I disertori che sognano l’Ue: ma ai russi il visto è negato

È notte fonda quando Daniil si getta nel vuoto. Lo sferragliare del treno sui binari copre il silenzio della campagna. L’aria è fresca nelle notti di giugno in Lituania. E in quelle zone non si incrociano che campi. Quando il controllore si accorge che le porte del vagone sono aperte è troppo tardi. Daniil si è dileguato. Parte una caccia all’uomo con elicotteri, cani e droni. E la polizia lituana lancia l’appello: «Chiediamo l'aiuto della popolazione. Quest’uomo è ricercato». Daniil Mukhametov, un ragazzo russo di 21 anni, la fronte quadrata e il naso all’insù, è un disertore. È partito in treno dalla Russia. Ha attraversato il territorio della Bielorussia e della Lituania sui binari che conducono a Kaliningrad, l’exclave russa in territorio europeo. E una volta arrivato vicino alla città lituana di Kybartai si è buttato giù, rischiando la vita per non andare a combattere. Era il 17 giugno. Ora Daniil si trova in Finlandia e teme di essere rispedito in patria. Dove ad attenderlo ci sarebbero il carcere e probabilmente il fronte. Truppe inritirataescandali Il gesto estremo La storia di Daniil Mukhametov è stata sollevata dalla stampa russa indipendente a inizio novembre, proprio nei giorni in cui la Commissione europea annunciava l’inasprimento della normativa sul rilascio dei visti multi-ingresso per i cittadini russi nell’area Schengen, lo spazio europeo di libera circolazione. Una scelta che Bruxelles ha motivato in risposta alle incursioni dei droni russi nei cieli europei e ai sabotaggi imputati all’opera di Mosca. «Iniziare una guerra e aspettarsi di muoversi liberamente in Europa è difficile da giustificare», ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Kaja Kallas. Il giro di vite prevede delle eccezioni per coloro che hanno dei parenti stretti in esilio, per gli attivisti, i giornalisti indipendenti e i disertori. Ma la storia di Daniil suggerisce che le cose, nella pratica, possono essere più complicate di così. «Buttarsi dal treno è stata la mia unica possibilità per scappare dalla Russia ed evitare di andare in guerra», ha dichiarato Mukhametov. Nel marzo scorso aveva ricevuto la convocazione dall’ufficio di arruolamento militare di Domodedovo, nell’oblast di Mosca. «Uscire dalla Russia legalmente mi faceva ancora più paura. Per questo ho deciso di rischiare. Avevo lavorato nel settore ferroviario e conoscevo quella tratta». E così in una notte di giugno Daniil è salito a bordo di quel treno che collega la città russa di Adler a Kaliningrad, attraversando un tratto di territorio europeo. E in Lituania, mentre il treno viaggiava a una velocità di 45 chilometri all’ora, si è lanciato giù. «Le autorità lituane hanno lanciato una caccia all’uomo. Mi hanno chiamato sabotatore, spia russa. Mi sono spaventato e sono scappato in Finlandia, dove mi sono consegnato alla polizia e ho chiesto protezione internazionale». Helsinki però ha respinto la sua richiesta d’asilo. In base al Regolamento di Dublino, infatti, la competenza di valutare le richieste di asilo spetta al primo paese d’ingresso nell’Ue: in questo caso la Lituania, che per altro è stata criticata da Amnesty International e dalla Corte di giustizia dell’Unione europea perché «nega l’accesso a procedure di asilo eque». Daniil è quindi finito nella spirale delle richieste d’asilo che nella maggior parte dei casi Helsinki respinge: secondo le statistiche in Finlandia, tra gennaio e settembre 2025, il 90 per cento dei russi si è visto negare la domanda. «In generale alcuni paesi dell’ex Urss come Lettonia, Lituania ed Estonia non sono disposti ad accogliere cittadini russi di alcun tipo, neanche se si oppongono alla guerra – ha spiegato a Domani Ivan Chuvilyaev di Idite Lesom, un’organizzazione che offre aiuto ai disertori. Questo per ragioni storiche e per sensibilità politica. In Lituania ad esempio non c’è stata alcuna pratica di accoglienza dei disertori russi». Mentre le truppe di Mosca avanzano su Pokrovsk e l’Ucraina cerca di risollevarsi dallo scandalo corruzione rilanciando la carta delle trattative, su entrambi i lati del fronte quindi i civili patiscono le conseguenze dirette e indirette del conflitto. Per gli ucraini hanno la forma delle bombe e della devastazione. Per molti russi che sono rimasti in patria hanno il sapore della repressione e della paura di finire al fronte. Concessioni Le restrizioni sui visti Già alla fine del 2022 Bruxelles aveva reso più difficile e costoso l’ottenimento dei visti per i russi. Alcuni paesi come gli Stati baltici poi si sono spinti oltre, vietando o limitando fortemente l’ingresso dei russi sul loro territorio nel tentativo di fermare un esodo che con la guerra ha raggiunto livelli senza precedenti. Secondo i dati della Commissione europea, nel 2024 sono stati concessi ai cittadini russi quasi 550.000 visti Schengen, il 40 per cento dei quali a ingresso multiplo. Seppur nettamente inferiore ai livelli prebellici (oltre 4 milioni nel 2019), la cifra è comunque in aumento rispetto al 2023. Questa tendenza è stata trainata soprattutto da quei paesi la cui economia è fortemente legata al turismo, come l’Italia, al primo posto per numero di visti concessi nel 2024 ai cittadini della Federazione Russa (152.000, di cui 108.000 a ingressi multipli). Seguono Francia (124.000 visti), Spagna (111.000) e Grecia (60.000). Ora, però, con le nuove restrizioni volute da Bruxelles, il rilascio dei visti a ingressi multipli sarà di fatto sospeso, tranne in alcuni casi. Ciò significa che i titolari di passaporto russo potranno richiedere visti Schengen solo a ingresso singolo, sottoponendosi ogni volta a nuovi controlli e possibili respingimenti. Una scelta che si somma ad altre misure, come la recente chiusura di alcuni conti correnti europei in mano ai russi, e che è stata fortemente criticata dall’opposizione russa. «Non si può incolpare un intero paese per le azioni del suo governo», ha dichiarato il politico in esilio Ilya Yashin. «Ci sono molti russi contrari alla guerra: sarebbe più sensato allearsi con loro per formare un fronte comune contro Putin». Molti ucraini e alcuni politici europei sostengono invece che i russi dovrebbero assumersi una certa responsabilità collettiva. «Viaggiare nell’Ue è un privilegio, non una cosa scontata», ha affermato Kaja Kallas. Mentre la pluripremiata giornalista russa Elena Kostyuchenko dice che la restrizione sui visti complicherebbe la vita proprio alla stampa d’opposizione, che si affida ai colleghi che lavorano in Russia in forma anonima. «Un visto multi-ingresso consente di incontrarsi di persona e coordinarsi con le redazioni in paesi sicuri», dice Kostyuchenko. Secondo il politico Dmitrij Gudkov, considerato agente straniero in Russia e inserito nella lista dei terroristi, «ci sono alcuni miti da sfatare: molti russi continueranno ad entrare in Europa usando un secondo passaporto. E a rimetterci saranno proprio coloro che si oppongono alla guerra, che hanno già lasciato la Russia o che vorrebbero lasciarla, e che si trovano ora ad affrontare queste nuove restrizioni».