- Non è la prima volta che il centrodestra francese tenta di raggranellare voti superando a destra l’estrema destra. Tuttavia lo spericolato sorpasso in curva del giovane ministro del governo Macron, Gérald Darmanin, va oltre il bieco calcolo politico.
- E manifesta qualcosa di più profondo: la sempre più generalizzata insofferenza di una parte dei cittadini francesi nei confronti di un’altra parte, immigrati o figli d’immigrati di religione musulmana.
- Incapace di riconoscere la fragilità del suo modello d’integrazione, la République è costretta ad additare freneticamente dei nemici esterni ed interni.
Uno strano senso di vertigine deve aver colto i telespettatori francesi la sera dello scorso 11 febbraio assistendo al dibattito televisivo tra il ministro dell’Interno Gérald Darmanin e Marine Le Pen. Da mezzo secolo in Francia il nome Le Pen è associato all’estrema destra, fin dalla fondazione nel 1972 del Fronte nazionale da parte di una piccola combriccola di nazionalisti, populisti e neofascisti. In principio era Jean-Marie, il padre. E malgrado il restyling operato nell’ultimo decennio



