La battaglia tra i giganti del tabacco per la conquista degli amanti dello svapo e delle sigarette senza combustione, esplosa in Italia all’ombra della pandemia e giunta addirittura in tribunale, diventa guerra su scala europea.

Philip Morris International (Pmi, proprietario dell'iconico marchio Marlboro) e British American Tobacco (Bat, Lucky Strike) avevano frenato fino all’anno scorso,  con intense attività di lobby, la regolamentazione fiscale Ue delle sigarette elettroniche (e-cigs) e del tabacco riscaldato (Htp, dall’inglese Heated Tobacco Products). Il mercato europeo dei cosiddetti prodotti di nuova generazione rappresenta un terzo di quello planetario.

Ora, a Bruxelles, si arriva alla resa dei conti con l’annunciata uniformazione transfrontaliera delle accise. Un rialzo o ribasso delle tasse al consumo peserà diversamente sulle tasche dei fumatori del Vecchio Continente. Quanto basterà a far preferire loro più le e-cigs o gli Htp, in sostituzione delle classiche bionde. L’Italia, dove Bat spinge maggiormente sullo svapo rispetto a Pmi che nello stivale ha sfondato nel segmento Htp col suo marchio Iqos (numero uno mondiale), potrebbe svolgere un ruolo chiave nei negoziati tra i 27 Stati membri. L’accordo finale avvantaggerà un colosso a discapito dell’altro? 

La pubblicità

L’industria pubblicizza i dispositivi senza combustione (che riscaldano anziché bruciare il principio attivo, tabacco negli Htp e liquido nelle e-cigs ) come sostituti meno dannosi (vedasi (bat-science.com e pmiscience.com), al fine di strappare sconti fiscali ai governi e mantenere i prezzi bassi. Obiettivo: compensare il declino delle bionde, le cui vendite (anche per via della crescente tassazione) hanno subito In Europa occidentale un ulteriore calo dello  0,2 per cento tra il 2019 e il 2020.

Nello stesso periodo i prodotti di nuova generazione hanno guadagnato oltre l'11 per cento. Rappresentino pero’ solo l'8 per cento del valore di tutti i prodotti per fumatori nell'Ue, quasi 100 miliardi di euro, ancora dominato dalle bionde. 

Il sondaggio Eurobarometro, pubblicato a febbraio della Commissione europea, rivela che il 57 e il 28 per cento degli utilizzatori rispettivamente di e-cigs e Htp si serve dei due prodotti per abbandonare o attenuare il consumo di tabacco. Il 37 per cento (e-cigs) e il 39 per cento (Htp) ritiene che le le une e gli altri siano meno nocivi, mentre il 23 e il 14 per cento li considera più economici. Solo un terzo dei consumatori di prodotti senza fumo ha abbandonato definitivamente le bionde che restano invece in voga tra gli altri.

Per evitare che e-cigs e Htp creino nuove forme di dipendenza tra coloro che non hanno mai fumato, o addirittura li conducano a consumare tabacco tradizionale (soprattutto tra i giovani), la Commissione intende controllarne la circolazione attraverso regole fiscali armonizzate.

L’idea è inserire i dispositivi senza fumo (insieme al tabacco sfuso) nella vigente direttiva sulla tassazione del tabacco che oggi regolamenta solo i prodotti tradizionali (sigarette, sigari ecc.). La normativa era infatti stata adottata nel 2011, quando le alternative senza fumo non erano ancora popolari. La proposta di revisione è attesa a cavallo tra quest’anno e quello prossimo, nell'ambito del più ampio Piano dell'Ue contro il Cancro volto a creare una "Generazione senza fumo" entro il 2040.

L'azione delle lobby

Per anni Pmi e Bat hanno fatto pressione per ritardare l'estensione della direttiva ai dispositivi senza combustione, convincendo la Commissione a rinviarla nel suo rapporto di valutazione del 2018. Dal 2019, altri gruppi (come le associazioni di svapo tedesche e francesi) hanno sostenuto le loro argomentazioni dei due Big. La tesi è che i prodotti di nuova generazione servono esclusivamente per aiutare i fumatori adulti ad abbandonare le bionde, e non per attirare nuovi clienti, e quindi devono rimanere economici.

