È un circolo vizioso: le lobby della sanità privata fanno pressioni su Bruxelles, la Commissione europea spinge gli stati a privatizzare la sanità, i tagli alla sanità pubblica ci rendono meno reattivi all’emergenza Covid-19, la pandemia spinge l’Europa a ridiscutere i suoi sistemi sanitari, e a Bruxelles si inizia a parlare di una Unione della salute. Che però rischia di foraggiare i privati, le cui lobby già si sono gettate sul piatto dei fondi di ristoro europei. L’allarme arriva dal Corporate Europe Observatory, l’osservatorio che indaga le pressioni delle corporation sulle istituzioni europee, che pubblica oggi il dossier When the market becomes deadly.

Privatizzazioni

Alla fine della prima ondata, il programma delle Nazioni unite per lo sviluppo (Undp) ha commissionato un’analisi incrociata dei dati relativi a 147 paesi: Privatization and pandemic, di Jacob Assa e Cecilia Calderon, mette in discussione la reale capacità dei sistemi sanitari privati di fronteggiare questa pandemia ed eventuali future. Lo studio, che tiene conto di una serie di variabili (reddito pro capite, diseguaglianze in ambito sanitario e così via), conclude che «un aumento del 10 per cento nella spesa per la sanità privata è associato a un aumento del 4,3 per cento di casi di Covid-19 e a un 4,9 per cento in più di mortalità dovuta a Covid-19». La privatizzazione dei sistemi sanitari è «una variabile utile a spiegare l’eterogeneità del numero di contagi e decessi nei vari paesi: se la sanità è privata, aumentano sia l’incidenza che la letalità del virus».

Cosa c’è di disastroso nella privatizzazione? Un sistema sanitario privato, e quindi gestito allo scopo di trarre un profitto, tende a privilegiare i pazienti con malattie a basso rischio e abbienti, lasciando quindi al sistema pubblico i pazienti più poveri e a più alto rischio. Il dossier di Ceo mostra che, in particolare dopo la crisi finanziaria, sono calati i posti in terapia intensiva, che per il settore privato sono poco “profittevoli”.

In Italia il numero di posti letto per malattie acute è sotto la media europea, ed è calato dai 7 ogni mille abitanti del 1990 ai 2,6 del 2015. I privati ne garantiscono una piccola fetta: nel 2019, meno del 30 per cento. Se si parla poi di posti in terapia intensiva, il contributo della sanità “for profit” è al 15. Ad aprile, su 5.300 posti in terapia intensiva, solo 800 erano gestiti dai privati. «La loro capacità di contribuire all’emergenza è stata esigua: hanno lasciato il grosso del lavoro agli ospedali pubblici», osserva Ben Munster nella sua inchiesta per New Statesman, nata per capire come mai una regione florida come la Lombardia fosse così colpita dalla pandemia. Munster conclude che «farsi trovare pronti per una pandemia implica fare un investimento nella speranza che non frutti; cosa che solo il pubblico ha interesse a fare». Ma in Lombardia i fondi pubblici sono andati sempre più ai privati: nel 2010 il 30 per cento, nel 2020 il 50.

Tra i paesi nei quali il settore privato si è espanso di più, «ci sono anche Spagna, Romania e Irlanda; ma la tendenza è chiara nella maggior parte dei paesi Ue» dice Olivier Hoedeman, autore del dossier di Ceo. Il tema vale anche per le case di cura, assai colpite dalla pandemia. In Spagna, tre su quattro sono gestite da privati (con contributi pubblici), ed è dovuto intervenire l’esercito per disinfettare 1.300 case di cura madrilene. Il difensore civico (ombudsman) ha rilevato scarsità di equipaggiamenti e personale: «Le aziende avevano risparmiato pur di massimizzare i profitti». I sintomatici non erano stati isolati, il personale malato non era stato rimpiazzato, niente protezioni adeguate. Storie viste anche da noi.

Bruxelles e le lobby

La sanità è competenza degli stati, ma negli ultimi anni con il ruolo attivo di Bruxelles è stata piegata a logiche del mercato, nota Ceo: se si intendono le prestazioni sanitarie come attività economiche, subentrano le regole del mercato comune, la competizione, l’esternalizzazione, la partnership pubblico-privato, la vendita di ospedali pubblici a investitori.

La Commissione ha promosso tagli alla sanità pubblica e privatizzazioni: sin dal primo semestre europeo, che risale al 2011, nello spedire a ogni governo 4 o 5 raccomandazioni all’anno, ne ha inviate 107 sul settore sanitario, di cui 76 volte a suggerire tagli o efficienza di spesa. Gli effetti si sono visti ad esempio quando nel 2012 la Spagna ha adottato una legge per tagliare i costi: il personale sanitario si è ridotto di 28.500 unità in due anni. Oltre al semestre europeo, Ceo rileva che in generale Bruxelles dopo la crisi del 2008 ha sollecitato politiche di austerità e partenariati con il privato.

Ma chi ha fatto pressioni sulla Commissione perché a sua volta spingesse gli stati a questo? Il dossier rivela che Bruxelles si consulta con i fornitori di servizi sanitari privati quando stila le sue raccomandazioni. La European union of private hospitals ha un budget per l’attività lobbistica che nel solo 2019 sfiorava i 300mila euro e ha una poltrona tra gli esperti di sanità della Commissione. A lobby come questa fa particolarmente gola il fondo di ristoro comune, e spingono per dirottare sui privati i nove miliardi e mezzo del programma EU4Health.

I documenti ottenuti da Ceo rivelano che anche le grandi società di consulenza come McKinsey si sono gettate sul piatto delle risorse dedicate alla pandemia. «Abbiamo supportato i governi in tante emergenze, Sars, ebola, e li stiamo aiutando anche a fronteggiare Covid-19, in partnership con il settore privato», s’intende. «Vorremmo aiutare anche l’Ue», scrive McKinsey alla commissaria alla Salute. Segue fitta corrispondenza, segretata «perché commercialmente sensibile».

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