Gennaio 2022 è lo spartiacque. Non è solo il momento in cui la Francia assume la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, per sei mesi. È anche il punto della storia in cui il fenomeno della “presidenza sponsorizzata” è elevato a potenza.

L’Italia di Matteo Renzi nel 2014 entrava nel suo semestre con la flotta Fiat, Parigi con Emmanuel Macron ha Stellantis e Renault. Ma oltre alle portiere delle auto, Macron porta con sé anche le porte girevoli, gli incontri con le lobby, gli interessi dei “campioni industriali” francesi.

Una corposa gamma di conflitti di interesse tra i quali anche l’ambiguità di una presidenza che coincide con la campagna elettorale in patria. Ci aveva provato, Berlino, a scrollarsi di dosso gli sponsor privati. Ma con l’Eliseo gli interessi delle lobby entrano nel cuore della politica europea.

Sponsor interessati

«A parte la Germania nel 2020, tutti i governi, almeno dal 2005, hanno usufruito di sponsor quando hanno assunto la presidenza in Ue», dice Vicky Cann, ricercatrice del Corporate Europe Observatory. L’osservatorio, che da Bruxelles monitora l’influenza delle corporation sulla politica Ue, ha unito le forze con il francese Observatoire des multinationales e ha prodotto due dossier, Under the influence I e II. Per il caso della presidenza francese, un volume non bastava.

Il meccanismo degli sponsor è in voga da quasi un ventennio. Gli sponsor forniscono i loro prodotti, ad esempio le auto di rappresentanza, le bevande negli eventi, o finanziamenti diretti. La corporation mette il logo sulla presidenza, guadagna credibilità e soprattutto influenza.

Ma le attività della presidenza di turno non sono già finanziate dall’Ue? «Sì certo, ma il budget Ue copre i costi di eventi a livello europeo, di traduzioni e altro. Quando invece un governo vuole organizzare eventi nel suo paese, in tal caso deve pagare da sé. Il costo non è comunque così alto da rendere indispensabili gli sponsor privati», dice Cann. Eppure tutti vi ricorrono. L’eccezione della presidenza tedesca si spiega anche con la pandemia: da luglio a dicembre 2020, in piena pandemia, non era il momento per eventi in presenza, tantomeno fastosi.

Nemici del clima

(Matteo Renzi. Foto AP)

Ma per il resto, nonostante l’allerta sul rischio di conflitti di interesse sia stata sollevata dal difensore civico europeo, da europarlamentari e società civile, gli accordi di sponsorship, «legali anche se eticamente discutibili» come dice Cann, sono una costante. «L’aspetto più allarmante è che gli sponsor spesso sono le grandi lobby di Bruxelles, le corporation più potenti, e di frequente la loro sponsorizzazione arriva proprio mentre si discutono dossier cruciali per loro».

Quando Coca-Cola nel 2019 fa da sponsor alla Romania, nelle istituzioni europee si discute proprio di etichette nutrizionali (il “nutri-score”). A gennaio 2020, mentre la Commissione europea è alle prese con il Green Deal, la Croazia accorda la sponsorship a Ina, l’azienda-regina del petrolio croata: combustibili fossili come sponsor mentre l’Ue prova a tingersi di verde. Tra gli sponsor più presenti c’è la grande industria automobilistica, sia negli anni del DieselGate, che ora, con l’Ue alle prese con decisioni cruciali su emissioni e transizione climatica.

«Oggi alla prima riunione informale dei ministri Ue ha debuttato la flotta di veicoli che Fiat-Chrysler ha fornito, in qualità di sponsor, al governo italiano nell’ambito della presidenza di turno», recita il comunicato stampa di luglio 2014. Al governo c’era Matteo Renzi, e la fornitura dei veicoli era perlomeno preceduta da «un bando di gara del ministero degli Esteri».

La deriva francese

(Emmanuel Macron. Foto AP)

La Francia ha pure saltato quel passaggio. «Scegliamo Renault e Stellantis per questione di immagine, se fossimo passati da un bando non avremmo potuto avere vetture francesi», ha replicato il ministro agli Affari europei Clément Beaune. Nel caso francese la sponsorship permea in senso ampio la presidenza: le priorità, prima ancora che col parlamento, sono state discusse coi gruppi di interesse.

Nonostante la presidenza francese abbia lasciato senza risposta le richieste di trasparenza, Corporate Europe ha ricostruito almeno 40 incontri preparatori di natura lobbistica, di cui ben 31 con corporation e industria, solo due con la società civile. I casi di porte girevoli – tanti – riguardano sia la rappresentanza francese a Bruxelles che il gabinetto di Beaune. Si entra ed esce da Medef (la confindustria francese), dalle grandi aziende del nucleare (Edf), dell’energia (Total) e dei trasporti (aeroporti Parigi) alla politica europea.

Portare in alto i «campioni industriali» di Francia, dal tech all’industria militare, è la strategia dichiarata di Macron, che ha pure istituzionalizzato il connubio lobby-politica: “Scale-Up Europe” mette insieme governo, investitori, industrie tech e militare, con l’obiettivo di influire in Ue.

Nessuno che provi a invertire la rotta? A inizio 2021, viste le pressioni della società civile, il Consiglio ha dovuto discutere la questione sponsorhip. Ne sono uscite solo timide linee guida per più trasparenza. Chi si è opposto a regole più stringenti è, guarda caso, la Francia.

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