Ruslan Shpakovich è a capo dello “Sniping Department” di Come Back Alive, la più grande organizzazione che dal 2014 si occupa di raccogliere fondi e distribuire equipaggiamento militare per l’esercito. È referente di un progetto che si occupa di addestrare squadre d’élite di cecchini
Quando arriva un drone si sente un ronzio che non somiglia a nessun altro rumore. Quando un carrista muove un tank da sessanta tonnellate, il metallo stride sui cingoli e sulla canna rotante. Se un cecchino spara dal suo fucile, il proiettile squarcia il silenzio e non lo fermi più.
«Un proiettile vola nonostante tutto», quando il colpo parte non si può più intercettare o tirare giù con una interferenza. È il modo in cui Ruslan Shpakovich spiega perché ancora oggi sul campo di battaglia – al netto di tutte le tecnologie disponibili – è essenziale per l’esercito ucraino poter contare su squadre di cecchini altamente specializzati.
«Capisco le esigenze dell’esercito», racconta Ruslan Shpakovich da Kiev, in apertura della sua intervista a Domani. Ha una carriera militare alle spalle nelle forze speciali, una decennale esperienza in sport di tiro e un presente da istruttore di cecchini.
È a capo dello “Sniping Department” di Come Back Alive, la più grande organizzazione che dal 2014 si occupa di raccogliere fondi e distribuire equipaggiamento militare per l’esercito.
Il progetto Pure Anger
Shpakovich lavora qui dal 2017, ed è referente e responsabile del progetto “Pure Anger”. Un progetto per addestrare squadre d’elite di cecchini, fornendo loro addestramento, fucili personalizzati, munizioni di calibro speciale, visori, calcolatori balistici, droni e Suv per spostarsi da una postazione all’altra.
«A ogni coppia di cecchini sono stati forniti due fucili e tutta l’attrezzatura aggiuntiva necessaria», racconta Shpakovich. «La maggior parte delle persone pensa a un sistema da cecchino come a un semplice fucile con un mirino. In realtà, un fucile con un mirino rappresenta solo il 10 per cento dell’intero sistema», aggiunge. “La cosa più importante è che non ci siamo limitati ad acquistare gli strumenti necessari. Abbiamo anche fornito addestramento e aiutato i cecchini a padroneggiare questi sistemi il più rapidamente possibile, poiché sono di un calibro completamente nuovo», spiega.
Si riferisce a un fucile speciale che hanno sviluppato qui e che «è stato creato secondo le nostre esigenze e i nostri disegni schematici», conferma l’istruttore a Domani. Un fucile Cadex CDX-40 CBA Shadow (CBA è una sigla speciale che sta per Come Back Alive) con munizioni di un calibro diverso dallo standard utilizzato dall’esercito e in grado di sparare e colpire un obiettivo fino a due chilometri di distanza.
Vuol dire 800 metri più lontano di quanto preveda l’addestramento con attrezzatura standard. «Il nostro obiettivo era aumentare efficacemente la distanza operativa. Raggiungere la massima distanza possibile per garantire la sicurezza dei nostri militari e ampliare le loro capacità», spiega Shpakovich. Racconta che l’idea non nasce da un giorno all’altro, ci lavora da cinque anni ma «all’epoca era impossibile realizzarla tecnicamente, finanziariamente e così via». L’esercito di Kiev aveva deciso «di introdurre questo calibro già nel 2021», il progetto poi non è stato portato avanti.
La formazione
Tutto cambia con l’invasione russa su larga scala, che accelera e concentra tutti gli sforzi su ogni contromisura disponibile all’avanzata dei russi. L’innovazione del comparto militare passa anche da fondazioni che investono in progetti come questo. «Nel 2022, quando l’invasione su larga scala era già iniziata, abbiamo avuto l’opportunità di realizzarlo. Specialmente considerando che lo stato aveva ormai completamente abbandonato il progetto in quel periodo».
Il team di Ruslan ha progettato il fucile, lo ha fatto realizzare a un’azienda esterna e organizzato i corsi, che sono partiti a luglio dello scorso anno. Corsi che non sono pensati per le reclute, ma per «espandere le capacità di cecchini in servizio attivo», raccontano qui.
