L’attacco all’uomo da battere non è andato a buon fine. Il bilancio del secondo scontro a tre tra i candidati alla cancelleria di Berlino che si sfideranno nelle urne il prossimo 26 settembre non permette di individuare nessun vincitore netto, ma sicuramente non sorride al candidato della Cdu di Angela Merkel, Armin Laschet. 

Soprattutto all’inizio della trasmissione il candidato conservatore aveva tentato di colpire l’avversario socialdemocratico Olaf Scholz su quello che credeva essere un punto debole del ministro delle Finanze uscente: la perquisizione dell’unità antiriciclaggio, che dipende dal ministero guidato da Scholz, su ordine di una procura di Osnabrück.

I casi finanziari

Il tentativo di Laschet è stato quello di combinare quest’ultimo episodio con gli altri due scandali che hanno coinvolto Scholz nell’ultima legislatura: il caso dell’azienda fintech Wirecard, in cui la sorveglianza bancaria ha fallito, e quello denominato Cum-ex, che riguarda una truffa sui dividendi. Entrambe le questioni sono state lungamente dibattute dalla stampa tedesca e commissioni d’inchiesta e indagini per il momento non sono riuscite a dimostrare un coinvolgimento diretto di Scholz.

Anche questa sera il candidato socialdemocratico si è difeso in maniera credibile, spostando intanto le accuse sulla succursale di Colonia dell’unità specializzata, lontano da Berlino, rivendicato di aver migliorato e fatto crescere la sorveglianza finanziaria negli anni in cui è stato alla guida del ministero. Laschet ha provato ad attaccare Scholz su quello che ha portato in campagna elettorale come proprio segno distintivo, la competenza, ma il candidato socialdemocratico, chiaramente istruito dal suo staff su come gestire un’offensiva prevedibile, ha elencato le iniziative che ha portato avanti come ministro delle Finanze e ha più volte accusato Laschet di dire il falso senza perdere mai la calma. 

Laschet, ansioso di accorciare la distanza di una manciata di punti che separa nei sondaggi la Cdu dalla Spd, è andato più volte all’attacco di Scholz con la speranza di accentuare il carattere della sfida di duello tra i due partiti che ormai emerge nelle tendenze di voto a scapito dei Verdi. Nei sondaggi immediatamente successivi alla trasmissione, tuttavia, Laschet è quello che porta a casa il risultato più misero: solo il 24 per cento degli intervistati lo hanno trovato convincente, contro il 39 per cento di Olaf Scholz. Peggio ancora, persino la candidata verde, Annalena Baerbock, che Laschet vedeva già fuori dai giochi, ha totalizzato un punto percentuale di gradimento in più di lui. 

Opposti estremismi

La prima parte della trasmissione era dedicata ai temi strettamente di cronaca più spinosi per i tre candidati: oltre alla questione della perquisizione, Scholz ha dovuto affrontare la domanda sulla possibile apertura a una coalizione con la Linke, evocata da Laschet come minaccia del ritorno del comunismo, un tema ricorrente della campagna elettorale della Cdu che i conservatori stanno agitando già da qualche settimana. Scholz non è sceso nel dettaglio di membri del suo eventuale governo che potrebbero creare problemi, limitandosi a un secco «chi mi vota sa quel che avrà».

Certo, anche Laschet ha saputo ben gestire la domanda più complicata per lui, la candidatura dell’ex capo dei servizi segreti allontanato dal suo impiego per i sospetti sulle sue simpatie di estrema destra. Hans-Georg Maassen corre in Turingia per il partito di Angela Merkel: messo di fronte al dubbio se una figura con opinioni così estreme possa rappresentare il suo partito, Laschet ha spiegato che saprà gestire Maassen, che non supererà a destra il suo partito con le proprie dichiarazioni e che di fronte a formazioni come Afd rimane ancora più determinato che nel contrasto con la Linke: «Con loro mi limito a non parlare, mentre continuerò a combattere con tutte le mie forze la destra estrema». 

Baerbock ha ribadito da parte sua che in un caso di “impresentabilità” nei Verdi, quello del sindaco Boris Palmer, criticato per dichiarazioni considerate razziste, di fronte al rifiuto di Palmer di chiedere scusa e rettificare, è intervenuta personalmente per risolvere il caso, salvo lasciare alla dirigenza regionale l’onere di decidere su un’eventuale espulsione. Tradotto: «A differenza vostra, io i problemi di casa mia li risolvo».

La stessa linea che la candidata dei Verdi ha tenuto per tutta la sera, modulando i suoi interventi sul potenziale rivoluzionario che potrebbe portare l’interruzione del governo di due partiti che hanno guidato il paese per dodici dei sedici ultimi anni. L’accusa di Baerbock è quella di aver herumgeiert, di aver girato intorno ai problemi con incertezza per le ultime legislature: soprattutto rispondendo alle questioni tematiche si è posta come la più capace a intervenire in maniera pragmatica. Ha cercato di modificare l’immagine che aveva dato finora: proprio la mancanza di concretezza nelle ultime settimane era saltata all’occhio di molti commentatori. 

Peccato che su molti argomenti le soluzioni proposte da lei e da Scholz praticamente coincidono, il che rende molto difficile soprattutto per Baerbock differenziarsi dai socialdemocratici. Nel suo discorso di chiusura, ha puntato ancora una volta sulla capacità di rottura che potrebbe avere la Germania a guida vere, aggiungendo un «Wir können das», «sappiamo farlo», che ricorda non poco il «Wir schaffen das» di Merkel nel 2015, quando di fronte all’arrivo dei profughi siriani annunciava «Ce la possiamo fare».

Mentre Laschet seguendo la più classica delle tradizioni conservatrici nell’appello al voto ha puntato sulla sburocratizzazione, fiducia e sicurezza, Scholz ha riproposto i suoi due progetti più apprezzati: il salario minimo e il mantenimento di età minima per il pensionamento e valore della pensione. Quasi come per ribadire che, al di là dell’abbigliamento praticamente identico – vestito blu e cravatta bordeaux, Laschet con i gemelli – non li accomuna praticamente niente. 

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