Sui vaccini la Germania va da sola. Angela Merkel è in difficoltà per la prima volta in sedici anni di cancellierato e ne è prova anche l’ultimo stop alla somministrazione di AstraZeneca, oggi Vaxzevria, alle persone sotto i sessant’anni. Il blocco è arrivato con l’ennesima giravolta a cui il governo sta abituando i cittadini tedeschi: la settimana scorsa Merkel ha dovuto prendersi la colpa del cambio di linea sul repentino lockdown pasquale, unico risultato di un’interminabile riunione coi governatori dei Land.

Anche stavolta sembra che la cancelliera rincorra gli eventi, intervenendo quando alcuni Land avevano già vietato la somministrazione ai più giovani in seguito alle raccomandazioni degli ospedali universitari e della Ständige Impfkommission (Stiko), l’ente che si occupa della farmacovigilanza.

Reazione a catena

Merkel e il suo ministro della Salute Jens Spahn si sono presentati in conferenza stampa in serata, solo per imporre a livello federale una decisione che era di fatto già stata presa a livello sanitario e che comunque i governi locali erano riusciti ad anticipare rispetto a Berlino. La cancelliera sembra cedere in questo frangente alle critiche interne che hanno accompagnato tutta la gestione della seconda e terza ondata: la Cdu è data nei sondaggi al 27 per cento, in netto calo. La spinta a verificare anche il minimo rischio e mostrarsi fin troppo prudenti nella somministrazione dei vaccini («andiamo a fondo su ogni sospetto», ha detto Merkel) l’ha portata addirittura a ignorare le indicazioni dell’ente europeo competente, l’Ema. Una cosa impossibile da immaginare anche solo mesi fa. Dopotutto Merkel, anche per la sua formazione politica sotto l’ala di Helmut Kohl, è da sempre una strenua difensora del progetto europeo. Affidare a Bruxelles la trattativa per i vaccini è stata una decisione coerente con la sua linea che le ha procurato forti critiche in Germania, soprattutto quando la strategia della sua fedelissima Ursula von der Leyen si è rivelata inadeguata. E ora arriva lo scarto rispetto all’Ema che, solo poche settimane fa, aveva ribadito che non c’era alcuna controindicazione alla somministrazione. A inizio mese, quando Berlino aveva deciso il primo stop ad AstraZeneca, l’iniziativa era stata imitata, mentre stavolta non è ancora accaduto.

Anche in questo caso, però, il governo mette le deduzioni di un ente nazionale su un piano superiore rispetto alle indicazioni europee: mentre l’Ema scrive che non rileva «nessun rischio specifico» legato a età, sesso o precedente storia medica di disturbi di coagulazione, il Paul-Erlich-Institut, l’Aifa tedesca, ha conteggiato 31 casi di trombosi successive alla vaccinazione AstraZeneca, nove mortali. Di qui, la volontà del governo di andare sul sicuro. Berlino lascia aperta la possibilità di evitare la somministrazione anche ai pazienti dai 60 ai 69 anni. Mentre resta possibile vaccinare persone al di sotto del limite d’età in caso di «accettazione del rischio personale dopo un’adeguata informazione». Insomma, chi vuole può ancora farsi inoculare AstraZeneca.

I continui cambi di linea hanno portato Markus Söder, governatore della Baviera e possibile candidato alla cancelleria dei democristiani, a ipotizzare l’esclusione di AstraZeneca dai piani di vaccinazione. Söder propone di renderlo disponibile a tutti, a prescindere dalla priorità vaccinale: «Chi ha il coraggio di farselo fare, dovrebbe aver la possibilità di vaccinarsi».

Un tono che suggerisce decisamente meno fiducia di quanta ne dimostra l’Ema.

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