L’altra eccezione di Nicolas Sarkozy, primo ex presidente in galera e rapidissimo a uscirne

Alle tre e mezza del pomeriggio di lunedì, a bordo di una vettura coi vetri oscuranti come la pece, Nicolas Sarkozy è tornato da dove era arrivato il 21 ottobre: nella sua lussuosa abitazione a villa Montmorency, il quartiere per miliardari della capitale francese. Tanto è inedito che un ex presidente della Repubblica francese sia stato condannato a cinque anni di carcere, quanto è fulmineo il tempo in cui il sempre influente Sarkò vi è rimasto: appena una ventina di giorni. Così come eccezionali sono state le condizioni di questa sua permanenza. Deve averlo avuto ben presente anche la corte d’appello di Parigi, che questo lunedì ha accettato di mettere Sarkozy in libertà almeno fino al processo d’appello che si terrà a marzo, ma che non ha mancato di corredare la propria decisione con un divieto del quale finora in Francia non si era vista la necessità: vietati gli incontri del condannato con il ministro della Giustizia Gérald Darmanin, che è guarda caso pure l’ex portavoce sarkoziano. Sarkozy, il Louvre e altri disastri: la fine di regime tragicomica di Macron Parentesi (gatta)buia «Non c’è rischio di alterazione delle prove, di pressione e concertazione, né si giustifica secondo alcun criterio la permanenza in detenzione nell’attesa dell’appello»: così questo lunedì la corte ha accolto la richiesta di rimettere in libertà l’ex presidente; il quale resterà sotto controllo giudiziario, incluso il divieto di lasciare la Francia (ma con possibili eccezioni temporanee in caso di conferenze all’estero). «Tutto normale», secondo l’avvocato. «Decisione giusta», secondo svariati esponenti delle destre. «Trattamento particolare» e «giustizia di classe» secondo il deputato insoumis Ugo Bernalicis, che conosce bene la Santé: ne ha denunciato il generale sovraffollamento e l’impossibilità di accesso ai giornalisti, ciò mentre l’ex presidente oltre ad avere una cella per sé in una unità speciale, ha potuto anche avere a sua disposizione due guardie del corpo diverse dal personale carcerario. Già nel 2024, Nicolas Sarkozy era scampato al carcere nell’ambito di un altro dei tanti casi nei quali è implicato, l’“affaire des écoutes” o “affaire Bismuth”: lì l’ex presidente se l’era cavata col braccialetto elettronico. Ma questo 25 settembre è tornato a tormentarlo l’”affaire libico”, scoperchiato dal 2012 dalla testata Mediapart, contro la quale si è rivolta di recente la stizza di Carla Bruni (con lo strappo di microfono) e che sollevò il caso di versamenti occulti milionari arrivati dal regime di Muammar Gheddafi a sostegno della campagna presidenziale di Sarkozy del 2007. In fin dei conti anche quest’autunno gli è andata bene, o non troppo male: ha schivato il verdetto di «finanziamento illegale di campagna» o «corruzione passiva». Gli è rimasta incollata però la condanna a cinque anni di carcere per «associazione a delinquere». La sua potente squadra di avvocati – come ha ricordato questo lunedì uno di loro – è «concentrata ora sul processo in appello», previsto per marzo. Dall’Eliseo al carcere: il futuro di Nicolas Sarkozy (e la stizza di Carla Bruni) Ma nel frattempo c’è stata da risolvere la parentesi (gatta)buia: il 13 ottobre è stato notificato al presidente che una settimana dopo avrebbe dovuto effettivamente entrare alla Santé. Già prima dell’effettivo ingresso, avvenuto il 21 ottobre, il Guardasigilli in persona Gérald Darmanin – ex portavoce e tuttora amico di Sarkò, trasferitosi dagli Interni alla Giustizia proprio nei mesi delle sentenze su Le Pen e Sarkozy – si è allertato per assicurare all’ex presidente «protezione particolare» e «garanzie di sicurezza», garantendo di fargli visita. Neanche cinque giorni prima dell’ingresso in carcere, Emmanuel Macron stesso ha voluto ricevere il suo predecessore all’Eliseo (omettendo di dare pubblicità all’incontro, che è stato rivelato dalla stampa). «Scriverò un romanzo», aveva annunciato l’ex presidente Sarkozy al suo ingresso in galera, dichiarando l’intero paese «umiliato» dalla propria condanna e facendo sapere le sue letture in carcere: biografia di Gesù e Il conte di Montecristo, accusato ingiustamente. «Un incubo»: così aveva poi definito l’esperienza in cella. Il risveglio? È rapidissimo.