Lo scorso dicembre, il parlamento spagnolo ha approvato la finanziaria 2021 con un’inedita maggioranza progressista, allargata rispetto a quella che aveva portato il socialista Pedro Sánchez al governo, alla guida di una coalizione tra Psoe e Unidas Podemos. Per la prima volta, infatti, ha votato a favore anche Euskal Herria Bildu, la formazione della sinistra indipendentista basca. La destra ha allora accusato il governo di coalizione progressista di essere sostenuto dai fiancheggiatori del terrorismo basco, anche se l’organizzazione terrorista Eta si è formalmente dissolta nel 2018 e se EH Bildu si fonda sui valori della democrazia e della non violenza. Una peculiarità della destra spagnola, transitata dalla dittatura alla democrazia senza soluzione di continuità. Ma anche una caratteristica comune ad altre destre nel mondo, come dice il portavoce aggiunto di EH Bildu al congresso dei deputati, Oskar Matute: «Perché la destra, quando perde il potere, considera che gli sia stato usurpato e allora usa ogni mezzo per cercare di logorare chi ha vinto».

La svolta con Sánchez

La novità rappresentata dal voto favorevole della sinistra indipendentista basca alla legge di bilancio viene immediatamente apprezzata dal segretario generale del sindacato di Ccoo Unai Sordo, già segretario del sindacato basco e perciò buon conoscitore della situazione, che in quei giorni scrive sul suo blog: «Per anni si è detto che la violenza era inammissibile e gli obiettivi politici erano rispettabili. Il fatto che Bildu possa appoggiare la finanziaria senza rinunciare ai suoi obiettivi politici, è una mostra di normalizzazione politica che solo i più ottimisti avrebbero potuto prevedere dieci anni fa e nessuno sognare neppure lontanamente quindici anni or sono». 

Matute però ci tiene a precisare che il suo partito non fa parte di nessuna maggioranza di governo: la scelta di sostenere la legge di bilancio è un esercizio del principio di realtà, «perché non ci interessa essere la riserva spirituale della nostra comunità, ma essere la forza di governo dell’insieme della comunità. Vogliamo costruire un progetto egemonico nel nostro paese».

(Il deputato Oskar Matute. Foto di Diego Radames)

Per spiegare le ragioni del voto del suo gruppo, il deputato basco parte da un’analisi sull’involuzione democratica dello stato spagnolo, dall’impegno antifascista e dalla solidarietà con le classi popolari basche e spagnole: «La nostra scommessa è partecipare in tutti gli spazi ove si decide la vita del popolo basco. E facciamo tutto ciò che è nelle nostre mani per impedire l’ascesa della destra al potere». Secondo Matute, chi opera un’analogia tra l’attuale formazione dell’indipendentismo basco e Herri Batasuna, la sinistra indipendentista basca considerata il braccio politico dell’Eta, lo fa con intenzionalità: perché Bildu è una coalizione di più forze appartenenti alla sinistra indipendentista basca, nata nel 2010 e passata per un apposito esame di legalità. Lui stesso proviene da una pratica di movimento popolare e da una di queste formazioni diverse da Batasuna.

Sul voto di Bildu ha pesato certamente anche la politica di avvicinamento ai Paesi Baschi dei prigionieri dell’Eta ripresa dal governo spagnolo nell’ultimo trimestre del 2020. Il governo Sánchez sembra infatti intenzionato a mettere fine alla politica penitenziaria d’eccezione decisa a suo tempo dal socialista Felipe González. Da quando Sánchez è arrivato al governo del paese, nel 2018, ci sono stati 131 trasferimenti di prigionieri dell’Eta, anche se solo una minoranza di questi sono finiti nelle carceri di Euskadi o Navarra. La maggioranza si trova ancora in prigioni lontane da casa fino a 1.100 chilometri, classificata nel primo grado penitenziario. La pandemia ha rallentato il processo di avvicinamento, ripreso solo nel giugno scorso. Tutto questo è stato visto dalla destra spagnola non come una misura propria di uno stato di diritto, ma come una concessione inaccettabile ai terroristi, col solo obiettivo di garantire il sostegno parlamentare al governo. Così, oggi che l’Eta non esiste più, la destra spagnola si preoccupa di resuscitarla, anche a costo di banalizzare la memoria e il dolore delle vittime.

