C’è da scommettere che dalle parti di Downing Street, dove di party se ne scoprono più del dovuto, i conservatori al governo nel Regno Unito abbiano stappato qualche bottiglia di spumante. Ma a Edimburgo si dice che i primi a festeggiare siano stati i laburisti.

La progressiva disfatta di Nicola Sturgeon e della sua famiglia – sia personale sia politica – è in assoluto il più grande colpo alla causa indipendentista.

Questo mercoledì mattina la polizia ha arrestato Peter Murrell, che non è soltanto il marito di Sturgeon, l’ex premier scozzese dimissionaria, dal 2010, ma che era soprattutto il suo compagno di famiglia politica, visto che dal 1999 è stato il segretario dello Scottish National Party, prima di dimettersi lui stesso, dopo di lei, come l’ennesima carta di un castello che crolla.

Le indagini che hanno portato all’arresto riguardano i finanziamenti del partito, ed era già da un po’ che il vento degli scandali soffiava su Murrell, il cui arresto ne decreta la definitiva capitolazione politica.

Adesso i competitor, come il leader del partito laburista scozzese, fanno pubblicamente la domanda che attraversa un po’ tutti: «Che cosa sapevano esattamente, di tutta questa storia, l’attuale premier della Scozia Humza Yousaf, e Nicola Sturgeon stessa? E, inoltre, quando lo hanno saputo?», chiede Anas Sarwar, pronto a prendersi la rivincita. I laburisti erano gli egemoni di Scozia prima che il partito di Sturgeon (e di Murrell) li spazzasse via.

Ormai, a mettere in fila gli eventi, le dimissioni di Nicola Sturgeon appaiono sempre più come un’uscita di scena calcolata al secondo, anche se lei non ha mai ammesso – e anzi ha sempre negato – una correlazione tra il suo ritiro dalla scena politica e la bufera che stava attraversando la sua famiglia e il suo partito.

Il nodo delle dimissioni

Il 15 febbraio Nicola Sturgeon si è dimessa. La scelta è stata per i più inaspettata: certo, dopo che Londra e la Corte suprema hanno fatto muro contro un nuovo referendum, la causa indipendentista era al bivio, e la strategia da utilizzare era oggetto di dibattito.

Ma per quanto l’egemonia dello Scottish National Party potesse essersi logorata, dopo anni al governo, Sturgeon rimaneva di gran lunga la leader più popolare e amata.

Lei se l’è cavata con un discorso carico di empatia, come è suo stile: ha spiegato che la politica oggi «è brutale», ha detto di voler riappropriarsi del suo tempo e dei suoi affetti, e di essere in sostanza stanca, mentre la causa indipendentista necessitava di un nuovo vigore.

Già a metà febbraio, i ben informati – pur increduli anche loro – si erano potuti spiegare il passo indietro solo con un fattore che fosse esterno alle scelte intime dell’allora premier. E quel fattore era che suo marito, Murrell, potesse essere coinvolto in uno scandalo sui finanziamenti del partito.

Una settimana prima delle dimissioni di Sturgeon, la stampa locale – The Herald per esempio – aveva già sparato titoli su «un prestito all’Snp da parte del marito della premier che ha portato a numerose violazioni delle regole». Il riferimento era a un prestito di circa 100mila sterline che nel 2021 lui aveva iniettato nelle casse del partito, ma che era stato dichiarato solo un anno dopo, nell’estate 2022.

E già il 7 febbraio i cronisti ne avevano chiesto conto a Sturgeon, ancora non dimissionaria anche se per pochi giorni: «Non ricordo quando sono venuta a saperlo per la prima volta», rispondeva lei. «Ma in ogni caso mio marito è una persona a sé e che fa le sue decisioni individuali».

La catena degli eventi

Dopo circa un mese dalle dimissioni di Sturgeon, il 18 marzo è stato Murrell a lasciare, nel suo caso la leadership del partito. Nel frattempo altri scandali avevano scosso l’Snp, e avevano fornito l’innesco per questo secondo addio: alla vigilia, cioè il 17 marzo, il rispettato giornalista Murray Foote, capo ufficio stampa del partito, aveva lasciato l’incarico lamentando che la direzione dell’SNP avesse approvato comunicati stampa con contenuti risultati poi non veritieri. Aveva denunciato un inganno all’opinione pubblica.

Poi il colpo finale: l’arresto di mercoledì mattina, con la polizia che arriva davanti alla casa della coppia a Uddingston, nell’area di Glasgow, e con le forze dell’ordine che si mettono a perquisire pure il quartier generale del partito a Edimburgo. Nicola Sturgeon ha lasciato la sua abitazione la mattina presto, poco prima del raid. «Questo è un giorno difficile», ha commentato l’attuale premier Yousaf, garantendo sforzi per una migliore governance e una maggiore trasparenza, e che l’Snp sarà collaborativo con le indagini, «tuttora in corso dunque non posso dire altro».

Ed è vero che molto resta ancora da svelare, ma quel che è emerso intanto è che il partito aveva incassato oltre 660mila sterline tra 2017 e 2020 motivando la raccolta per una campagna indipendentista. Nel frattempo, però, un nuovo referendum non si è svolto, e nelle casse del partito anni dopo risultavano molti meno fondi. Al punto che nel 2021 Murrell aveva fatto lui stesso un prestito all’Snp.

Lo si era scoperto solo nel 2022. Poi il castello è cominciato a crollare, una carta e una dimissione alla volta.

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