Necrologi ed eredità, così i soldati morti in Ucraina si possono “contare”

Due telefonate. A sole 48 ore l’una dall’altra. Ai due capi della linea il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il capo della Casa Bianca, Donald Trump. Due telefonate che sono il segno che qualcosa di importante sta bollendo in pentola, al di là delle dichiarazioni ufficiali. «Una conversazione molto produttiva», giura il leader ucraino, secondo il quale si è parlato anche del «rafforzamento delle nostre capacità - nella difesa aerea, nella resilienza e nelle capacità a lungo raggio». Ebbene, difficile che sia un caso che nelle stesse ore il Cremlino abbia sentito la necessità di ribadire la sua «estrema preoccupazione» circa la possibilità che gli Usa mandino alle forze di Kiev i missili Tomahawk, appunto a lungo raggio. «Ora è davvero un momento molto drammatico in termini del fatto che le tensioni si stanno intensificando da tutte le parti», ha detto il portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov. L’escalation diplomatica e militare, inutile dirlo, s’imprime a raggiera sulle storie di centinaia di migliaia di russi e di ucraini. Molto spesso storie di vittime. Come questa: si chiamava Zelens'kyj, come il suo presidente, ma il suo nome era Valerij, scritto alla russa, perché l’ucraino non lo aveva imparato bene. Era di Mariupol e Mariupol l’ha difesa fino alla cattura, fino a farsi 39 mesi di prigionia e atroci torture. Liberato lo scorso maggio, dopo appena 22 giorni il suo cuore non ha retto e si è fermato. Un cuore lo aveva anche Ol’ga Sharypova. Anche il suo ha detto no. Piangeva sulla tomba del figlio, in Transbajkalia, nella Russia più profonda, a migliaia di chilometri dal fronte che glielo aveva portato via. Giusto il tempo del funerale, e pure il cuore dell’altro figlio, Evgenij, si è dimesso dal mondo. Altro infarto, altra famiglia distrutta. La storia di Alex, l’italiano che mappa le rovine di Mariupol, la città distrutta da Mosca Conteggi differenti Di storie così sono pieni i giornali russi e ucraini. Dozzine, centinaia, migliaia di storie che compongono un quadro poco raccontato ed estraneo alle statistiche. Perché mentre la mattanza russo-ucraina trascina il suo stancante destino oltre il quarto anno di conflitto, forse chi la guarda solo con gli occhi della tv, chi magari gira canale, non ha ben chiaro che probabilmente non bastano cinque o sei Palestine per dar conto dello sterminio in corso tra Kiev e Mosca. Di report sulla stima dei morti russo-ucraini ce ne sono tanti, nessuno dei quali può dirsi tuttavia attendibile. Il motivo è semplice: entrambi le parti, sin dal 2014, si vergognano dei morti, li nascondono per non dare la dimensione della propria potenziale vulnerabilità. Così si va dai 250.000 morti (solo russi) del report di giugno del Csis (Center for Strategic and International Studies), fino ai 950.000 tra morti e feriti (sempre solo russi) accreditati da un report dell’intelligence di difesa inglese (maggio 2025). Odessa, un obitorio fra i treni: il pool che dà un nome ai soldati In mezzo, una moltitudine di altre stime, tra le quali spicca per interesse metodologico quella di due testate di giornalismo investigativo, Meduza e Mediazona, che hanno combinato i dati dei necrologi social e quelli del Registro nazionale delle successioni della Federazione russa. Da quest’ultimo, hanno recuperato i nomi dei morti e l’età, calcolandone poi la devianza rispetto alla mortalità femminile. Ebbene, i morti russi per la guerra in Ucraina sarebbero intorno a 220.000. Poi c’è l’altra parte, quella ucraina. Secondo il The Economist, i combattenti ucraini morti nel conflitto sarebbero tra i 60.000 e i 100.000, mentre i feriti arriverebbero a 400.000 (analisi condotta in base a diversi report di intelligence). Secondo Al Jazeera la cifra dei decessi dovrebbe invece essere portata a 80.000. Quale che sia l’entità più vicina al dato reale, suonano davvero surreali le cifre fornite da Putin (nessuna, si è limitato una volta a dire che «le perdite ucraine sono 5 volte quelle russe») e da Zelensky (45.000 morti ucraini). Di più: sembra oltre il plausibile che la conta Onu (ufficio per i diritti umani) dei soli civili uccisi sia ferma a poco più di 14.000 civili, cifra grosso modo sovrapponibile a quella del periodo 2014-2022, con l’aggiunta che solo in quegli anni i rifugiati interni sono stati più di 1 milione (in gran parte ucrainofoni) e che i russofoni migrati in Russia e Bielorussia hanno raggiunto quasi quota 800.000. Se su questo scenario si caricano tonnellate di esplosivi, dozzine di migliaia di bombe, altri 3,7 milioni di sfollati interni, 6,9 milioni di ucraini scappati all’estero, 2 milioni di case distrutte (il 10 per cento del patrimonio abitativo), la dimensione realistica del massacro in corso non deve essere molto lontana da quella che calcolano gli osservatori esterni indipendenti. Ucraina sotto le bombe, civili nel mirino. Salvi 110 scout italiani. Zelensky: «Manca risposta degna a Putin» Chi può combattere? E poi c’è un dato: al di là delle parole delle parti in causa, la voglia di continuare a combattere è sempre merce più rara. Per ogni video Telegram su qualche renitente alla leva ucraino costretto a forza ad andare al fronte, c’è il milione di russi che è scappato all’estero per sottrarsi alle armi. Per ogni inasprimento delle pene verso il personale militare ucraino che protesta (legge dello scorso settembre), c’è l’allettante assegno russo per chi si arruola, da straniero, come volontario per il fronte (da poco il governatore di Rjazan ha alzato la cifra di sette volte, portandola a circa 6.100 euro), per ogni protesta a Kiev al fine di mettere un limite obbligatorio alla mobilitazione (18 mesi) ci sono i 440 denunciati in Russia per attacchi e incendi dolosi ai centri di reclutamento e alle ferrovie. La Crimea? Fu l’ultimo “regalo” di Putin al padre morente Su tutto, si allunga l’ombra di due paesi che sono arrivati alla guerra con una società da figlio unico (1,16 figli per donna in Ucraina e 1,5 figli per donna in Russia) e nella quale non tutte le vite contano allo stesso modo. Altrimenti non si spiegherebbero i tanti uomini ucraini in giro per l’Europa così come non si spiegherebbe perché, da parte russa, al fronte muoiono 28,4 giovani uomini ogni 10.000 se i mobilitati vengono dalla lontanissima Buriazia, 1,4 se vengono da San Pietroburgo e 0,3 se vengono da Mosca (dati estratti in base al nome dei morti grazie a un’inchiesta della Bbc e di Mediazona). A proposito del conflitto, Donald Trump stranamente ripete spesso un concetto: «Troppe vite si stanno inutilmente perdendo per questa guerra». Si tratta di un’affermazione che si è quasi sempre risparmiato nei confronti del Medio Oriente. Se si esclude – e si può anche non escludere – che agli occhi del presidente americano i morti palestinesi siano morti di serie B, l’unica altra ipotesi è che la Casa Bianca abbia dati sufficienti per accorgersi che sul fronte orientale dell’Europa si sta aprendo una voragine demografica. Comunque vada a finire, i suoi effetti riguarderanno diverse generazioni.