Il processo di pace

L’Eta, sigla che sta per “Euskadi ta askatasuna”, “Paesi Baschi e libertà”, nasce nel 1959 in pieno regime franchista, per lottare contro la dittatura e creare uno stato basco indipendente formato dai paesi baschi del nord della Spagna e da quelli del sud est. Nel corso della sua esistenza, ha generato 3.500 attentati in cui hanno perso la vita 864 persone e diverse migliaia ne sono rimaste ferite. Lo scorso 21 novembre, ricorreva il ventesimo anniversario dell’assassinio del socialista catalano Ernest Lluch, ucciso all’età di 63 anni, a Barcellona, da un commando dell’Eta che lo aspettava nel garage sotto casa. Lluch, stimato intellettuale e uomo del dialogo, era stato ministro della Sanità nel primo governo di Felipe González e aveva contribuito alla modernizzazione della Spagna istituendo il sistema di salute pubblica universale.

Il suo assassinio, in quel novembre del 2000, commosse la società catalana che si ritrovò in piazza a Barcellona in una mobilitazione moltitudinaria contro il terrorismo e per la soluzione dialogata del conflitto basco. Parole d’ordine che il socialista José Luis Rodríguez Zapatero fece proprie, vincendo le elezioni del 2004 e avviando, dal governo, il cosiddetto “processo di pace”, che aveva l’obiettivo di risolvere il conflitto basco attraverso il negoziato con la banda terrorista. Quell’iniziativa si vide frustrata nel 2006 dall’attentato dell’Eta al terminal T4 dell’aeroporto Barajas di Madrid. Ciò nonostante, quel tentativo rese possibile l’evoluzione della fase successiva che, passando per il cessate il fuoco permanente nell’ottobre 2011 e l’addio alle armi nell’aprile 2017, culminò con la dissoluzione dell’organizzazione terrorista nel maggio 2018, dichiarata a Kanbo, nei paesi baschi francesi.

Immaginario pop e riconciliazione

Per ricordare la figura di Lluch nei giorni del suo anniversario, le televisioni pubbliche catalana e spagnola hanno mandato in onda il documentario diretto da Josep Morell e Jordi Vilar “Ernest Lluch, libero e audace”, già presentato in diversi festival cinematografici. Non è questa la prima opera audiovisiva in Spagna che tratta del terrorismo basco, tema che fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile raccontare. È andata infatti crescendo una corposa filmografia sull’argomento, come a voler accompagnare il bisogno di riconciliazione e di verità della società basca, con l’immediatezza che il cinema vanta nei confronti della letteratura.  Nel 2020, ci sono state diverse produzioni sullo schermo dedicate all’epoca del terrorismo basco. Quella di maggior successo è rappresentata dalla serie televisiva di otto episodi “Patria”, andata in onda sulla piattaforma digitale HBO, tratta dall’omonimo romanzo di Fernando Aramburu: la storia di due donne, un tempo amiche, e delle loro famiglie che il terrorismo separa collocandole su fronti opposti. Uscito nel 2016, il romanzo è diventato famoso soprattutto grazie alla riduzione cinematografica, apprezzata anche al festival di San Sebastián dello scorso anno.

Alfredo Pérez Rubalcaba, scomparso nel 2019, ex ministro degli Interni con Zapatero, era solito affermare che l’Eta, sconfitta dalla fermezza democratica dello stato, fosse già finita nel 2011 con il cessate il fuoco permanente, ben prima dunque della sua dissoluzione formale nel 2018. Perché, diceva, da allora erano cessate la violenza, la paura e l’estorsione e si poteva cominciare a godere finalmente della pace. Anche Oskar Matute riconosce che, per la società basca, a segnare la fine dell’Eta è l’annuncio della tregua totale e illimitata nel 2011. Ma il dirigente basco sostiene che ciò fu possibile per l’unilateralità del processo messo in moto dall’organizzazione terrorista basca e dal suo intorno, indipendentemente dallo stato. Tutti d’accordo dunque su quando datare la fine effettiva dell’Eta, anche se con differenti narrazioni circa le ragioni dell’approdo. L’elaborazione dell’epilogo, attraverso il racconto di una fiction, ha però richiesto alcuni anni in più.

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