Secondo Lars Castellucci, presidente de facto della commissione Interno del Bundestag (toccherebbe ad AfD, ma il candidato del partito di estrema destra non viene eletto), è ottimista nei confronti di una soluzione condivisa per la ripartizione dei migranti in Europa. Un accordo, dice, serve anche alla Germania, che quest’anno ha accolto 1,3 milioni di persone. 

Cominciamo dal golpe sventato settimana scorsa in Germania. Era davvero un rischio da prendere sul serio?
Parliamo di Reichsbürger, quindi persone che non riconoscono il paese in cui vivono e neanche la forma di stato, quindi la democrazia e lo stato di diritto, non pagano le tasse e così via. Finché parliamo di queste situazioni, sono innocui, anche se pazzi. 

Questa volta hanno fatto anche un passo in più.
Se si mettono in rete e iniziano a procurarsi armi o pianificano un nuovo governo, se cercano attivamente sostegno nella polizia e nell’esercito e addirittura prendono contatti con la Russia, dobbiamo stare attenti e minimizzare sarebbe sicuramente sbagliato. Non capita tutti i giorni che il procuratore federale invii 3.000 agenti, mostrando che le autorità tengono sotto controllo anche la destra (a lungo i servizi segreti sono stati accusati di essere “ciechi dall’occhio destro”, ossia di guardare con molta più attenzione alle attività della sinistra estrema, ndr). È dalla destra che viene la minaccia più grande per la democrazia. 

Cosa pensa delle prime settimane di Giorgia Meloni in termini di politica migratoria?
Dobbiamo considerare che la politica migratoria è un tema che dovremmo plasmare insieme, perché le persone continuano ad arrivare in Europa e i paesi hanno bisogno loro. Nessun paese europeo ha un tasso di natalità positivo, il che significa che abbiamo tutti bisogno dell’immigrazione. Anche la Germania non riesce a soddisfare il suo bisogno di forza lavoro solo in Europa. Per questo dobbiamo sviluppare una soluzione comune e sostenere le persone che ne hanno bisogno fin quando possiamo. Dobbiamo scrivere le regole per i migranti economici, possibilmente valide in tutta Europa, ma adattate alla realtà di ciascun paese. 

C’è stato già un ammorbidimento della linea di Meloni dopo il primo scontro con Emmanuel Macron?
Sappiamo che alcuni governi di destra a volte non cercano neanche una soluzione perché possono vincere elezioni su quell’argomento, se le cose vanno male e riescono a conquistare voti. Ma chiaramente essere eletti e avere la responsabilità di governo è un’altra cosa e spero che in questa situazione i grandi paesi europei si possano sforzare per trovare un accordo. 

Ci saranno più episodi come quello della Ocean Viking, che è stata dirottata a Tolone carica di migranti?
In un mondo ideale il problema andrebbe affrontato prima che le persone salgano sulle navi. Sarebbe meglio lavorare sui paesi da cui provengono queste persone o quelli in cui sono transitate nel loro viaggio e fare in modo che anche lì ci siano condizioni e prospettive. Dobbiamo però anche concludere accordi per offrire strade che conducano in Europa legalmente, considerato anche il nostro fabbisogno di forza lavoro. Potremmo immaginare un sistema circolare, nel senso che i migranti possano iniziare un percorso di formazione o di studio universitario per poi tornare a casa. Più possibilità offriamo, più riusciamo a creare una politica migratoria che possa soddisfare tutti: i paesi d’origine, i migranti stessi e i paesi che hanno bisogno di forza lavoro. 

All’ultima interministeriale europea sul tema si è discusso anche di un possibile codice di condotta per le ong. È cambiato qualcosa nell’atteggiamento di Bruxelles verso l’Italia?
Non ha senso restare fermi ciascuno sulla propria posizione. In un mondo ideale non dovrebbe esserci bisogno del salvataggio privato, ma non si possono lasciar morire le persone in mare. Per questo la nostra proposta è una missione di salvataggio organizzata dagli stati. L’esempio principe è l’Italia con Mare Nostrum e Mare sicuro. Queste missioni hanno dimostrato che si possono salvare vite umane e contemporaneamente combattere gli scafisti. 

E il tema della ridistribuzione dei migranti?
Possiamo trovare un accordo se siamo solidali in Europa. Chiaramente i paesi sul confine esterno dell’Unione europea sono sotto grande pressione perché devono organizzare l’accoglienza, ma anche in Germania quest’anno sono arrivati 1,3 milioni di rifugiati e non possiamo semplicemente essere solidali con i paesi intorno a noi, anzi al contrario stiamo lavorando per ottenere una ripartizione migliore. 

Si può immaginare un accordo europeo nel futuro prossimo su questo punto?
Abbiamo trovato il modo di organizzare la protezione umanitaria temporanea per i rifugiati ucraini, ma è stato anche creato per la prima volta un meccanismo di solidarietà che ha portato tanti paesi europei a collaborare con noi. Credo quindi che sia possibile trovare una soluzione se mettiamo da parte le nostre posizioni su questo tema e ci concentriamo su cosa possiamo fare insieme per migliorare le cose per noi e per le persone che hanno bisogno di protezione.

Parlando più strettamente dei rapporti tra Italia e Germania, ultimamente a Roma si è tornato a parlare della possibilità di riprendere le trattative sul Piano d’azione, il trattato con Berlino su cui aveva iniziato a lavorare il governo Draghi. Anche in Germania c’è interesse a riprendere il dossier?
Assolutamente. Germania e Italia sono due grandi potenze industriali amiche da tanto tempo, il piano è molto importante. Se Germania, Italia e Francia si avvicinano e trovano un approccio comune in Europa, possiamo fare in modo che l’Europa faccia passi avanti. Siamo in concorrenza con la Cina e con la Russia e dobbiamo prendere confidenza con la nostra forza. 

Di recente Meloni e Scholz hanno avuto il loro primo bilaterale a Tirana, ma in passato Meloni è stata molto aggressiva nei confronti di Berlino. È un precedente che getta ombre sul loro rapporto?
Siamo tutti professionisti e sappiamo che non sempre in campagna elettorale le parole vengono soppesate. Olaf Scholz è una persona molto razionale e un pragmatico: guarda al quadro generale e valuta cosa si può migliorare sfruttando al meglio la cooperazione internazionale. Poi siamo tutti democratici e rispettiamo il risultato delle elezioni. Quindi credo che il rapporto non sarà totalmente sereno perché emergeranno differenze politiche, ma dobbiamo collaborare per spingere l’Europa verso uno sviluppo positivo. L’Europa deve diventare più indipendente e fare più gruppo: in passato spesso un maggiore affiatamento è stato il risultato di una crisi. Forse anche in questo momento stiamo vivendo un periodo molto sfidante ma che può anche darci l’occasione per fare dei passi avanti. 

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