L’Unione europea per quel che riguarda le vaccinazioni si confronta con un problema di fiducia.

Trust, fiducia appunto, è una delle parole pronunciate più di frequente oggi da Ursula von der Leyen, la presidente dell’esecutivo Ue, da Thierry Breton, commissario al Mercato interno, che ha il compito di aumentare la produzione europea di dosi, e da Didier Reynders, che ha la delega alla Giustizia e ha dettagliato la proposta di “passaporto Covid”.

Rassicurare

La campagna di vaccinazioni europea «ha avuto un inizio difficile», dice von der Leyen, che però parla di «buone notizie e progressi fatti»; punta su un aumento delle consegne nel secondo trimestre, anche grazie all’arrivo dei vaccini Johnson&Johnson (per i quali basta una dose) e conferma l’obiettivo del 70 per cento di adulti vaccinati entro fine estate. La presidente fa però alcuni distinguo: tra Pfizer, «che è affidabile, su cui sappiamo di poter contare» e con la quale c’è stata martedì la stretta di mano per nuove dosi in arrivo, e AstraZeneca che invece «ha consegnato ben al di sotto dei numeri concordati». Nel primo trimestre dovevano arrivare 90 milioni di dosi e saranno un terzo; «ciò ha dolorosamente rallentato la nostra velocità nel vaccinare». Stoccate ad AstraZeneca, e pure al Regno Unito: il controllo dell’export attivo da febbraio si è tradotto in un solo blocco effettivo delle esportazioni (quello italiano con una partita AstraZeneca diretta in Australia); ma «ha reso evidente, dati alla mano, quanto sia squilibrata la situazione: noi su 314 richieste di esportare ne abbiamo rifiutata solo una, e dall’Ue sono uscite 41 milioni di dosi, verso 33 paesi; gli altri paesi non sono altrettanto “aperti” con noi»; il riferimento è a Londra. La presidente della Commissione conclude comunque con un messaggio di fiducia: ripete che «I trust AstraZeneca, ho fiducia in AstraZeneca e nei vaccini». Si dice convinta che la dichiarazione attesa da Ema domani «farà chiarezza» e dice che è giusto dare agli scienziati tempo per uno scrutinio scrupoloso visto che hanno sulle spalle grandi responsabilità.

Certificato verde

La Commissione lancia la sua proposta di “certificato verde digitale”; dice Reynders, «Bruxelles vuole arrivare a giugno con il progetto realizzato». Di che si tratta? Di un codice QR che certifica che si è vaccinati, che si è guariti dal Covid-19 o negativi al test. Il codice è uno strumento digitale, ma può essere esibito anche stampato su carta, «sua madre anziana non si deve preoccupare», ha risposto Reynders a un giornalista. Il certificato, che sarà gratuito e riconosciuto in tutti gli stati membri, servirà come strumento per favorire la libertà di circolazione di chi è vaccinato o può attestare di non avere Covid-19. Con l’inizio della campagna vaccinale, alcuni paesi mediterranei come Grecia, Portogallo e Spagna, pensando alla stagione turistica, hanno spinto perché l’Ue stabilisse criteri e strumenti condivisi per spostarsi. La questione ha rischiato di essere politicamente divisiva, per una serie di ragioni. In alcuni paesi in particolare, e in Ue in generale, le vaccinazioni sono iniziate con lentezza, e condizionare gli spostamenti al vaccino rischiava di introdurre un obbligo de facto a vaccinarsi; obbligo il cui esercizio le istituzioni non potevano garantire. Mentre in Spagna l’80 per cento è favorevole a vaccinarsi (la rilevazione è YouGov), in Francia solo il 50, in Germania il 64, e questi due paesi erano infatti reticenti. La questione è stata sciolta garantendo un’alternativa al vaccino: il test, appunto, o l’attestazione che si è guariti dal virus. Un altro punto sensibile è: quali vaccinazioni riconoscere? L’Ungheria ad esempio ha autorizzato i vaccini russo e cinese, sui quali Ema non si è espressa. Bruxelles riconoscerà, per il certificato, solo i vaccini approvati da Ema, ma consente agli stati di fare deroghe e accogliere anche chi ha ricevuto altri tipi di vaccini.

Varianti

In generale, il criterio utilizzato dalla Commissione è proprio quello di fornire strumenti comuni, interoperabili tra uno stato e l’altro, ma di lasciare ai governi il loro margine di autonomia – e quindi anche una larga fetta di responsabilità politica. Bruxelles si fa comunque garante di alcuni aspetti: che il passaporto, per come è concepito, non sia discriminatorio (anzitutto verso chi non è vaccinato); che tuteli i cittadini sul fronte della privacy e del trattamento dei dati. Il certificato conterrà solo le informazioni strettamente indispensabili, e i paesi nei quali i cittadini transitano non potranno conservare i dati. «In pratica – dice Roberto Reale, fondatore dell’osservatorio sull’innovazione Eutopian – l’Ue costruirà un hub, una infrastruttura tecnologica, con lo scopo di verificare la validità delle firme digitali che provengono da ogni stato». Per firma digitale si intende il marchio dell’autorità nazionale che rilascia il certificato di vaccinazione, di test o di guarigione. L’Ue provvede alla interoperabilità del sistema; dopodiché, dice Reale, «spetterà ai governi declinare il progetto al loro interno». Questo entro giugno. Intanto, sottolinea von der Leyen, «la situazione epidemiologica peggiora, i paesi fanno fronte a terza ondata e varianti». In Italia oggi sono stati registrati 23.059 nuovi casi, 431 i decessi. A livello europeo, l’Ecdc dice che non siamo affatto a buon punto nel monitorare e nell’arginare le varianti.

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