L’influenza dell'industria emerge dagli archivi pubblici del Direzione generale della Salute della Commissione e da documenti confidenziali, desecretati grazie alle richieste dell’Ong Corporate Observatory Europe (Ceo), che svelano incontri e corrispondenze tra lobbisti e funzionari responsabili in materia fiscale. Tale interazione dietro le quinte costituisce una violazione della Convenzione quadro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sul Controllo del Tabacco che richiede alle istituzioni di proteggere le politiche di salute pubblica dagli interessi commerciali e di tassare tutti i prodotti da fumo.

«La revisione della Direttiva sarà la priorità dei lobbisti per quest'anno», avverte un recente rapporto della coalizione di attivisti e ricercatori Stopping Tobacco Organizations and Products (Stop).

Secondo l’analisi condivisa dalla comunità scientifica e quella dell'Oms, il fatto che gli Htp limitino l'esposizione ad alcune sostanze chimiche non abbassa necessariamente il rischio complessivo per la salute. Questi prodotti sono sul mercato da poco e non vi è stato tempo per studiarne tutti gli effetti di lungo termine. Lo stesso vale per le e-cigs, sebbene considerate meno tossiche per l'assenza di tabacco.

Nel luglio 2020, la Federal Drug Administration degli Stati Uniti ha comunque autorizzato PMI a utilizzare l'etichettatura «esposizione ridotta» per le sue Iqos (Bat non ha mai presentato una domanda per il suo prodotto Glo). Le autorità sanitarie britanniche, da parte loro, hanno assunto una posizione favorevole alle e-cigs.

L'Ue resta neutrale. L’anno scorso, un rapporto del Comitato scientifico sui rischi sanitari e ambientali (organo consultivo della Commissione) ha evidenziato che le e-cigs deteriorano il sistema cardiovascolare. Un rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità in Italia, dove Pmi mirava a etichettare le Iqos come negli USA, l’ha invece rilevato che è impossibile stabilire che gli Htp riducono il rischio rispetto ai prodotti a combustione.

I soldi prima della salute

Una recente ricerca dimostra che le e-cigs non sono ancora tassate nella metà degli Stati membri, mentre gli Htp sono tassati secondo favorevoli regimi ad hoc (come in Italia). Le aliquote medie delle accise nell'Ue sono coerenti con i presunti livelli di riduzione del rischio: così e-cigs e Htp pagano rispettivamente intorno al 95 per cento e al 72 per cento in meno rispetto alle sigarette ordinarie. Le accise variano ampiamente da paese a paese, sia per i nuovi prodotti che per quelli già regolamentati, per i quali la direttiva prevede accise minime, lasciando ciascun paese libero di aumentarle.

Una valutazione della Commissione del febbraio 2020 spiega che tale disparità incoraggia gli acquisti transfrontalieri e persino il contrabbando, vanificando la lotta al vizio e il prelievo fiscale nei paesi con una tassazione più elevata. Inoltre, le aliquote minime fissate per le bionde non sono più sufficienti a scoraggiarne il consumo, pertanto dovrebbero essere rialzate.

Seguendo le indicazioni del Consiglio dell’Ue (che riunisce i 27 governi), adottate nel giugno 2020, la Commissione ha avviato una consultazione con le parti interessate, conclusa a fine giugno. È inoltre in corso una valutazione sull'impatto delle diverse opzioni regolamentari. L’attesa proposta legislativa bilancerà i diversi interessi in gioco.

«Potremmo semplicemente creare nuove categorie fiscali per le e-cigs e gli Htp o assegnare a queste categorie un’aliquota fiscale minima», anticipa una fonte confidenziale della Commissione. La prima opzione potrebbe risultare in un facile compromesso poiché i governi dovrebbero solo inserire i prodotti nei loro sistemi fiscali sotto categorie comuni, potendo scegliere se tassarli o meno. 

Il beneficio immediato di categorie unificate a livello Ue è una riduzione dei costi amministrativi per l’autorizzazione dei prodotti, il loro tracciamento e la riscossione delle eventuali tasse, sia per gli operatori che per le autorità. La seconda opzione (imposizione di un’aliquota minima) sarà più controversa poiché, se adottata, inciderebbe sulla competitivtà dei dispositivi senza fumo nell’intero mercato Ue. L’assenza di conclusioni scientifiche consolidate sui prodotti di nuova generazione alimenta posizioni divergenti.

