Max Hoffmann è a capo delle news di Deutsche Welle, il canale pubblico tedesco dedicato alle trasmissioni all’estero. Dal suo punto di vista, l’azione del governo tedesco nel conflitto ucraino è più comprensibile di quanto sia sembrato dall’estero nelle ultime settimane, ma vede potenziali pericoli per il futuro nel rapporto tra Parigi e Berlino. 

Qual è la differenza tra questo e altri conflitti di cui vi siete occupati in passato? 

È la crisi più vicina alla Germania dalla Seconda guerra mondiale. Si potrebbe argomentare che anche le guerre nei Balcani erano vicine, ma non hanno colpito la popolazione allo stesso modo e non portavano con sé lo stesso potenziale disastro che adesso rischiamo accada in Ucraina. Ci sono tanti profughi ucraini che vengono in Germania, è tutto molto più «reale» e sembra più pericolosa e di ampia portata rispetto alle crisi precedenti. 

Gli uffici di Dw a Mosca sono stati chiusi dal governo russo, molto attivo nella propaganda in questa guerra. Che ruolo hanno le fake news nel racconto del conflitto?

Non credo ci siano più fake news di quante siano circolate per esempio durante le elezioni americane. Abbiamo avuto a che fare con il fenomeno delle fake news per un paio d’anni ormai e chiaramente la situazione non è comparabile a quella che vivevamo 10-15 anni fa. Tutto è più frammentato di quanto lo fosse in passato, anche nei media, ed è calata la fiducia nei mezzi d’informazione.

Quali sono le conseguenze pratiche?

I media tradizionali stanno perdendo il loro pubblico a favore di influencer o persone che non sono giornalisti. In più ci sono le fake news, quindi sempre meno persone ricevono notizie verificate e bilanciate. È un problema per la democrazia, visto che senza una stampa libera le democrazie non funzionano, dato che le persone non ricevono le informazioni necessarie per prendere una decisione ragionata. 

Dw ha uffici in tutto il mondo: vede realtà in cui le tesi alternative sulla guerra sono prese sul serio, come accade in alcune trasmissioni italiane?

Non ci esistono fatti alternativi, esistono i fatti. Chiaramente i fatti possono essere contestualizzati o evidenziati in maniera diversa. In passato l’assunto era che i giornalisti detenessero la verità assoluta e quello che producevano fosse oggettivo, oggi sappiamo che non esiste l’oggettività. Si può essere però bilanciati e cercare di mostrare tutte le sfaccettature della storia, che è quel che cerchiamo di fare noi. Quel che cercano di fare altri è vendere “fatti alternativi” che non sono fatti, ma bugie. 

Quindi in Germania c’è meno tolleranza per chi sostiene le tesi del Cremlino?

Le voci di chi chiamava in causa una “provocazione” da parte della Nato e giustificava le azioni dei russi si sono fatte molto silenziose. Le azioni di Putin sono indifendibili. In passato in Germania molti, addirittura partiti interi che hanno provato a comprendere il regime russo, ma nulla giustifica questo attacco e sono molto molto poche le persone che cercano ancora di difenderlo. 

È stato difficile raccontare la posizione del governo tedesco nell’ambito della guerra ucraina all’estero? 

Non siamo un organo di stampa governativo, spiegare quel che stava succedendo non è stato così difficile. Capire quale sia la motivazione da cui nasce questa posizione è un’altra storia. Penso che la Germania sia in una posizione più complicata di altri paesi a causa dei legami energetici ed economici che la collegano con la Russia che sono stati ampliati nei decenni. 

Quali sono le ragioni?

Penso che politicamente dentro e fuori dalla Germania le ragioni che guidavano il governo spesso non siano state capite: molti hanno reputato la velocità con cui Berlino ha reagito non sufficiente. Noi cerchiamo di dare le informazioni necessarie per capire il contesto. I tedeschi avevano una posizione particolare rispetto al resto dell’occidente, ci hanno messo più tempo a raggiungere la posizione condivisa perché il loro punto di partenza era diverso. 

Una parte della stampa tedesca critica la comunicazione del cancelliere tedesco Olaf Scholz, considerata carente nelle ultime settimane. Condivide questa tesi?

Secondo me non è stato un grande comunicatore finora e a volte è stato complicato capire perché stesse prendendo certe decisioni, ma è una sua caratteristica da sempre. Mi sento però di chiudere un occhio. La guerra è scoppiata quando il governo era in carica da neanche tre mesi, ministri e cancelliere hanno dovuto trovare il modo di gestire la situazione molto in fretta. Mi sembra che adesso Scholz faccia una sforzo maggiore per spiegare le sue decisioni e sembrare più emozionale, un altro aspetto per cui la stampa tedesca l’aveva criticato.

La sua freddezza non è però necessariamente un male: in Germania gli elettori si aspettano soprattutto che i politici prendano decisioni razionali, ed è questo il modo in cui Scholz ha giustificato la sua azione. Il cancelliere ha detto che doveva valutare tutte le possibili conseguenze per non superare la linea rossa che porterebbe a una catastrofe irrimediabile: il problema è che la linea rossa è definita solamente da Putin. 

Dopo aver fissato obiettivi ambiziosi nella transizione ecologica, la guerra sta mettendo a rischio il successo del programma ecologista del nuovo governo. La coalizione semaforo riuscirà a portare a casa quel che si è proposto di fare?

Penso di sì. La tecnologia c’è già, il problema è che costa parecchio, una questione che crea problemi all’economia. Se la si considera in maniera ottimista, questa guerra potrebbe avere effetti positivi, per esempio una transizione energetica diretta verso l’energia verde. 

Qualche settimana fa Angela Merkel ha parlato per la prima volta pubblicamente del suo rapporto con la Russia: ha detto di non vedere errori nel suo operato. Pensa abbia gestito bene la situazione?

È molto facile dalla nostra prospettiva odierna dire che ha sbagliato tutto. All’epoca, nelle situazioni in cui si trovavano le sue coalizioni di governo, sembravano le scelte giuste da fare. Sfido chiunque che oggi dice che avrebbero dovuto prevedere tutto ad agire diversamente in quella situazione. Chiaramente dopo l’invasione della Crimea il futuro era prevedibile.

Ma prima di allora, quella era una strada percorribile. Penso che abbia chiarito bene questo punto nell’intervista. Avrebbe potuto chiedere scusa, ma non l’ha fatto e penso che sia per i motivi che ho citato prima: le circostanze sono cambiate. Certo, il cancelliere ha la responsabilità delle conseguenze delle sue azioni. 

Che effetti avranno i risultati delle elezioni legislative in Francia sul rapporto tra Parigi e Berlino? 

Sicuramente le cose per Emmanuel Macron si faranno più difficili. Potrebbe aver bisogno di una coalizione, una cosa che per i tedeschi non sarebbe la fine del mondo, ne hanno avute tante al governo. Bisogna tenere però conto del buon risultato di Marine Le Pen, che ha guadagnato 11 volte i seggi che aveva prima. Il Rassémblement National non è interessato nell’amicizia francotedesca, a differenza di tutti i presidenti francesi. Quindi al momento non ci saranno conseguenze, ma se continua il trend tra cinque anni avremo un problema. 

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