Una delle scene a cui nessuno in Germania è generalmente abituato è che una decisione del governo sia ritirata nel giro di quarantott’ore. Mai si era visto poi che Angela Merkel, ormai nel sedicesimo (e ultimo) anno di cancellierato, si rivolgesse al paese per chiedere scusa. La scelta repentina di imporre cinque giorni di lockdown duro intorno al weekend di Pasqua era arrivata nella notte tra lunedì e martedì, quando dopo una lunghissima trattativa con i potenti governatori dei Land Merkel aveva annunciato di voler intervenire nella maniera più netta possibile per ridurre i contagi. Secondo alcuni commentatori era il modo per riscattarsi dalla posizione di debolezza in cui la cancelliera si trovava nel confronto con i capi delle regioni, che avevano già respinto la sua proposta di introdurre un coprifuoco e hanno deciso di continuare a deliberare in maniera autonoma anche sulla riapertura delle scuole. L’annuncio ha però suscitato grosse critiche per il poco preavviso e diversi dubbi sulla chiarezza e la praticabilità delle indicazioni di Berlino. Ieri, dopo una breve comunicazione ai governatori, Merkel in una dichiarazione pubblica è tornata sui suoi passi e si è assunta tutte le responsabilità del cambio di linea. «Questo errore è mio e soltanto mio. La responsabilità finale di tutte le decisioni è mia, proprio per la natura della carica che ricopro», ha detto, chiedendo scusa alla popolazione per «l’ulteriore incertezza che ha generato» la giravolta del governo.

Il dibattito

Una scelta che è stata apprezzata da alleati e oppositori e che ha scatenato la corsa dei governatori e del vicecancelliere Olaf Scholz della Spd, che ambisce a succederle, a dichiararsi corresponsabili: resta però un duro colpo alla reputazione della cancelliera, da sempre considerata un talento nella gestione delle crisi. Stavolta però nessuno ha apprezzato la mancanza di riflessione su come mettere in pratica il piano per i giorni intorno a Pasqua. Senz’altro quella di ieri è un’ammissione di fallimento e una concessione della decisione finale sulla strategia anti-Covid ai Land, a cui resta la possibilità di implementare misure più restrittive nei giorni di festa. Ma d’altra parte, subito dopo l’annuncio televisivo la cancelliera ha affrontato un dibattito parlamentare in cui il partito liberale (Fdp) e la Linke hanno chiesto un voto di fiducia.

Una possibilità che difficilmente si concretizzerà, considerato che la maggioranza resta solida e la legislatura è oramai agli sgoccioli. La cancelliera ha dovuto affrontare accuse su una lunghe serie di temi: da quelle relative alle garanzie tedesche sul Recovery fund speso anche da altri paesi di Afd a quelle sulla trasparenza delle decisioni in tema di lockdown prese «in un circolo ristretto». Un tema caro soprattutto ai parlamentari di Fdp e Verdi, che hanno chiesto un maggiore coinvolgimento del parlamento. Questa critica in particolare è stata respinta nettamente da Merkel, che vuole mantenere come organismo principe delle scelte sul Covid-19 la conferenza coi governatori federali: secondo la legge tedesca le regioni sono infatti competenti per quasi tutti gli ambiti toccati dalle restrizioni.

L’altro tema che ha reso attaccabile Merkel è la condotta, tutt’altro che limpida, del suo partito: quasi ogni giorno emerge una nuova rivelazione su comportamenti quantomeno poco trasparenti dei parlamentari della Cdu. Diversi deputati avrebbero infatti lucrato sull’intermediazione necessaria per procurare alle aziende tedesche mascherine durante il primo lockdown. Anche il ministro della Salute Jens Spahn, che a sua volta ha assegnato una commessa importante all’azienda per la quale lavora il marito, è sotto attacco: Merkel ha cercato di aggirare le osservazioni dell’opposizione assicurando di condividere pienamente le nuove regole di trasparenza autoimposte dal gruppo parlamentare della Cdu.

Insomma, la cancelliera ne esce indebolita, ma ancora in piedi, anche se la scelta repentina del lockdown duro prima e quella di cambiare così drasticamente linea poi non hanno giovato alla fiducia, già provata, dei tedeschi nel governo.

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