«I primi che hanno iniziato l’addestramento a luglio stanno già svolgendo missioni di combattimento, e altri si stanno gradualmente unendo», spiega il capo istruttore. Il progetto è stato diviso in cinque fasi, in diversi gruppi addestrando coppie di cecchini in un poligono segreto.
Lì si incrociano le “field skills” con la teoria studiata nei manuali, per unire lo studio dei calcoli balistici alle formule alle tecniche di adattamento al terreno. Move, hide, observe and detect, come dicono gli americani nel manuale del SOCOM – il comando delle forze speciali Usa. Nascondersi e osservare prima di individuare un obiettivo, diventando invisibili con il camouflage.
«I primi tre corsi sono già pienamente operativi, e gli altri si stanno unendo gradualmente», racconta Ruslan. «Abbiamo addestrato 100 cecchini, tutte le unità delle Forze Armate sono coinvolte», spiega.
Tra le brigate e unità coinvolte nel progetto ci sono cecchini della 12ª Brigata della Guardia Nazionale di Azov, dell’Intelligence della Difesa dell’Ucraina e della 3ª brigata separata d’assalto. Le munizioni consegnate sono 100mila. Il budget raccolto dalla fondazione per il progetto è di 237 milioni di grivnia ucraine, quasi 5,4 milioni di euro. I soldi – racconta Ruslan – sono arrivati grazie a «raccolte fondi attraverso persone, varie organizzazioni, aziende e blogger. Il nostro partner principale è stato Ukrnafta, che ci ha aiutato a comprare i veicoli», spiega.
E sottolinea l’importanza di una rete di contatti e aziende che trasportano e consegnano l’attrezzatura militare al fronte a prezzi di costo. Tutto è tracciato, qualsiasi componente acquistata e consegnata è rendicontata su una pagina pubblica dove ci sono foto, importi, fatture d’acquisto. Dagli 831 euro spesi per due valigie per il trasporto del fucile ai 517 euro per un navigatore Gps, ai quasi 4.000 euro per un sistema di sorveglianza da remoto. Fino ai Suv da quasi 24.000 euro ciascuno e ai fucili da 4.800 euro l’uno.
«Tutto è trasparente e sempre pubblicato sul nostro sito affinché la gente possa visualizzarlo», raccontano a Domani da Come Back Alive. Una policy che definiscono «estremamente importante, la nostra reputazione è impeccabile per questo motivo, i fondi sono tracciabili e tutti possono vedere dove vanno le loro donazioni».
I fondi e la comunicazione
In tutto Come Back Alive ha raccolto 14 miliardi di grivnia ucraine in dieci anni, l’equivalente di più di 320 milioni di euro. Più di 20 i progetti sulla piattaforma, le loro campagne pubblicitarie sono ben riconoscibili ovunque per strada a Kiev. Raccontano come il progetto sui cecchini non sia tra i più semplici da veicolare a livello comunicativo.
Un drone che viene colpito o che decolla si “vede” in video, ma di un’operazione segreta in cui è coinvolto uno dei cecchini addestrati non si può sapere molto. «Le persone non vedono in tempo reale sul campo di battaglia il lavoro del cecchino, quindi ci vuole più tempo perché capiscano che è importante donare per questo progetto, per questa scuola di addestramento», spiega da Kiev Nastia Yurchyshyna, PR specialist di Come Back Alive.
I loro progetti riflettono l’evoluzione militare del conflitto, si raccolgono fondi per sistemi di “electronic warfare” che fanno da scudo per mezzi che evacuano feriti, robot per bonificare terreni da mine e per van che fanno da centrali operative di comunicazione con standard Nato.
È una guerra che si combatte così, ma è una guerra di trincea, di fango e di figure – come i cecchini – che da quasi duecento anni vengono impiegati negli scenari di guerra. Alla domanda se un buon cecchino può cambiare ancora la battaglia, Ruslan non aspetta nemmeno che l’interprete finisca di tradurgli la domanda per rispondere di sì in ucraino.
«Non ci sono professioni prive di importanza» sostiene, ma precisa il suo concetto parlando di carichi di lavoro, di resistenza. Componenti che possono cambiare l’andamento e l’esito di uno scenario, tenendo a mente come fa lui addestrando cecchini nel 2025 che «tutte le guerre avvenute in passato sono state vinte dalla fanteria».
© Riproduzione riservata