Un colloquio di 50 minuti con la presidente di Commissione, la partecipazione al collegio dei commissari: a Bruxelles il capo dello stato mette l’Italia al centro dei «cantieri aperti in Ue». E spinge sulle riforme
«In questi cantieri l’Italia e il suo governo è pronta a lavorare con responsabilità e concretezza al fianco delle istituzioni europee». Bisogna partire dall’ultima stringa del discorso pronunciato questo mercoledì da Sergio Mattarella davanti alla Commissione von der Leyen, per cogliere il senso politico della sua visita alle istituzioni europee, cominciata martedì con António Costa e proseguita il giorno seguente con Commissione ed eurodeputati. Mattarella mette la credibilità e il peso di un presidente della Repubblica sul posizionamento dell’Italia negli sviluppi europei. «Lei non è solo uno statista, ma anche European by heart, europeista nel profondo, e si è sempre speso per posizionare l’Italia nel cuore dell’Europa», come gli ha detto Ursula von der Leyen.
Tra i dossier c’è sicuramente la difesa, ma Mattarella fa riferimento anche ad altri cantieri «aperti dai commissari e che vanno nella giusta direzione». Tra questi, dice, «penso alle politiche migratorie», anche se dal Quirinale si attutisce il senso della frase, in direzione dei canali di migrazione regolare e non di endorsement ai vari modelli Ruanda (verso il quale tende pericolosamente la Commissione in questi giorni) o Albania.
E poi c’è «il processo di semplificazione»: la Commissione von der Leyen sta proponendo pacchetti omnibus con assiduità; lo ha fatto anche questo mercoledì, mentre Mattarella partecipava al collegio. In generale, dal Quirinale filtra il messaggio di un affiatamento “assoluto” con Ursula von der Leyen (con la quale, oltre alla partecipazione al collegio, c’è stato un colloquio durato poco meno di un’ora).
Ma gli appunti del presidente – che garantisce una continuità istituzionale nell’alternanza di governi e che era accompagnato dal ministro degli Esteri, vicepremier Antonio Tajani – lasciano trapelare anche la cifra di Mattarella. Il passaggio sulla difesa comune lo esemplifica bene, come pure la spinta per «una riforma complessiva dell’Unione», che richiama quel discorso pronunciato da Mattarella a Coimbra una settimana prima. La sua citazione del “Nessun dorma” è stata evocata, nel corso della visita, dai vertici Ue.
La difesa «comune»
A fine giugno si terrà un summit Nato (seguito da un Consiglio europeo) che formalizzerà il passaggio chiave del riassetto degli equilibri di spesa interni, con la richiesta degli Usa agli europei di aumentare le loro spese militari.
La Commissione von der Leyen ha presentato un piano di riarmo il cui prospetto (800 miliardi di spese in più) è calcolato sull’aumento dei contributi nazionali, in deroga ai vincoli sul debito o attingendo a prestiti. Questi ultimi vengono forniti tramite Safe, il braccio economico di ReArm, e proprio questo mercoledì, con toni trionfalistici, la presidenza di turno polacca dell’Ue ha annunciato il raggiungimento di un accordo tra i governi.
Mattarella, figura istituzionale e non partitica, non interviene direttamente in queste dinamiche; ma resta il garante della Costituzione e il capo delle forze armate, che presiede peraltro i consigli superiori di difesa. Nel suo intervento al collegio dei commissari, il presidente della Repubblica ha aggiunto però la sua sfumatura: quella di rimpianto per il mancato sviluppo di una difesa comune, che peraltro contribuirebbe a rendere le spese più efficienti invece di aumentarle a prescindere.
Il passaggio ufficiale è: «Ci troviamo oggi a dover colmare con urgenza i ritardi accumulati nel corso di decenni in cui gli stati membri non hanno saputo convergere su scelte condivise per rafforzare la capacità di difesa comune, malgrado la puntuale previsione dell’articolo 42 del trattato di Lisbona sulla clausola della mutua difesa».
Non solo rimpianto, ma sollecito: «La politica di sicurezza e difesa comune non può non essere adeguatamente sviluppata».
Riforme e dintorni
Mattarella spinge inoltre l’acceleratore sull’allargamento Ue – «è nostra responsabilità accelerare i concreti progressi» – e specifica che una Unione più allargata deve necessariamente essere riformata.
Nel precedente ciclo istituzionale il motore franco-tedesco si era arenato anche sulle riforme, ma da cancelliere Merz ha ripreso il tema. «Spetta a questo importante ciclo istituzionale dell’Ue compiere un salto di qualità per una riforma complessiva», invoca Mattarella.
Che da una parte ribadisce il leit motiv della competitività draghiana e appoggia la «semplificazione» di von der Leyen (quella deregulation tanto auspicata sia dal triangolo di Weimar 2.0 che da Trump stesso). Dall’altra però bilancia il suo messaggio con riferimenti a «i diritti e il benessere degli europei», alle «persone vulnerabili» e a una «Europa sempre più equa», che rispecchiano la sua anima cattolico-sociale, ma che nell’agenda di Bruxelles stanno finendo fuori pagina.
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