Colto con le mani sporche di sangue mentre prova a scappare dalla finestra durante un’orgia omosessuale: finisce così la carriera di József Szájer, uno degli uomini di fiducia di Viktor Orbán, suo ufficiale di collegamento a Bruxelles, quarta tessera del partito Fidesz, la moglie presidente del consiglio superiore della magistratura ungherese.

Venerdì sera la polizia belga ha fatto irruzione in rue des Pierres, quartiere gay della capitale, cogliendo in flagrante un’orgia di venticinque uomini tra i quali alcuni diplomatici; le prime indiscrezioni indicano che fra questi vi fossero dei polacchi. Le forze dell’ordine hanno trovato anche della droga, ma Szájer su questo nega. Per il resto, ammette tutto: il festino, le regole del lockdown infrante. «Ero presente alla festa», scrive. «Non ho consumato droghe, ho proposto alla polizia di farmi uno screening sul posto ma non lo hanno fatto»; polizia che ha trovato una pillola di ecstasy. «Non so chi l'ha messa o come. Mi dispiace di aver violato le regole, sono stato irresponsabile e ne pagherò le conseguenze anche legali». Ci sono però anzitutto quelle politiche, compresa l’incoerenza: Fidesz è un partito che conduce continui attacchi politici contro la comunità lgbt.

Del resto già domenica, prima che la testata belga Dernière Heure rivelasse lo scandalo, lui si era dimesso da europarlamentare, ruolo che ha svolto per lungo tempo, tra le file del partito popolare europeo, dove, nonostante la permanenza di Fidesz divida il gruppo, era riconosciuto anche dagli avversari come “brillante persuasore”. Poi le improvvise dimissioni: troppa pressione psicologica, non la reggo più, «mi prenderò del tempo per riflettere» aveva detto senza dare molte altre spiegazioni. 

La sua uscita di scena, e, se confermata, la presenza dei diplomatici polacchi, arriva proprio nei giorni in cui Varsavia e Budapest, unite ormai da un patto di alleanza con tanto di firme, boicottano i fondi europei, tenuti in ostaggio per impedire che la loro erogazione sia vincolata allo stato di diritto. Alcuni blog filogovernativi ungheresi, a fronte dello scandalo che sta circolando sui media internazionali, accusano “i servizi esteri”.

Il duro colpo che cade su Szájer certo si riflette anche sul premier ungherese, che - dice il professor Stefano Bottoni, autore di "Orbán. Un despota in Europa” - era «uno dei politici più influenti di Fidesz, colui che nel 2011 ha riscritto la costituzione. Soprattutto, era l’avamposto del premier in Ue. Era lui a gestire, da sempre, le ricuciture con i tedeschi».

D’un tratto, domenica, ha detto che non reggeva più alla pressione psicologica del conflitto in corso. Ora si sa che la motivazione contingente aveva a che fare con rue des Pierres.

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