Continua lo scontro tra Istituzioni europei e BigTech. Ventotto europarlamentari di diversi gruppi politici, guidati da Sandro Ruotolo e Pierfrancesco Maran, hanno scritto alla commissaria e vicepresidente esecutiva della Commissione Ue Henna Virkkunen per chiedere conto di un’indagine che, a un anno di distanza, rischia di arenarsi nel silenzio: quella aperta contro Meta per possibile violazione del Digital Services Act, in relazione alla gestione opaca e automatizzata dei contenuti politici su Facebook, Instagram e Threads per centinaia di milioni di cittadini europei.

Al centro della denuncia, l’accusa alla multinazionale americana di modulare la visibilità dei contenuti politici con algoritmi non trasparenti, senza che utenti e creator siano informati o abbiano strumenti per difendersi. Un meccanismo – sostengono i firmatari – che penalizza sistematicamente l’informazione politica e premia, invece, post estremamente violenti, operando così una manipolazione selettiva e occulta dell’informazione politica su scala europea.

Non è la prima volta che il tema arriva nelle istituzioni. Già nel 2023, 43 parlamentari italiani – di maggioranza e opposizione – avevano presentato un esposto ad Agcom denunciando il rischio di manipolazione dell’opinione pubblica e quindi l’inquinamento del sistema democratico da parte di Meta. E oggi, in Parlamento, due proposte di legge – una a firma Furfaro (Pd), l’altra di Kelany (Fdi) – mirano proprio a impedire che Meta continui a oscurare contenuti politici senza trasparenza né contraddittorio.

Nel testo, che pubblichiamo integralmente, i firmatari chiedono alla Commissione a che punto sia l’istruttoria, se Meta abbia modificato le sue pratiche e quali misure si intendano adottare per evitare che il voto europeo venga inquinato da una manipolazione invisibile ma sistemica del dibattito online.
 



Gentile Henna Virkkunen, Vicepresidente esecutiva della Commissione europea e Commissaria europea per le tecnologie digitali e di frontiera.

L’Unione Europea si trova in un momento cruciale: è chiamata ad affermare il proprio ruolo strategico a livello globale, rafforzando al contempo la coesione interna. Tra le sfide più pressanti ve n’è una più silenziosa ma altrettanto decisiva: la salvaguardia dello spazio digitale europeo e delle sue infrastrutture critiche.
Nell’attuale contesto iperconnesso, le piattaforme digitali private esercitano un’influenza senza precedenti sul discorso pubblico. Se non regolamentato, questo potere rischia di generare conseguenze gravi.

È in quest’ottica che accogliamo con favore il lavoro svolto dalla Commissione sul Digital Services Act (DSA), primo sforzo normativo concreto volto a rendere le grandi piattaforme responsabili nei confronti dei cittadini europei.
Tuttavia, all’interno di questo importante quadro normativo, una questione specifica rischia oggi di passare in secondo piano: la gestione opaca e algoritmica dei contenuti politici da parte di Meta Platforms Inc.

A partire dal 2021, in seguito all’assalto al Campidoglio, Meta ha sviluppato e introdotto progressivamente una policy nota come “political content approach”.
Questa policy modifica la visibilità dei contenuti politici sulle principali piattaforme di Meta — Instagram, Threads e Facebook — in modo non trasparente e senza informare direttamente gli utenti.

Seppur animata da intenti condivisibili, come contrastare la disinformazione e l’incitamento all’odio, la sua applicazione ha evidenziato aspetti problematici che vanno affrontati con urgenza, a cominciare dalla modalità opaca con cui viene attuata.

L’intervento di Meta, nato con l’obiettivo dichiarato di rendere le piattaforme “meno divisive”, si traduce oggi in una gestione algoritmica e non trasparente dei contenuti di carattere politico, civico e sociale.
Studi recenti — inclusi quelli condotti in Italia — mostrano come i contenuti pubblicati da rappresentanti politici riconosciuti vengano sistematicamente penalizzati senza alcuna spiegazione, mentre post contenenti disinformazione o incitamento all’odio, pubblicati da influencer o utenti comuni, continuano a essere promossi per massimizzare l’interazione.
I contenuti politici vengono dunque attivamente nascosti, mentre contenuti divisivi o nocivi continuano a circolare.