La posizione dell’Italia

«Possiamo prevedere una contrapposizione tra i paesi che credono e quelli che non credono che le e-cigs e (in minor misura) gli Htp siano meno dannosi», spiega Ron Branston, docente di economia aziendale all’Università inglese di Bath, specializzato nell'industria del tabacco. «I primi si aspettano che il passaggio dei fumatori a questi prodotti generi un risparmio per il sistema sanitario nazionale, mentre i secondi temono che l'assenza o la bassa tassazione riduca le entrate necessarie per coprire costi sanitari che resteranno sostanzialmente invariati».

Le trattative sul testo coinvolgeranno esclusivamente i ministri economico-finanziari dei 27 paesi, in sede di Consiglio Ue. I membri del Parlamento europeo, la maggior parte dei quali pensa che i dispositivi senza fumo siano più sicuri delle bionde, possono solo esprimere un parere non vincolante sulle questioni fiscali. «Poiché su queste materie si richiede l’unanimità, non è difficile immaginare che uno Stato membro con una fabbrica di Htp potrebbe avere validi motivi per porre il veto contro una tassazione che penalizzi i propri interessi economici», dice la nostra fonte anonima.

L’insinuazione suggerisce che l'Italia, da cui Pmi in cui produce gran parte delle Iqos distribuite nell’Ue e oltreoceano (con 2.450 dipendenti e un fatturato ed esportazioni pari rispettivamente a 750 milioni e 650 milioni di euro) potrebbe essere uno dei tre paesi che si sono già espressi contro un'accisa minima per gli Htp. Quest’opposizione è indicata in un questionario predisposto dalla Commissione nel 2019, che tuttavia non cita i nomi dei governi contrari. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano ha rifiutato di rilasciarci commenti in proposito.

Il governo italiano ha sostenuto l'investimento da 1 miliardo che Pmi ha fatto nel 2016 nel suo impianto di produzione a Bologna con un generoso sconto fiscale alla categoria degli HTP. Dall'iniziale 50 per cento nel 2019, l'accisa è scesa al 25 per cento di quella applicata alle bionde (anche se aumentata di un 5 % annuo dal 2021 al 2023, insieme alle e-cigs che prima pagavano solo il 10 o il 5 % di tasse a seconda della presenza o meno di nicotina). Lo sgravio fiscale ha rafforzato l’abbordabilità e la redditività delle Iqos in Italia che ospita una delle più cospicue popolazioni di fumatori in Europa ed è al primo posto in per consumo di Htp, mentre è al terzo per lo svapo (dopo Regno Unito e Francia). 

Allorché Pmi produce i bastoncini di tabacco per le sue IQOS anche in Germania, Grecia, Romania e Polonia, negli altri Stati membri ci sono solo stabilimenti di bionde. «Ogni paese cercherà di difendere i prodotti realizzati nel proprio paese per via dell'occupazione e dei posti di lavoro che ne derivano», sostiene Branston. «Quelli che producono sigarette tradizionali non vorranno essere svantaggiati rispetto a quelli che primeggiano negli Htp, specialmente se non credono che tra i due prodotti ci sia differenza nel rischio per la salute». Nel comparto dello svapo le aziende più rappresentative sono in Italia (Flavouart), Francia (Vdlv), Germania (Happy Liquid e Avoria), nonché nel Regno Unito (Cuts Ice).

Il duello tra i Big

Lanciato già nel 2014, il marchio Iqos ha finora conquistato il 90 per cento degli amanti degli Htp in Italia e in Europa, lasciando a Glo di Bat il 10 per cento. La concorrenza tra le due multinazionali è sfociata in scontro legale, confermando l’importanza strategica dei prodotti di nuova generazione. L'anno scorso, in Italia Bat ha sostenuto senza successo un emendamento parlamentare per sopprimere lo sgravio fiscale concesso agli Htp e ha denunciato un presunto accordo di fissazione dei prezzi a favore  di Pmi tra esponenti del colosso a stelle e strisce e i dirigenti dei Monopoli dello Stato. A inizio maggio la Procura di Roma ha rinviato a giudizio gli indagati per corruzione e turbativa del commercio (il processo inizierà a settembre).

