Venerdì sera Éric Zemmour saluta dal balcone del piccolo municipio di Honnecourt-sur-Escaut, la sua figura esile e occhialuta è quasi invisibile dal piazzale dove si sono radunati una trentina di sostenitori della regione, e altrettanti giornalisti di tutti i più importanti media francesi.

Ufficialmente, Zemmour è venuto per ricevere il parrainage, il patrocinio del sindaco locale: servono 500 sponsor per potersi candidare all’Eliseo. Ma è qui soprattutto per sfidare la sua principale avversaria, la leader del Rassemblement national Marine Le Pen, nel cuore di uno dei suoi principali bacini elettorali. 

(Zemmour con il sindaco Golebiewski. Foto Filippo Ortona)

Giornalisti, luogotenenti della campagna di Zemmour e sostenitori vari hanno quasi tutti l’aria fuori luogo, in questo paesino che, come riferisce l’oste dell’unico bistrot del paese, vanta 750 anime per lo più dedite all’agricoltura. Siamo a metà strada tra Parigi e Lille, in una delle grandi zone rurali francesi, dove però s’incrocia il passato industriale che caratterizza le regioni settentrionali.

Da decenni, Marine Le Pen ottiene in queste zone i suoi migliori risultati elettorali. Ora che i sondaggi indicano un testa a testa tra i due candidati della destra radicale, Zemmour spera di riuscire proprio qui il sorpasso definitivo. Sollecitato sul punto, Antoine Diers, portavoce della campagna di Zemmour, sorride. «Éric è l’unico candidato dell’unione di tutte le destre», dice. 

La scommessa del sorpasso

(Foto Filippo Ortona)

Nel 2017, il Front national (oggi Rassemblement national) era arrivato al secondo turno, ma era stato poi sbaragliato da Emmanuel Macron. Quel fallimento ha deluso più di un supporter, come Sylvain, 28 anni, che aveva all’epoca militato per la Le Pen e ora fa parte di un gruppo di giovani militanti pro Zemmour. È ormai convinto che sia il solo a permettere di «uscire dalla spirale dell’insuccesso». È una questione di «personalità perché alla fine i programmi sono simili», dice.

Oltre alla «personalità», a separare Marine Le Pen e Éric Zemmour, agli occhi dei partecipanti al comizio, è anche la carriera, politica dell’una, mediatica dell’altro. Zemmour «ha un carisma, un modo di dire le cose estremamente diretto, mentre Le Pen è una politica professionista», dice Pascal Le Maire, maestro elementare in pensione.

Come altri suoi ex colleghi della regione, è stato selezionato dalla campagna del candidato per partecipare a una tavola rotonda sull’istruzione pubblica. Si definisce semplice «simpatizzante» di Zemmour, «però quello che dice mi fa riflettere, in particolare sulla mancanza di autorità, dentro e fuori dalla scuola». 

La narrazione del «declino», l’immagine di estraneo alla politica tradizionale, la forza mediatica sono i fondamenti della candidatura di Zemmour, e altrettanti vantaggi sui concorrenti. Secondo uno studio della Fondation Jean-Jaurès, il 31 per cento, quasi un terzo degli elettori del Rn sarebbe pronto a votare per Zemmour, più capace  nel «mobilitare sostegno in numerosi pezzi della società francese» e operare la sintesi tra «un elettorato più borghese e anziano» tipico della destra tradizionale e uno «più giovane e popolare come quello del Rn».

Nostalgia operaia

(Foto Filippo Ortona)

Nella serata di venerdì è previsto il grande meeting a Saint-Quentin, 50mila abitanti, capoluogo della zona. Alla sede locale del sindacato Cgt, Alice Gorlier e Aurélien Jan, lei segretaria di sezione e lui responsabile sindacale, entrambi membri del Partito comunista a livello locale, offrono il caffè mentre spiegano lo stato delle relazioni sociali di questa regione presa tra industrie e agricoltura intensiva.

«Saint-Quentin era un distretto del tessile, ma ormai un sacco di industrie hanno chiuso o sono in difficoltà. In città e dintorni siamo ben al di sopra del 20 per cento di disoccupati», dice Aurélien, una cifra assai superiore della media nazionale, cioè l’otto. Inoltre, dice Alice, c’è tutta una fascia della popolazione che è ormai fuori dal sistema di lavoro e sussidi, totalmente ai margini, nella povertà estrema.

Per decenni Saint-Quentin è stata una città comunista. Poi «negli anni Novanta è stata investita, come il resto della regione, dalla smobilitazione del mondo operaio», dice Aurélien. Da allora è una roccaforte dell’estrema destra. «Non credo che Zemmour rappresenti il voto popolare, che sia così semplice. Però sì, c’è una forma di adesione al suo discorso, nonostante di immigrati a Saint-Quentin non vi sia l’ombra. È un voto di ras-le-bol, di scontento anti-establishment».

Declino e ideologia

(Zemmour con il sindaco Golebiewski. Foto Filippo Ortona)

La sera, in attesa del meeting, la folla forma una lunga coda attorno al palazzo di Fervaques, nella piazza centrale della cittadina; persone di tutte le età, parecchi giovani, tutti bianchi. La grande sala dove Zemmour parla è tappezzata di schermi, un nutrito contingente di giornalisti si agita all’angolo stampa, stand animati da giovani militanti vendono souvenir. Covid permettendo, l’evento è un successo: 500 persone riempiono lo spazio all’interno.

Tra loro c’è Agnès, pensionata di 66 anni, abitante della regione ed ex insegnante. Nel 2017 aveva votato François Fillon, il candidato della destra tradizionale. È attirata dal programma anti immigrati («Sono troppi»), ma ancor di più dalle doti mediatiche del personaggio: «Ogni volta che dice una cosa, che affronta un tema, gli altri candidati e i media lo seguono, ha una capacità incredibile di essere in anticipo sugli altri». 

Agnès s’interrompe per urlare, quando Zemmour fa il suo ingresso. La serata è dedicata al programma sull’istruzione pubblica. Dopo aver citato Albert Camus in apertura, si scaglia contro la scuola moderna che ha smarrito i suoi valori «per colpa dell’ideologia, sia essa socialista (modesti “buuh” del pubblico), comunista (“buuh” generale), wokista (ululati)». Dichiara di voler vietare il velo in ogni tipo di evento che abbia a che fare con la scuola, domanda l’assimilazione pura e semplice dei musulmani. 

All’uscita, Jean-Luc, 72 anni, impiegato pensionato e figlio di operai, racconta che sarà la prima volta che voterà per l’estrema destra. «Vedo che siamo sempre più invasi da stranieri» dice, e l’eloquenza di Zemmour lo ha convinto definitivamente: «Il suo discorso, la sua cultura, quando uno lo mette a confronto con gli altri politici, è come paragonare un concerto di Mozart con una canzone rap». Ma più di tutti, è la nostalgia che l’ha portato qui stasera: la nostalgia di quando «Saint-Quentin era una città ricca, non c’era il declino, c’era un benessere che le generazioni future non conosceranno mai».

© Riproduzione riservata