La presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, se la prende con gli «attori maligni nei paesi terzi», quando interviene, questo lunedì in aula, sullo scandalo Qatar, e cioè – per dirla con la precisione delle autorità belghe – sulla «influenza esercitata da un paese del Golfo sulle decisioni economiche e politiche dell’Europarlamento, esercitata versando soldi o regali importanti a figure politiche o strategiche dentro l’emiciclo europeo». Ma questo è anzitutto uno scandalo nostrano, e non certo perché il Qatar neghi ogni coinvolgimento. Il punto è che è il parlamento europeo a essere messo a soqquadro. In tutti i sensi: questo lunedì ci sono state altre perquisizioni, dopo quelle di venerdì.

C’è una vicepresidente – che ormai è costretta a lasciare quel ruolo – a essere stata colta in flagrante, con sacchi di denaro in casa. C’è un gruppo politico, quello socialdemocratico del quale fa parte il Pd, a uscire a pezzi dal caso per ora, anche se c’è pure un’altra famiglia politica, quella popolare di cui Metsola fa parte, che era contraria a portare in aula subito una risoluzione sul tema, e che da tempo annacqua l’iniziativa di un comitato etico indipendente per evitare le commistioni di interessi.

Insomma, il pasticcio è tale che la istituzione europea storicamente più avanti sul fronte della lotta per i diritti si ritrova sbeffeggiata dall’autocrate per eccellenza. «E questo sarebbe l’Europarlamento che si diceva seriamente preoccupato per la corruzione ungherese!», twitta con tanto di meme Viktor Orbán, che proprio in questi giorni sta provando a spuntarla sui fondi europei a rischio per le violazioni dello stato di diritto in Ungheria. Anche se bisogna aspettare la conclusione delle indagini per definire il perimetro delle responsabilità individuali e collettive, il danno di immagine per l’organo democratico europeo è grave.

Terremoto socialista

«Questo è un giorno buio per le istituzioni europee e per la nostra famiglia politica», ha commentato la capogruppo socialista Iratxe García Pérez, dando poi il via a un repulisti simbolico.

Deve lasciare la vicepresidenza e altri incarichi rappresentativi del gruppo Eva Kaili, trovata col contante e travolta dall’indagine come il compagno Francesco Giorgi, che era assistente di Antonio Panzeri, fulcro dello scandalo, e che con lui lavorava nella ong Fight Impunity, la presunta scatola corruttiva. Si è sospeso dal gruppo socialista il belga Marc Tarabella, Maria Arena non è più a capo della commissione Droi, e Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa poi eletto col Pd, lascia il ruolo di relatore ombra sulla liberalizzazione dei visti perché ha tra gli assistenti Giuseppe Meroni, ex assistente di Panzeri.

Tira il fiato inoltre Luca Visentini, che non è nell’Europarlamento ma che è il volto del sindacato internazionale. C’era anche lui tra i fermati di venerdì scorso per lo scandalo Panzeri-Qatar. «Io per primo sono scioccato. Ero stato a qualche evento ma non ho mai avuto idea che si trattasse di una rete di corruzione», ha detto nell’intervista a Domani. «Sulla base dei chiarimenti che ho fornito, sono stato rilasciato questa domenica, senza essere formalmente accusato di nulla».

Intanto però le indagini sullo scandalo qatariota continuano e hanno portato, questo lunedì, a ulteriori perquisizioni che riguardano l’Europarlamento.

Penetrazioni e influenze

«È da un anno che chiedo di avere in plenaria un dibattito e una risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Qatar in vista dei Mondiali di calcio. Ogni volta, questo è stato sistematicamente bloccato dai socialdemocratici e dai popolari europei», racconta la capogruppo della sinistra francese, Manon Aubry. Che formula un j’accuse circostanziato.

Racconta i tentativi di abboccamento che ha ricevuto – e respinto – da parte dell’ambasciata qatariota, e soprattutto descrive in quali punti dell’iter europarlamentare alcuni eurodeputati hanno provato ad annacquare ed edulcorare passaggi di condanna nei confronti del Qatar. «Grazie a 16 voti e all’assenza degli eurodeputati di destra, siamo riusciti a ottenere una risoluzione. Questo ha segnato l’inizio di negoziati e discorsi stravaganti che hanno lasciato pochi dubbi, in chi assisteva, sul fatto che il Qatar stesse comprando l’influenza europea».

Ormai lo scandalo è deflagrato, e cosa succede quindi? Questo lunedì a Strasburgo la sinistra, guidata da Aubry, ha chiesto di avere dibattito e risoluzione in settimana su quello che è stato ribattezzato come “Qatargate”. Ci saranno entrambi, ma va segnalato che la famiglia popolare, presidente Manfred Weber incluso, con la motivazione di aspettare, ha votato contro la proposta della risoluzione in settimana.

E l’etica?

Resta poi una questione di fondo: a prescindere da quanto ampio si rivelerà il coinvolgimento degli eurodeputati nel caso di corruzione, sarebbe stato possibile prevenirlo?

Le associazioni che si battono contro l’influenza dei gruppi di interesse, e gli eurodeputati impegnati sul tema, come il verde Daniel Freund, insistono che serve un comitato etico indipendente.

Olivier Hoedeman del Corporate Europe Observatory ricorda che «il Ppe ha indebolito la proposta dell’Europarlamento per un independent ethics body nell’estate 2021». Freund torna all’assalto, quindi: «Serve un organo dotato di poteri incisivi».

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