La Polonia fa notizia per un croissant. Ne parla la Bbc, ne twitta Stephen King. Una abitante di Cracovia ha chiamato la protezione animali perché, arrampicato su un albero, c’era un animale insolito, mai identificato prima – che si è scoperto essere un cornetto. «Il croissant è arrivato sul pianeta per conquistarci!», ha ironizzato King, re dell’horror americano, visto che la notizia è rimbalzata da un media all’altro. A quanto pare meno pop, però assai più spaventosa, è la notizia che Adam Bodnar, il commissario per i diritti umani polacco, è stato silurato. Ha tre mesi per lasciare l’incarico. «Assieme ad alcuni sindaci di grandi città e ad altre realtà della società civile, Bodnar rappresenta uno degli argini alle derive autoritarie nel nostro paese. Quando se ne andrà, avremo una sentinella democratica in meno», dice la giornalista polacca Kaja Puto. Il caso Bodnar, ben più del croissant, meriterebbe i titoli dei giornali europei: questa storia avrà effetti concreti sui diritti di tutti.

Voce fuori dal coro

Giurista con una carriera nel campo dei diritti umani, nell’estate 2015 Adam Bodnar viene nominato ombudsman, difensore civico. Quando assume l’incarico, al governo c’è ancora Piattaforma civica, che assieme a un altro partito di centrodestra e alla sinistra lo supporta; nell’autunno di quello stesso anno inizia il dominio del partito di destra ultraconservatore Diritto e giustizia (Pis). Da allora Bodnar è una spina nel fianco per il governo. Quando c’è un diritto a rischio, lui si spende, che si tratti dell’indipendenza dei giudici dalla politica, del diritto delle donne all’aborto (e a protestare per esso), dei diritti Lgbt, del diritto alla casa per chi subisce uno sfratto. Nel 2020 in Senato il commissario dichiara che «la Polonia non è più una democrazia, ma un regime autoritario con parvenza di democrazia». Quando nel 2019 alcune amministrazioni locali si dichiarano “Lgbt free”, Bodnar denuncia la scelta come «discriminatoria e contraria ai diritti umani». Quando le donne protestano per la sentenza della Corte costituzionale che restringe ancor più il loro diritto ad abortire, e con il pretesto delle restrizioni Covid violate cominciano i processi contro le attiviste, persino contro le minorenni, lui dichiara che «il divieto di manifestare è illegale» e che «la repressione sui giovanissimi è agghiacciante». Il difensore civico «è l’unico che finora ha potuto tutelare gli attivisti nei processi di stampo politico, avviati contro Lgbt e femministe», dice Kaja Puto. Infatti quando, la settimana scorsa, la Corte costituzionale ha sentenziato che Bodnar deve lasciare l’incarico, le femministe di Strajk Kobiet (“lo sciopero delle donne”) hanno protestato; per tutta risposta la polizia ha picchiato e arrestato i manifestanti.

Indipendenza dei giudici

Pis vorrebbe sostituire Bodnar, e dal 2020, alla fine dei cinque anni del suo mandato, avrebbe l’opportunità di nominare una figura più vicina al governo; ma dal 2019 non ha più la maggioranza al Senato, né i numeri per farlo. L’opposizione argina i tentativi di imporre un nome pro-Pis, e Bodnar rimane ad interim. Perciò a silurarlo, e a dire che entro tre mesi se ne deve andare, è intervenuta la Corte costituzionale, che è controversa per il suo stretto legame con l’esecutivo; questa stessa Corte ha realizzato a ottobre la mossa anti-aborto. A novembre 2019 i parlamentari del Pis hanno eletto come membri della Corte due loro ex colleghi; «corte-burattino», l’ha definita Andreas Vosskuhle, ex capo della Corte costituzionale tedesca. Bodnar ora finisce vittima di quella morsa del governo sui giudici che lui stesso denuncia da anni: è intervenuto tutte le volte che lo stato di diritto è finito sotto attacco, e che sotto attacco sono finiti i giudici per la loro indipendenza, come è successo a Igor Tuleya. «Bruxelles sa da anni che il governo in Polonia vuol tenere i giudici sotto scacco», dice il giurista polacco Patryk Wachowiec. «Ma agisce sempre troppo poco e troppo tardi».

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