti dovranno fare i conti con il presidente della Fdp, Christian Lindner, che ha già annunciato di volersi consultare innanzitutto coi Verdi. Il partito di Annalena Baerbock già nell’ultimo dibattito aveva fatto sapere di guardare a un governo con la Spd. Un sentimento ricambiato, a cui potrebbe ora aggiungersi ora la collaborazione con i liberali.

Il tradizionale dibattito dei leader di partito in programma in prima serata richiama qualche elettore davanti alla televisione, ma l’incertezza che domina la scena (e le parole del candidato conservatore) non migliora l’umore degli iscritti di Charlottenburg. Il volto soddisfatto che Olaf Scholz non fa nulla per mascherare peggiora le cose. Comunque andranno i negoziati, l’uomo della serata è lui: la sua popolarità nella base socialdemocratica rimane limitata, ma alla sede nazionale della Spd lo hanno omaggiato con una standing ovation. Il ministro delle Finanze è riuscito in quella che sembrava una missione impossibile, riportare il partito a un livello in cui può allungare la mano verso la cancelleria.

Spd e Cdu hanno governato insieme per dodici degli ultimi sedici anni, ma qualcosa si è rotto: «Mi pare evidente che sia impossibile portare ancora avanti una grande coalizione», dice Kevin Steuer, membro della dirigenza di sezione, 28 anni e membro dai 18. «La corsa non è ancora chiusa, dobbiamo aspettare i conteggi. Certo è una delusione, è il nostro risultato peggiore di sempre».

Che la Germania sia stanca della Cdu? «No, è una questione di persone ma anche di contenuti, e sicuramente Laschet può essere un cancelliere che tiene unito il paese». Che sia proprio questo il suo talento più spiccato non è certo: i militanti lodano soprattutto le ultime settimane della sua campagna elettorale, ma qualcuno lamenta la mancanza di sostegno del partito, che non ha saputo allargare i confini del suo elettorato tradizionale. Dopo l’esito del voto, il candidato, capolista nel suo Land, deve addirittura tremare per la sua elezione al Bundestag.

Ben Lanz, diciottenne vicepresidente della Unione degli studenti, una delle associazioni giovanili della Cdu, oggi ha votato per la prima volta: ammette che Laschet è un «uomo vecchio e bianco» e che «magari parla agli elettori della Renania, ma molto meno ai giovani berlinesi. Spero ci sarà occasione di discutere questa sconfitta nel partito per capire come ripartire».

La ricostruzione

Nonostante resti una minima possibilità che la Cdu ottenga l’incarico di formare un governo, che Laschet tra l’altro rivendica, un dibattito interno non potrà mancare. Mantenere in mano la guida del paese dopo sedici anni di governo ininterrotto con un candidato che in più occasioni ha dimostrato di non essere all’altezza dell’eredità di Merkel era un’impresa quasi impossibile, ma che il partito perdesse così tanto terreno era oltre ogni aspettativa.

Il primo a gettarsi sul cadavere, politicamente parlando, di Laschet, sarà probabilmente Friedrich Merz, ex rivale per la candidatura e guida dell’ala più conservatrice del partito. A questo punto potrà dimostrare che la linea centrista di Merkel ha definitivamente fallito e può sperare di portare il partito più a destra.

A risalire saranno anche le quotazioni di Markus Söder, il governatore della Baviera e capo del partito gemello Csu, quello che a lungo era stato considerato il candidato migliore rispetto a Laschet. È d’accordo Peer Mock-Stümer, candidato al Senato di Berlino nel distretto Alt Wilmersdorf: «Se qualche settimana fa la dirigenza del partito avesse rimesso in pista Söder oggi il bilancio di questo voto sarebbe un altro», dice.

Se l’alternativa interna possa essere Merz è ancora tutto da vedere anche secondo Mock-Stümer, che teme che il partito possa rimanere bloccato dopo l’addio di Merkel. La Cdu ha parecchi problemi da risolvere e non sa da dove cominciare.

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