Con una frase secca, «l’euro è irreversibile», il premier sgombra il campo da ogni dubbio: non importa che Matteo Salvini e la Lega, componente di governo, siano sinceramente europeiste o meno. Questo governo lo sarà, dichiaratamente, ed è determinato a esserlo: Mario Draghi intesse continui riferimenti all’Europa, citata sette volte, e all’Unione europea, nominata altrettanto spesso. Con poche scudisciate chiarisce pure le regole del gioco: quando lui non si esprime ma lo fanno i leader di partito - Salvini proprio martedì ha detto: «L’euro irreversibile? Solo la morte lo è» - il suo silenzio non acconsente. 

Le prese di posizione

Questo governo «nasce nel solco dell’appartenenza dell’Italia, come socio fondatore, all’Ue, e come protagonista dell’alleanza atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali». Il perno è l’Europa, e l’orientamento è verso gli Stati Uniti: in questo Draghi delimita anche il campo rispetto a un recente passato di ondeggiamenti a Est dei cinque stelle. «Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro», e non solo: lo scenario tratteggiato dal premier è quello di un’Europa sempre più integrata, con un bilancio comune che sostenga i paesi nei periodi di recessione. Attenzione a quel plurale: una delle fratture in Europa è tra chi vorrebbe replicare l’esperienza del recovery - è la linea del commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, «se funziona può essere ripetuto» -  e chi, come i frugali, la relega a eccezione. Draghi prende posizione, come già fece sul Financial Times quando la Germania titubava sul futuro Recovery. Il sostegno fermo di Draghi all’Ue non è un assegno in bianco.

Al tavolo di chi decide

Il premier disinnesca la retorica sovranista, per traslitterarla su una dimensione europea. Sottolinea tutto l’«orgoglio» di essere italiani: «Senza l’Italia non c’è l’Europa». Ma chiarisce pure che «fuori dall’Europa c’è meno Italia». È dove si è più deboli, che si cede sovranità nazionale per acquisirne una condivisa. La recessione rappresenta un punto di debolezza. L’insistenza di Draghi sulla dimensione ideale dell’Unione si accompagna al suo pragmatismo: l’ex presidente della Bce sa bene che questa Ue odierna non è un’Europa federale ma intergovernativa, che si muove al traino dei governi, e di alcuni in particolare, Francia e Germania. Lo scatto che Draghi propone è quello di partecipare al tavolo di chi decide, e con la forza di una collaborazione fra i paesi mediterranei.

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