La società britannica ha anche aperto un contenzioso all'Ufficio europeo dei brevetti e ha trascinato in tribunale la rivale statunitense in diversi paesi europei (Regno Unito, Germania, Repubblica Ceca, Bulgaria, Polonia, Romania), invocando la  violazione del suo brevetto sulla tecnologia di riscaldamento. La maggior parte delle cause (alcune pendenti) è stata archiviata.

A differenza del settore degli Htp, dominato dai grossi nomi, quello delle sigarette elettroniche è conteso da una miriade di piccoli attori (che rappresentano l'80 per cento del mercato globale). Bat (oltre il 9 per cento di quota) supera Pmi (meno dell'1 per cento), assente in diversi paesi ed entrata da poco nell'arena italiana dello svapo.

A marzo 2021, nell’Ue il valore di mercato degli Htp (venduti a prezzi più elevati) ha superato di oltre il 60 per cento quello delle e-cigs, trainato dal successo di Iqos. Bat, timorosa di farsi strappare sempre più clienti da Pmi, non potrà contare sull'appoggio del suo paese d'origine durante le procedure di approvazione al Consiglio. Come abbiamo scoperto, il Regno Unito (ufficialmente uscito dall’Unione da gennaio) ha risposto al questionario della Commissione, osteggiando un’accisa minima sulle e-cigs.

La stessa Bat aveva sponsorizzato nel 2019 uno studio dell’università Luiss Guido Carli che spingeva per un trattamento fiscale delle e-cigs privilegiato rispetto ai prodotti contenenti tabacco (compresi gli Htp). Data la lotta di potere sui dispositivi senza fumo, non sorprende che i due leader del settore abbiano posizioni contrastanti sulla revisione della direttiva, nonostante concordino in principio sulla detassazione.

Una posizione ambivalente

Durante la consultazione pubblica del 2018, la posizione di Pmig proponeva di creare un capitolo distinto nella Direttiva che comprenda tutti i dispositivi senza fumo, esentandoli da un'accisa minima. «Pmi tenta di assicurarsi una tassazione favorevole per gli Htp mettendoli sullo stesso piano delle e-cigs, attualmente percepite da molti governi come un'opzione più sicura per i fumatori», sottolinea Anca Toma, direttrice della coalizione di Ong Smoke Free Partnership. «Vogliamo solo che chi non riesce a smettere di fumare trovi negli Htp un’alternativa altrettanto soddisfacente », precisa una fonte anonima di Pmi.

La raccomandazione di Bat era invece che le e-cigs siano chiaramente separate dagli Htp e che un'accisa minima, se assolutamente necessaria, copra solo questi ultimi. Concorda l’Alleanza europea dello svapo. «I legislatori dovrebbero considerare le differenze significative nel profilo di rischio tra sigarette di tabacco e quelle elettroniche e applicare accise diverse», afferma il portavoce Philip Drögemüller.

«Finché non ci sarà una comprovata valutazione scientifica del rischio, il modello normativo da seguire è quello del Giappone, dove gli Htp hanno conosciuto una crescita record a livello internazionale e sono tassati all'80 per cento rispetto alle sigarette tradizionali», taglia corto Alessandro Bertolini, Vicepresidente di Bat Italia. Mentre Philip Morris non ha voluto commentare.

«Pmi è impegnata principalmente sul fronte Htp, mentre Bat punta su una più ampia gamma di prodotti, sia nuovi che convenzionali; pur riconoscendo che come azienda del tabacco dovrebbe fare di più nel settore degli Htp, il cui business più complesso e costoso richiede maggiori competenze e investimenti rispetto alle e-cigs», spiega Philip Gambaccini, consulente fiscale specializzato nell'industria del tabacco, «ecco perché alla fine Bat dovrebbe trovare più allettante un regime fiscale meno punitivo per gli Htp». 

La posizione ambivalente di Bat potrebbe non differire da quella di altri concorrenti come Japan Tobacco International e Imperial che hanno una piccola fetta di mercato negli Htp. «Come Bat, tali aziende non disdegnerebbero una regolamentazione dura sugli HTP per spingere le loro e-cigs», afferma Branston.

Inchiesta realizzata grazie al supporto di European Data Journalism Network (EDJNet)

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