La crisi ucraina riguarda l’Europa, o almeno è così che la pensano gli europei secondo un sondaggio condotto da Ecfr a fine gennaio. Assieme al quadro geopolitico cambia anche la percezione collettiva.

L’ordine a rischio

«Interpretiamo i dati così: gli europei considerano una invasione russa dell’Ucraina come un attacco non soltanto a un paese vicino ma allo stesso ordine di sicurezza europeo». Così Ivan Krastev, che presiede il Centre for liberal strategies, e Mark Leonard, che ha fondato e dirige lo European council on foreign relations, commentano i risultati del sondaggio. L’indagine copre il nostro paese, Francia, Germania, Finlandia, Romania, Polonia e Svezia: non tutta l’Unione europea, ma paesi che da soli pesano i due terzi della sua popolazione. E gli intervistati convengono su alcuni punti chiave: anzitutto, che la guerra in Europa non è più qualcosa di impensabile. Poi, che «all’aggressione russa bisogna rispondere». Sugli effetti che la crisi può scatenare, e sulla disponibilità a pagarne i costi, le sfumature cambiano in base ai paesi. Ma «è impressionante che così tanti intervistati, tra gli europei, non importa se a nord, sud, ovest o est, ritengano che l’ordine di sicurezza europeo vada difeso». Questa crisi ucraina non è analoga a quella del 2014 anche perché «stavolta gli europei vedono il conflitto come una crisi europea», dicono Krastev e Leonard. Se già a gennaio gli intervistati consideravano probabile un’invasione russa, la maggior parte degli europei ha le idee chiare su chi debba difendere l’Ucraina: sei su dieci dicono che è opportuno che lo facciano sia la Nato sia l’Unione europea.

La linea dura

La Polonia e i paesi baltici, che hanno sperimentato nel corso della loro storia la dominazione russa, e che territorialmente sono vicini a Bielorussia e Ucraina, sono tra gli stati membri dell’Ue con una posizione più dura verso Mosca. Nell’Ue, sono pure tra quelli che più spingono per misure dure contro Mosca e per un coinvolgimento diretto a favore di Kiev. Varsavia, che ha la presidenza di turno dell’Osce, è legata sempre più a doppio filo agli Usa. Da Washington compra carri armati e sempre dagli Usa ha ricevuto sul suo suolo in queste settimane migliaia di soldati. In queste ore, i 5mila soldati Usa arrivati la scorsa settimana nel paese stanno aiutando il governo polacco a organizzare centri di accoglienza per chi fugge dall’Ucraina, in caso l’invasione inneschi un esodo di massa. Per la Polonia la guerra è praticamente in corso, e la riguarda: i dati lo confermano, già a gennaio oltre il 70 per cento di intervistati (più che negli altri paesi interessati dal sondaggio) riteneva l’invasione russa dell’Ucraina probabile.

Il 65 per cento di polacchi è convinto che il proprio paese debba difendere direttamente Kiev, diversamente da tedeschi, italiani e finlandesi. A differenza di questi ultimi, e dei francesi, i polacchi sono disposti ad affrontare tutti i costi della crisi: economici, energetici, informatici, migratori e militari. Tra i paesi coinvolti nel sondaggio, Polonia, Svezia e Romania sono pronti a correre questi rischi: credono che l’alternativa, cioè non reagire a Mosca, possa avere costi persino più elevati.

I dialoganti e l’Italia

Così non vale, invece, per quei paesi i cui governi – e a quanto pare anche gli abitanti – sono più inclini a mantenere un canale di dialogo con Mosca. Assieme ai tedeschi, gli italiani sono tra i più timorosi delle conseguenze della crisi sul fronte energetico: ben il 68 per cento, il che riflette la percezione della nostra dipendenza dal gas di Mosca. Anche i francesi non ritengono che valga la pena correre troppi rischi, fossero anche solo economici. Mentre in Polonia, avamposto della «linea dura», questa linea intransigente è condivisa in modo trasversale tra i sostenitori dei vari partiti, nei paesi «dialoganti» invece il quadro è composito. A Berlino ad esempio gli elettori di estrema destra (Afd) non vogliono che il proprio paese si schieri per Kiev, mentre a Parigi chi sostiene Marine Le Pen ed Éric Zemmour è diviso sul tema. E l’Italia? Anche il bacino leghista si divide. I dati Ecfr dicono pure che il 55 per cento degli elettori del Pd vuol vedere Roma schierarsi in difesa dell’Ucraina, mentre il 54 per cento di supporter di Fratelli d’Italia dice di no.

La svolta negli Usa

Ciò che accomuna tutti è percepire la crisi ucraina come una messa in discussione dell’ordine in tutta Europa. Interessante lo slittamento parallelo dell’opinione pubblica negli Stati Uniti. Qui, fino a cinque anni fa, quasi quattro elettori democratici su dieci consideravano la Russia come il più grande pericolo per gli Usa. Lo rilevavano i ricercatori del Pew Research Center: numeri così non li si vedeva dalla fine degli anni Ottanta. Qualche anno – e un nuovo presidente – dopo, gli americani hanno cambiato punto di vista. Fino a metà gennaio, prima cioè che la Casa Bianca mettesse in allerta le proprie truppe, ma quando le tensioni tra Washington e Mosca erano già nitide, un nuovo sondaggio Pew ha fotografato il cambio di percezione. La Russia, più che un nemico, è diventata uno sfidante. Ben il 49 per cento di americani considera la Russia come «un competitor» degli Usa. Un approccio dominante, mentre il 41 per cento continua a considerare Mosca «un nemico».

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