È una ammissione di responsabilità sfuggente, quella che Ursula von der Leyen concede sui vaccini. Le sue parole più forti, snocciolate nel dibattito di questo mercoledì all’Europarlamento, sono: «Siamo arrivati in ritardo con le autorizzazioni. Siamo stati troppo ottimisti sulla produzione di massa delle dosi, e troppo fiduciosi che le consegne avvenissero in tempi utili». Ma la presa d’atto degli errori è sfuggente nei modi e nei contenuti. È servita tutta l’insistenza degli eurodeputati per trascinare la presidente in aula: a gennaio inviò al suo posto la commissaria alla Salute, ora ha preparato il confronto in incontri a porte chiuse con i gruppi. Poi è arrivata finalmente nell’emiciclo, ma a singhiozzo. «Vorrei dire alla presidente, quali sanzioni applichiamo se le aziende non rispettano i contratti? Presidente… Non vedo la presidente» dice l’eurodeputata Katerina Konecna mentre ne realizza l’assenza. Poi von der Leyen torna, ma affida la replica conclusiva alla commissaria alla Salute.

Poche dosi, nuove varianti

Nella sua analisi, la presidente parte dai successi, e cita l’Italia: «Il 4 per cento è già vaccinato». L’Europa sta «prendendo velocità», dice lei, che ribadisce l’obiettivo di sempre: «Entro l’estate, il 70 per cento sarà vaccinato, ne sono certa». Sulla base di cosa? Il commissario Thierry Breton lavora per aumentare la produzione in stabilimenti europei. La commissaria Stella Kyriakides prepara un nuovo set di regole per accelerare l’iter di autorizzazione dei vaccini da parte dell’Ema. C’è il tema dell’adeguamento dei vaccini a varianti attuali e future. Bruxelles presenterà una “agenda per le varianti”. L’ambizione di una autonomia strategica sul fronte produttivo rivela che la strategia, nata in fase emergenziale, è destinata a restare. Con le varianti, l’Ue potrà ripetere o meno gli errori. Sulla mancata trasparenza, Bruxelles ovvia solo in parte: avvierà un “gruppo di contatto” con l’Europarlamento, al quale farà visionare (parzialmente) il contratto Johnson & Johnson. Molti europarlamentari chiedono una posizione più pugnace verso Big Pharma; la sinistra invoca una commissione di inchiesta. La maggior parte dei gruppi rimane convinta che muoversi come Europa e non in ordine sparso sia tuttora la mossa giusta.

(Marco Zanni. Foto LaPresse)

La Lega e Ursula

Ma il ritardo nelle vaccinazioni rinfocola le pulsioni sovraniste. I sovranisti di Identità e democrazia attaccano duramente la presidente: Jörg Meuthen dell’estrema destra tedesca (Afd) ne chiede le dimissioni. Il gruppo si è già spaccato sul Recovery: a innescare la frattura ha contribuito la Lega, che ha votato a favore, bisognosa di esibire un cambio di pelle europeista in funzione dell’ingresso nel governo Draghi e della cogestione di quegli stessi fondi europei. Una fetta del gruppo Id ha invece votato contro, mentre i Lepenisti si sono astenuti. Il dibattito sui vaccini di questo mercoledì mostra ora la reale tenuta del nuovo volto leghista: Marco Zanni, leghista e presidente del gruppo Id, ha pronunciato un discorso duro nei confronti di von der Leyen, seppur confezionato con toni istituzionali. «Von der Leyen cita i successi della vaccinazione in Italia: li percepisce solo lei. Non riconosce i suoi errori. Da quando siedo nelle istituzioni Ue, assisto alla stessa incapacità di ammettere gli errori e correggere la rotta, come con la crisi del debito». Alla prova dei fatti, già ora, quello della Lega con l’Europa è un matrimonio d’interesse di corta durata.

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