Inoltre, sorgono fondati dubbi sul possibile trattamento di dati sensibili degli utenti. Meta ha dichiarato pubblicamente che la pubblicazione di contenuti politici può influire sulla visibilità degli account professionali su Instagram, lasciando intendere un meccanismo di tracciamento e profilazione basato sulle opinioni politiche.
Tali pratiche, realizzate senza avviso agli utenti, criteri pubblici o possibilità di ricorso, rischiano di compromettere la libertà di espressione e l’equità del dibattito democratico.
Ad esempio, resta ignoto in che modo Meta definisca un “contenuto politico”, se alcuni temi vengano penalizzati più di altri o secondo quali standard interni vengano prese tali decisioni.

Per tutti questi motivi, accogliamo con favore la decisione della Commissione, datata 30 aprile 2024, di aprire un procedimento formale nei confronti di Meta nell’ambito del Digital Services Act, anche in relazione al suo “approccio ai contenuti politici”.
Tuttavia, nonostante l’apertura del procedimento, vi sono indizi che suggeriscono come Meta continui a esercitare un controllo algoritmico selettivo, decidendo unilateralmente quali contenuti politici promuovere e quali sopprimere, senza garantire trasparenza procedurale né equità.

A oltre un anno dall’avvio del procedimento, con questa lettera intendiamo sollecitare una costante attenzione su questa specifica questione e sull’andamento dell’indagine in corso, chiedendo inoltre un aggiornamento sullo stato dell’istruttoria e sui prossimi passaggi previsti.
In particolare, chiediamo:

Quando è prevista la pubblicazione delle conclusioni preliminari da parte della Commissione e una decisione in merito alla possibile violazione del DSA da parte di Meta?

Quali ulteriori misure sta valutando la Commissione per garantire che le piattaforme online di grandi dimensioni limitino efficacemente la diffusione di disinformazione e hate speech, senza però compromettere il dibattito politico legittimo?

Ringraziandovi per l’attenzione, rinnoviamo la nostra piena fiducia nel vostro costante impegno su questo tema.

Cordiali saluti,

1. Sandro Ruotolo (S&D, Italy)
2. Pierfrancesco Maran (S&D, Italy)
3. Christel Schaldemose (S&D, Denmark)
4. Brando Benifei (S&D, Italy)
5. Giorgio Gori (S&D, Italy)
6. Maria Grapini (S&D, Romania)
7. Pina Picierno (S&D, Italy)
8. Anthony Smith (Left, France)
9. Marco Tarquinio (S&D, Italy)
10. Virginijus Sinkevicius (Greens, Lithuania)
11. Kim Van Sparrentak (Greens, The Netherlands)
12. Sandro Gozi (Renew Europe, France)
13. Birgit Sippel (S&D, Germany)
14. Pernando Barrena (Left, Spain)
15. Elizabeth Grossmann (S&D, Austria)
16. Francois Kalfon (S&D, France)
17. Elena Sancho Murillo (S&D, Spain)
18. Reiner Van Lanschot (Greens, The Netherlands)
19. Pierre Jouvet (S&D, Austria)
20. Emma Rafowicz (S&D, France)
21. Veronika Cifrová Ostrihoňová (Renew Europe, Slovakia)
22. Lucia Yar (Renew Europe, Slovakia)
23. Laura Ballarin Cereza (S&D, Spain)
24. Alessandra Moretti (S&D, Italy)
25. Irene Tinagli (S&D, Italy)
26. Joanna Scheuring-Wielgus (S&D, Poland)
27. Andrey Kovatchev (EPP, Bulgaria)
28. Jean-Marc Germain (S&D, France)

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