Ormai è chiaro anche ai più ingenui: un tetto ai prezzi del gas non verrà mai attuato. La Commissione europea, dopo aver tergiversato per mesi, ha costruito finalmente una proposta, nella quale però non c’è un vero tetto ai prezzi del gas. È previsto solo un meccanismo per casi così estremi che neppure le impennate viste questa estate basterebbero per innescarlo, e dunque è assai probabile che non venga mai attuato. Sempre che i governi lo approvino: giovedì si incontrano i ministri dell’Energia europei, ma pare che le resistenze dei soliti – Berlino, Amsterdam – possano trascinare il dossier fino al summit dei capi di stato e di governo di metà dicembre. Insomma non è detto neppure che il grande bluff del finto tetto si concluda almeno entro il mese corrente. Tutto questo era ampiamente prevedibile, le tracce del fallimento che diventa palese questa settimana erano nell’aria anche allo scorso Consiglio europeo. Ma ora che la Commissione guidata da Ursula von der Leyen è costretta a venire allo scoperto con un documento, la cosa diventa conclamata.

Come affossare un tetto

Questo martedì pomeriggio la commissaria all’Energia, Kadri Simson, ha riferito ai cronisti il tipo di proposta che finirà sul tavolo dei ministri domani. Se ci sarà l’ok dei governi, il meccanismo «di correzione del mercato» che Bruxelles disegna sarà in vigore da gennaio e scatterà in automatico, ma solo ad alcune condizioni combinate fra loro: il prezzo del gas deve eccedere i 275 euro per megawattora, e lo spread – il differenziale – tra il prezzo al mercato del gas di Amsterdam (Ttf) e quello del gas naturale liquefatto deve oltrepassare i 58 euro.

Non basta nemmeno che queste due condizioni siano realizzate: devono protrarsi per numerosi giorni. Il prezzo deve oltrepassare i 275 euro per due settimane, il differenziale deve essere superiore ai 58 euro per dieci giorni, come la stessa commissaria Simson ha precisato.

Dunque è vero che a quel punto la leva di emergenza scatta in automatico, cioè senza ulteriori trafile decisionali, anche se scatta il monitoraggio e la Commissione si arroga l’eventualità di sospenderla in qualsiasi momento. Ma quando succederà che tutte le condizioni di cui sopra siano realizzate?

Ci sono buoni indizi che non capiterà mai. Il primo sta nel titolo stesso della proposta, che guarda caso non riguarda più i prezzi ma «i prezzi eccessivamente alti»; insomma, casi davvero estremi. Anche per questo, tra gli eurodeputati che seguono il settore si stanno sollevando reazioni veementi. «Questa proposta della Commissione è un insulto a tutte le persone che stanno facendo enormi sforzi durante questa crisi, e che non possono pagare le bollette», dice Sira Rego, la vicepresidente della sinistra europea che siede in commissione Energia del Parlamento Ue.

Che la leva di emergenza si attivi solo in casi assai estremi, o meglio, praticamente mai, lo ammette indirettamente la stessa commissaria Simson. Citando le escursioni tra i prezzi degli ultimi mesi, infatti, riporta che «lo scorso agosto sono passati da 220 euro a 320 per megawattora, oggi il livello è 116 euro». Dunque di primo acchito può sembrare che almeno nella situazione di agosto la leva «estrema» possa scattare, ma analizzando più nel dettaglio vien fuori che le condizioni multiple – tempi protratti e differenziale – non avrebbero fatto partire il meccanismo neppure nella crisi estiva.

La volontà politica

Eppure, dopo un’estate in cui le intenzioni di introdurre il tetto sembravano isolate, quest’autunno durante i vari appuntamenti di ministri e leader è cresciuta la consapevolezza che i prezzi andassero tenuti sotto controllo; la presidenza ceca si era trovata a ribadire alla Commissione Ue che la maggioranza dei governi era ben disposta, e all’ultimo incontro dei ministri dell’Energia aveva pure dovuto bacchettarla. A dispetto delle richieste formulate dai capi di stato e di governo a ottobre, infatti, Bruxelles continuava a presentarsi ai ministri senza una vera e propria proposta.

Ma nel gioco delle parti, degli ostruzionismi e dei rinvii, alcuni governi di peso come quello tedesco oltre che olandese hanno ottenuto il gioco di sponda della Commissione. C’è chi ipotizza che neppure su questa proposta vuota, si potrà chiudere un accordo giovedì, tra i ministri, e che forse si arriverà al Consiglio europeo, coi leader, a metà dicembre. Simson di fatto non lo esclude, e anzi nota che «il Consiglio Ue del 24 novembre sarà il decimo, i rappresentanti dei governi discutono costantemente».

In realtà quest’esito era rintracciabile già nell’ultimo summit dei leader, quando l’allora premier Mario Draghi ha presentato come un successo il riferimento al tetto nelle conclusioni, ma si intravedevano sulla strada i sabotaggi di Berlino; per gli osservatori tedeschi le «perplessità» di Olaf Scholz erano ancora in campo, e altrettanto era in campo l’eventualità che il banco saltasse per l’ennesima volta, con un rinvio al Consiglio europeo di dicembre.

Ma ormai il rinvio è relativo, perché è il tentativo stesso di gestire i prezzi che è saltato. E anche questo era stato preconizzato: «il diavolo sta nei dettagli» – o meglio nei dettagli delle proposte della Commissione europea – come avevano avvertiti gli esperti dell’istituto Bruegel commentando le conclusioni di quel vertice fra leader.

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