Berlino vira a destra sull’immigrazione sperando di fermare l’onda AfD. Ma intanto l’Spd fa il pieno di ministeri, tra cui la Difesa. Il giuramento a inizio maggio
Luce verde alla nuova Grande coalizione in Germania. L’alleanza di governo tra l’Unione Cdu/Csu e la Spd è cosa fatta, a patto che arrivi il (probabile) via libera dei partiti al contratto di governo negoziato in quattro settimane dalle squadre delle tre formazioni che faranno parte del nuovo governo tedesco.
Il giuramento dovrebbe avere luogo a inizio maggio, quindi poco oltre il limite temporale di Pasqua indicato dopo le elezioni dal leader della Cdu e futuro cancelliere Friedrich Merz. Entro allora, mentre Cdu e Csu possono approvare il testo nelle loro direzioni di partito, la Spd lo sottoporrà ai propri iscritti in una votazione che durerà diversi giorni ma dovrebbe concludersi entro il 30 aprile.
A inizio settimana Merz aveva chiesto un’accelerazione a seguito delle conseguenze sulle borse mondiali e sulle economie europee dei dazi introdotti da Donald Trump: ed effettivamente, rispetto alle aspettative di andare a dama nel fine settimana, Spd e Cdu sono riuscite ad accorciare i tempi e presentarsi alla stampa già nel pomeriggio.
Alla fine, i socialdemocratici portano a casa ben sette ministeri su 17, parecchi rispetto al magro risultato del 16 per cento dei consensi conquistato alle elezioni. Tre vanno ai bavaresi della Csu, che si prendono Agricoltura, Interno e il nuovo superministero per Istruzione, Digitalizzazione e Spazio, che accontenta, assieme al sottosegretario bavarese al ministero degli Esteri, le ambizioni del capo Markus Söder, appassionatissimo di Star Trek.
Il resto dei dicasteri va ai gemelli della Cdu, che si assicurano anche i sottosegretari alla Cultura e a Sport e Terzo settore: il dubbio dei commentatori nei momenti immediatamente successivi alla conferenza stampa con cui viene annunciato l’avvio del nuovo esecutivo è quanto i cristianodemocratici siano usciti indeboliti dalla trattativa.
Il risultato dei socialdemocratici è effettivamente superiore alle aspettative e alle indiscrezioni che circolavano prima della conferenza stampa: la Spd prende il ministero delle Finanze – dove andrà probabilmente Lars Klingbeil, segretario della Spd – ma conserva anche la Difesa, rafforzata dai 500 miliardi di fondo speciale.
Di nomi non si è ancora parlato, «arriveranno dopo la votazione, in modo che gli iscritti possano occuparsi dei contenuti», hanno detto i segretari in conferenza, ma il superfavorito resta l’uscente Boris Pistorius. Sul resto c’è ancora da definire i dettagli, ma con la Cdu all’Interno è verosimile che la Spd possa prendere la Giustizia.
Come fermare l’AfD?
Se sul metodo i partner di coalizione giurano di non voler proporre un’altra maggioranza litigiosa come quella del “semaforo”, sul metodo il testo presentato alla stampa resta soggetto a una serie di condizioni: prima fra tutte, la finanziabilità, sottolineata soprattutto da Klingbeil.
Nonostante i fondi speciali, è il ragionamento, non per tutto ci saranno soldi. Ma l’ambizione della nuova coalizione è di condividere anche una serie di «valori». A leggere tra le righe del contratto, sembrerebbero però più quelli di Merz: il futuro cancelliere deve riprendere le redini del suo partito, indispettito dall’inversione a U sull’austerità e dalla decisione del finanziamento a debito. Ma nel testo ci sono sufficienti concessioni nella direzione dei falchi.
Merz stesso ammette che avrebbe voluto prima fare le riforme e poi cambiare la Costituzione, ma che le circostanze non gliel’hanno permesso. Ma poi snocciola una lista di priorità che sembra presa di peso dal programma elettorale della Cdu/Csu: competitività attraverso la riduzione delle tasse sulle società di capitali e di persone, taglio dei costi energetici e ritocco del welfare, stretta sui migranti e conti solidi.
La nuova Grande coalizione è stata descritta da molti come l’ultima pallottola a disposizione per contenere la crescita di AfD, e Merz punta a dimostrare che il centro regge. Certo, è un centro molto spostato a destra: il nuovo governo vuole potenziare i respingimenti, sistematizzare i controlli alle frontiere, bloccare i ricongiungimenti familiari e tagliare il welfare di chi arriva. Anche se, giurano i segretari della Spd, il diritto d’asilo sarà tutelato: «Si torna a prima del 2015», esulta Söder, celebrando il salto a prima del Wir schaffen das di Angela Merkel.
Ma è il modo della Cdu di tornare a recuperare terreno nei confronti di AfD che, per la prima volta nella storia, ha superato la Union in un sondaggio di Ipsos.
La tempesta dazi
Se funzionerà resta da vedere. Di certo, i più cristianodemocratici più conservatori – Söder incluso – possono rallegrarsi della cancellazione di alcune leggi proposte dai Verdi, come quella sulle pompe di calore e quella sugli standard da rispettare nelle catene del valore, che avevano sollevato parecchia indignazione. «Questa non è una coalizione che dà lezioni o vuole educare», dice Söder con una frecciata ai Verdi, considerati alla fine del governo semaforo il “partito dei divieti”.
Ma, nonostante la presa d’atto che la Germania è un Autoland, un paese di automobili, e i conseguenti incentivi all’automotive e all’acquisto di macchine elettriche, la coalizione conferma di voler raggiungere la neutralità climatica nel 2045 e di conseguenza mantiene in piedi tutta una serie di misure green. Sopravvive perfino la legalizzazione della cannabis.
Ma, al di là delle ricadute sulla politica interna, urge una presa di posizione sui dazi. E Merz ha iniziato a consegnarla, chiedendo una risposta europea alle politiche di Washington e «ai dazi cinesi», che pure non riguardano Berlino al momento, ma che potrebbero rappresentare merce di scambio per ammorbidire la posizione di Donald Trump.
Nel dubbio, il futuro cancelliere lascia agli atti che «la Germania si è rimessa in carreggiata», sarà all’altezza delle aspettative sulla Difesa e punta fortissimo sull’Europa.
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