le lobby e bruxelles

Lo scandalo Uber e quelle porte girevoli che l’Ue non riesce a chiudere

Neelie Kroes EU commissioner reponsible for Digital Agenda during interview at her office in European Commission headquarters in Brussels, Belgium on 16.10.2013 by Wiktor Dabkowski | usage worldwide Photo by: Wiktor Dabkowski/picture-alliance/dpa/AP Images
Neelie Kroes EU commissioner reponsible for Digital Agenda during interview at her office in European Commission headquarters in Brussels, Belgium on 16.10.2013 by Wiktor Dabkowski | usage worldwide Photo by: Wiktor Dabkowski/picture-alliance/dpa/AP Images
  • Il modo in cui Uber ha infiltrato le istituzioni europee racconta qualcosa di allarmante sulle istituzioni europee più che su Uber. Da quando i 124mila file interni dell’azienda sono stati rivelati, la friabilità degli argini tra istituzioni pubbliche e interessi privati sta scatenando reazioni anche a Bruxelles e a Strasburgo.
  • Ci sono le rivelazioni sull’ex commissaria europea Neelie Kroes: il suo controverso passaggio a Uber era già noto ma i leak rivelano dettagli ancor più compromettenti. Ma c’è pure il caso di Emmanuel Macron, che da ministro ha favorito l’azienda Usa e più di recente con la presidenza di turno ha avuto a che fare con la direttiva sulla “uberizzazione” del lavoro. «Questa è una capitale delle lobby», ha detto di Bruxelles la ombudsman Ue.
  • Le reazioni si moltiplicano, a destra e a sinistra. E la commissione von der Leyen in tutto questo che fa? Ufficialmente «chiede chiarimenti», nella pratica rinvia alcune riforme necessarie per fermare le porte girevoli. Eppure è dai tempi di Barroso che gli scandali si susseguono.

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