Il Parlamento europeo è stato costantemente tagliato fuori da Ursula von der Leyen quando si è trattato di gestire i contratti con i colossi dei vaccini: c’è stata poca trasparenza sugli accordi, i negoziati sono stati gestiti in modo centralistico e opaco, e fino all’ultimo Bruxelles ha dato poche informazioni, anche sulle questioni di bilancio sulle quali gli eurodeputati hanno diritto e dovere di controllo. Se mercoledì scorso la commissione Covid dell’Europarlamento è arrivata a chiedere di tenere alla larga Pfizer dal Parlamento Ue, e ha invitato fortemente von der Leyen a dare risposte, è perché lo smacco nei confronti degli eletti ha raggiunto ormai livelli insostenibili.

Scandalo messaggini

A far deflagrare la reazione degli eurodeputati è stato lo “scandalo sms”: ormai un anno fa, è emerso che von der Leyen aveva smessaggiato per settimane con Albert Bourla, l’amministratore delegato di Pfizer, anche quando un nuovo contratto per i vaccini veniva negoziato. Ma ha rifiutato di render pubblici quei documenti. In seguito, per ben due volte Bourla ha respinto l’invito degli europarlamentari a venire a testimoniare sul caso. La richiesta di escludere i rappresentanti dell’azienda dalle attività dell’emiciclo è stata promossa in commissione Covid da Michèle Rivasi dei verdi e ha trovato una maggioranza, anche se i popolari e Renew hanno votato contro.

Opacità conclamata

L’iniziativa va letta come il tentativo disperato da parte degli eletti di dare un segnale e esercitare pienamente il loro compito di rappresentanti. Non risolverà il problema: Pfizer non ha neppure bisogno di bazzicare all’Europarlamento, per condizionare le decisioni europee; ha un canale privilegiato con la presidente della Commissione Ue. La opacità di von der Leyen nei suoi rapporti con Big Pharma è ormai conclamata: è in corso una indagine della procura europea, mentre giudizi sanzionatori sono già arrivati sia dalla Corte dei conti che dalla difensora civica Ue.

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