Se credete che agosto sia un tempo morto per la politica allora non siete mai stati a Varsavia, dove ieri pomeriggio i deputati di opposizione sono sbottati per un istante in applausi scroscianti e urla liberatorie: «Questa è la fine del Pis!». Il Pis, il partito ultracattolico e ultraconservatore che governa il paese, per un attimo e per un soffio è stato battuto alla Camera.

L’intenzione del Pis era di far passare una legge che avrebbe di fatto imbavagliato una tv indipendente, ma all’inizio l’opposizione è riuscita ad approvare il rinvio del voto a settembre. Da qui l’esultanza in aula. Uno smacco tale da spingere il Pis a tentare di ribaltare questo esito con appigli procedurali. E il tentativo è riuscito: prima l’aula è stata forzata a ripetere quel voto, poi ha dovuto esprimersi sul provvedimento stesso. E il partito di governo a quel punto ha ottenuto di farlo passare, grazie a una febbrile opera di convincimento con ogni mezzo di un pugno di parlamentari di altri partiti; tra promesse di futuri posti in lista o di ruoli nelle aziende partecipate statali, il Pis l’ha spuntata e ha fatto approvare la “lex TVN” alla Camera, anche se quella legge deve ancora scavallare il passaggio – ben più ostico in fatto di numeri – al Senato.

Su una cosa non c’è colpo di mano che tenga: è certo che in questi frangenti l’esecutivo sta attraversando un terremoto politico. Stavolta la questione non è solo interna: sullo sfondo dei conflitti di coalizione, ci sono pure Bruxelles e Washington.

I protagonisti e lo scontro

In prima linea, a scontrarsi, ci sono il presidente del Consiglio Mateusz Morawiecki, del Pis, e l’ormai ex vicepremier Jaroslaw Gowin, leader del partitino di centrodestra Porozumienie. Da una parte c’è Morawiecki che epura dal governo esponenti di Porozumienie, dall’altra c’è Gowin che fa pesare le frizioni con la coalizione della Destra unita. A dividere i due sono sia le scelte economiche del Pis che l’intenzione di questo partito di mettere sotto scacco una tv indipendente di proprietà statunitense. Questa è la superficie. Più in profondità, la divisione si gioca sui rapporti da tenere con l’Ue e con gli Stati Uniti. In questo momento la collisione è tra due poteri alternativi per la guida del paese. Il vero braccio di ferro infatti è tra Jaroslaw Kaczynski, leader di Pis e considerato a lungo come il plenipotenziario della politica polacca, che però da molti mesi ormai se la deve vedere con innumerevoli frizioni interne alla maggioranza, e Donald Tusk, che intende strappare a Kaczynski il dominio e la guida del paese. Come leader di Piattaforma civica, Tusk è già stato premier fino al 2014, per poi diventare presidente del Consiglio europeo. Da due anni presiede il Partito popolare europeo, ma dopo anni nell’arena brussellese, ha da poco annunciato il suo ritorno alla politica polacca. Per tentare di costruire un’alternanza allo strapotere del Pis, e di Kaczynski.

Frizioni e scenari

In queste settimane la tensione tra il Pis e Bruxelles è alta: Varsavia si è scontrata con la Corte di giustizia europea sulla Camera disciplinare, ovvero sul tema dell’indipendenza dei giudici dall’esecutivo, oltre che sulla questione dei diritti Lgbt. Il partito ultraconservatore polacco stringe sempre di più i rapporti con il premier ungherese Viktor Orbán, con il quale lavora a un’iniziativa politica europea comune e al quale lo lega una necessità condivisa: fare scudo contro Bruxelles quando l’Ue reagisce alle violazioni dello stato di diritto. Adesso Varsavia rincorre e imita sempre di più Orbán anche nel tentativo di irreggimentare i media. È proprio a questo punto che le vicende polacche collidono con Washington. Da luglio, i parlamentari del Pis spingono un progetto di legge – noto come “lex TVN” – che ha come scopo dichiarato quello di impedire ad attori esterni all’area economica europea di possedere outlet mediatici in Polonia. Il provvedimento finirebbe così per colpire TVN, la più rilevante emittente televisiva privata del paese, acquisita già da qualche anno dagli americani di Discovery. TVN è una voce tutt’altro che allineata al governo, e perciò è considerata scomoda dal Pis, che attraverso la partecipata statale Orlen ha già fagocitato il gruppo Polska Press. Cittadini e giornalisti hanno protestato contro la lex TVN, e l’ambasciatore americano ha indirizzato al governo polacco lettere e moniti.

«Così i rapporti con Stati Uniti e Nato, garanti della nostra sicurezza, si deteriorano», ha avvertito Gowin, prendendo le parti di TVN. Ieri la lex è arrivata in aula con lui intenzionato a boicottarla. Ma a scatenare le frizioni nel governo era stata, già prima, la strategia economica del Pis, con il piano Polski Ład. Gowin, che è di orientamento neoliberista, lo ha criticato apertamente: il progetto a suo dire «scarica i costi fiscali sugli imprenditori». Sabato il suo partito, Porozumienie, ha annunciato che sarebbe rimasto nel governo solo a condizione di cambiare sia i piani per il fisco che la legge sui media. Risultato? Dopo aver silurato già una settimana fa Anna Kornecka, viceministra allo Sviluppo, il premier Morawiecki martedì ha espulso dal governo Gowin stesso, e di conseguenza altri di quell’area hanno lasciato l’incarico. Ora i 13 parlamentari di Porozumienie, che finora avevano supportato la coalizione della Destra Unita, sono in condizioni di far traballare la maggioranza, che negli scorsi mesi era già messa a dura prova per le tensioni tra Pis e un altro alleato: Zbigniew Ziobro, il ministro della Giustizia di ultradestra che ha contestato anche il piano Ue di Recovery. L’ultimo rimpasto di governo, che in autunno riportò Kaczynski nell’esecutivo, risale appunto a uno scontro con Ziobro. Pis governa ancora, ma accerchiato da alleati sediziosi.

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