È andata a finire che fuori dall’accordo è rimasta solo la destra estrema, e cioè il gruppo sovranista Id, dove siede la Lega, e i conservatori di Giorgia Meloni. A Bruxelles si discute il dossier dell’efficientamento energetico degli edifici: l’Ue sta per rinfrescare una vecchia direttiva perché tra crisi climatica ed energetica è sempre più urgente avere case ecologiche. Gli esponenti di Fratelli d’Italia nelle scorse settimane si sono diretti lancia in resta contro il provvedimento. «Ho visto una quantità incredibile di disinformazione, nel dibattito pubblico italiano», commenta il relatore all’Europarlamento, il verde irlandese Ciarán Cuffe. Mentre i meloniani rimbrottavano, però, intanto nell’emiciclo europeo gli altri gruppi si accordavano.

La direttiva e lo stato dei lavori

Esistono già regole europee sulla prestazione energetica degli edifici, ma Bruxelles sta mettendo mano alla vecchia direttiva. Gli argomenti sono ambientali, geopolitici, economici e sociali. Anzitutto c’è il clima: le case sono responsabili del 40 per cento del consumo energetico europeo, e del 36 per cento di emissioni di gas serra. Di questi tempi, poi, emanciparsi dai combustibili fossili significa anche rendersi indipendenti dalla Russia e da altri fornitori. I costi esorbitanti delle bollette suggeriscono inoltre l’urgenza di ridurre i consumi, anche perché non tutte le fasce sociali possono tollerare costi stratosferici.

In questo contesto si inserisce la proposta di partenza della Commissione, che punta a elevare gli edifici in classe energetica G, ovvero la peggiore. L’Europarlamento proprio in questi giorni deve esprimere una propria posizione, in vista poi del negoziato finale a tre, ovvero il trilogo tra Commissione, Consiglio e Parlamento Ue.

Al momento il dossier è nella commissione Itre, e questo 9 febbraio si terrà il voto tra i membri di questa commissione, che si occupa di energia.

Successivamente è previsto un voto in plenaria a marzo, e infine il trilogo. Secondo Cuffe si dovrebbe riuscire a convergere su un testo finale «durante la presidenza svedese, speriamo nella prima metà dell’anno quindi».

L’accordo in commissione

Il verde Cuffe puntava a una proposta più ambiziosa di quella della Commissione, ma non è stato semplice trovare un accordo maggioritario. I popolari europei, dopo aver inizialmente appoggiato la proposta, negli ultimi tempi si erano tirati indietro, guarda caso proprio nella fase in cui i conservatori di Meloni contestavano il progetto. L’anno è iniziato infatti con Fratelli d’Italia che dipingeva la direttiva come «una eco-patrimoniale» e diceva, con la Lega al seguito:«va bloccata».

Ma questa settimana la maggioranza Ursula si è ricomposta: il relatore green è riuscito a far convergere su un unico accordo sia le forze progressiste (socialisti, verdi e sinistra) che i liberali e i popolari stessi.

Meloni si ritrova ai margini quindi: restano contrarie all’accordo sulla casa verde solo le forze di estrema destra, Id ed Ecr.

Il testo di compromesso della maggioranza è in effetti un po’ più ambizioso della versione iniziale della Commissione von der Leyen: prevede ad esempio che gli edifici a uso residenziale raggiungano entro il 2033 almeno la classe energetica D. Cuffe considera «come vittorie il fatto che per la prima volta ci sia una performance energetica da raggiungere obbligatoriamente, la velocizzazione degli obiettivi e le salvaguardie sociali per proteggere chi è in difficoltà economica».

Nell’accordo sono previste anche deroghe per edifici storici, per quelli usati a scopi religiosi, per le case vacanza o per quelle indipendenti sotto i 50 metri quadri. 

I margini di manovra

La flessibilità della proposta che verrà votata – e con tutta probabilità approvata – il 9 febbraio in commissione Itre all’Europarlamento può piacere o dispiacere in base ai punti di vista.

Per gli osservatori attenti all’ambiente, il fatto che il progetto di direttiva non preveda sanzioni in caso di inadempimento rende l’accordo non sufficientemente ambizioso; anche se Cuffe precisa che «ogni direttiva va poi trasposta a livello nazionale e dunque dovrà prevedere contromisure specifiche». In poche parole, dovranno essere i governi a definire cosa succede a chi non adempie alle regole.

Oltre al tema delle sanzioni, c’è quello più ampio della discrezionalità per gli stati membri. Il relatore della proposta usa questo argomento proprio per persuadere gli indecisi e gli oppositori: il fatto che ogni governo debba elaborare un National Renovation Plan (un piano nazionale per il rinnovo degli edifici) fa sì che le misure possano essere declinate in base al contesto locale. Cuffe spiega anche che la proposta suddivide le aree dell’Ue in base al “quadrante climatico”, dunque declinando le misure per le specifiche esigenze.

Tuttavia ci sono governi che storcono comunque il naso: Nicola Procaccini, responsabile Ambiente ed Energia di Fratelli d’Italia, ed eurodeputato che siede in commissione Itre, si concentra sulla «perdita di valore degli immobili» non efficientati e descrive la direttiva come «una stangata». Per Cuffe c’è da scommettere ad ogni modo che il mercato immobiliare sia consapevole ormai che una classe energetica pessima perde valore, anche prima che la direttiva entri in vigore. Il fatto è che l’estrema destra (Id ed Ecr) non se ne convince.

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