Il governo di Stoccolma è sopravvissuto al voto di sfiducia di martedì grazie all’astensione della parlamentare indipendente Amineh Kakabaveh, ma la spaccatura con la premier è tutt’altro che risolta e rischia di paralizzare il governo già nel breve periodo.  

Al centro dello scontro tra Kakabaveh e l’esecutivo vi sono le richieste avanzate dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan affinché la Turchia dia luce verde all’adesione della Svezia alla Nato, richieste dirette principalmente contro la comunità curda e che il governo, secondo la parlamentare, dovrebbe rigettare in toto.

Il voto

La mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia è stata presentata la settimana scorsa dall’opposizione per questioni interne che ben poco hanno a che vedere con l’adesione del paese nella Nato, ma proprio questo argomento ha finito con il dominare l’agenda politica e mediatica degli ultimi giorni, conferendo a Kakabaveh un ruolo decisivo per la tenuta dell’esecutivo.

I Socialdemocratici hanno solo 100 seggi in parlamento e pur potendo contare sul sostegno esterno dei Verdi, del Centro e della Sinistra hanno bisogno del parlamentare curda per governare. Grazie al supporto di Kakabaveh, Andersson ha ottenuto non solo i numeri necessari per la premiership ma anche per l’approvazione di manovre chiave, come quella finanziaria. In cambio, il partito socialdemocratico si è impegnato a sostenere l’Amministrazione autonoma del nordest della Siria e a rafforzare i legami con il Partito dell’Unione democratica (Pyd) attivo in Rojava.

Un sostegno che il presidente Erdogan ha sempre condannato e che è adesso al centro dei negoziati tra Turchia e Svezia per l’ingresso di Stoccolma nella Nato. In quella che è a tutti gli effetti un’ingerenza negli affari interni di un altro paese, il capo di Stato turco ha più volte dichiarato che la Svezia farà parte dell’Alleanza atlantica solo dopo aver modificato le sue leggi sulla sicurezza, includendo anche le Ypg/Ypj e il Pyd nella lista delle organizzazioni terroristiche, ed estradato alcuni dissidenti che negli anni hanno trovato rifugio nel paese scandinavo.

In questa lista, secondo l’ambasciatore turco a Stoccolma, dovrebbe essere inserita anche Amineh Kakabaveh, considerata una figura pericolosa per gli interessi della Turchia. Una richiesta impossibile da soddisfare anche solo per il fatto che la parlamentare è originaria del Kurdistan iraniano e non di quello turco.  

La questione curda

In cambio della sua astensione in occasione del voto di sfiducia, Kakabaveh aveva chiesto ai socialdemocratici delle rassicurazioni sul futuro dei curdi rifugiatisi nel paese e sul mantenimento dei rapporti con l’Amministrazione del Rojava. Secondo quanto dichiarato poco prima della votazione dalla parlamentare curda, i socialdemocratici hanno assicurato che il patto stipulato nel 2021 sarebbe stato rispettato. Il governo quindi non dovrebbe inserire né le Ypg/Ypj né il Pyd nella lista delle organizzazioni terroristiche come richiesto da Erdogan, ma il rischio che i curdi finiscano con l’essere sacrificati in cambio dell’ingresso della Svezia nella Nato resta.

«Non so se continuerò a sostenere il governo», afferma Kakabaveh. «Sto ancora aspettando una risposta dalla premier su che posizione intende prendere rispetto alle richieste della Turchia». La prima ministra però dovrà scegliere in fretta da che parte stare. «La prossima settimana è attesa la votazione sulla legge di bilancio e la questione curda sarà al centro dei miei negoziati con i socialdemocratici. Non capisco perché alcune persone che abbiamo sostenuto quando combattevano l’Isis in Siria una volta in Svezia rischiano di finire nella lista dei terroristi», spiega Kakabaveh.

Nuove richieste

Erdogan però potrebbe non accontentarsi dei soli curdo. Con il passare dei giorni, il presidente continua ad alzare la posta in gioco, sfruttando a suo favore il desiderio svedese di entrare nella Nato. Solo due giorni fa Erdogan ha affermato che la premier dovrebbe mandare a casa il suo ministro della Difesa per aver partecipato nel 2011 alle celebrazioni del 33esimo anniversario della nascita del Pkk a Borlange.

Fino al 29 giugno, quando i paesi della Nato si riuniranno a Madrid per parlare anche dell’adesione all’Alleanza di Svezia e Finlandia, la lista delle richieste della Turchia potrebbe allungarsi ulteriormente. «Oggi ci viene chiesto di sacrificare chi viene dal Medio oriente e dal Rojava, ma se cediamo domani toccherà a qualcun altro».

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