I Verdi sono di nuovo in difficoltà. E di nuovo capita per quelle che in proporzione sono inezie e che, se fossero state gestite in maniera adatta dalla comunicazione di partito, sarebbero già acqua passata. 

Nel caso specifico, l’inezia è un bonus Covid-19 che i sei dirigenti di partito si sono autoassegnati nel 2020: secondo il partito, i 1.500 euro assegnati sarebbero pure già stati restituiti. Ma l’indagine della procura di Berlino per appropriazione indebita a danni del partito anticipata mercoledì sera dal settimanale Spiegel tocca i segretari uscenti e ministri Annalena Baerbock e Robert Habeck oltre ai loro vice Ricarda Lang e Jamila Schaefer, il neosottosegretario Michael Kellner e il tesoriere Marc Urbatsch. Tutti a parte Urbatsch sono stati eletti alle ultime elezioni e per proseguire il lavoro è stata chiesta la sospensione dell’immunità parlamentare, prontamente concessa come è prassi dalla presidente del Bundestag Bärbel Bas.

I lavori della procura prendono spunto da denunce private, che a loro volta si basano sulle notizie di stampa uscite a proposito del bonus. Il pagamento non è cosa nuova, anzi: l’organo di controllo finanziario del partito aveva criticato la decisione del direttivo, supremo organo esecutivo, di autoassegnarsi i soldi. 

Ora, le indagini dimostreranno se c’è davvero qualcosa di illegale, ma lo scandalo si aggiunge agli altri che hanno colpito i Verdi dalla campagna elettorale ad oggi. Tutte le vicende hanno un tratto comune: se il partito avesse affrontato il problema a volto aperto, si sarebbe sgonfiato relativamente in fretta. La decisione di lasciarsi scoprire con le mani nella marmellata ha peggiorato le cose, facendo apparire i Verdi come desiderosi di nascondere le loro malefatte. 

I precedenti

Era accaduta la stessa cosa per il bonus Covid e quello di Natale del 2019: l’allora candidata cancelliera Annalena Baerbock aveva denunciato i versamenti con un certo ritardo al Bundestag e invece di comunicare la dimenticanza aveva fatto finta di niente. La cosa era stata ripresa dalla stampa e aveva fatto scalpore.

Esattamente come nel caso del suo instant book uscito in campagna elettorale: i cacciatori di plagi si erano messi subito all’opera e avevano individuato passaggi copiati. Se Baerbock avesse ammesso l’errore denunciandolo prima dei commentatori, stampa ed elettorato avrebbero avuto un’immagine diversa da quella di una candidata beccata a copiare, uno sbaglio che probabilmente le è costato la possibilità di concorrere seriamente per la cancelleria.

Anche oggi, quello che poteva essere finora considerato un errore tattico o una mossa inelegante potrebbe arrivare a pesare parecchio sulla reputazione del partito. L’immagine dei Verdi sta già soffrendo i primi mesi di governo, in cui il partito non riesce a imporsi sui partner di governo: mentre Habeck sta cercando di recuperare terreno imponendo il suo piano per la transizione ecologica, Baerbock continua a mediare tra Russia e Ucraina senza successi tangibili per il momento. Le parole del cancelliere Olaf Scholz, che non ha escluso ripercussioni sull’inaugurazione gasdotto Nord Stream 2 se Mosca non dovesse fare un passo indietro, spalleggiano la linea dura di Baerbock ma potrebbero mettere in crisi la pianificazione della transizione energetica prevista da Habeck.

Le conseguenze

L’indagine avrà effetti anche sul congresso di fine mese. In origine doveva esserci soltanto un semplice passaggio di consegne tra i segretari uscenti Baerbock e Habeck e i due candidati alla successione, Omid Nouripour e Lang, ma il coinvolgimento della stessa Lang nell’indagine potrebbe diventare un problema.

La vicesegretaria è uno dei volti nuovi più lanciati del partito e da quando ha annunciato la sua candidatura è oggetto di un importante interesse mediatico. Se la vicenda giudiziaria sui bonus dovesse azzopparla, la deputata classe ‘94 potrebbe veder tramontare i suoi sogni prima di quanto non creda. Per restare in pista, deve dimostrare di saper tutelare l’integrità del partito. 

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