Il vicepremier a Madrid per il raduno dei Patrioti. Slogan contro la Cpi e la Commissione guidata da von der Leyen (di cui Raffaele Fitto è vicepresidente). Affondi contro il burqa, il gender, le ong e l’islam. L’effetto è tragicomico
Costretto in un dolcevita nero Matteo Salvini si è presentato a Madrid in occasione dell’internazionale dei Patrioti per «dare la sveglia a Bruxelles», cioè all’Europa di Ursula von der Leyen e del suo vice Raffaele Fitto.
È stato il suo primo comizio in Spagna. Di fronte ha una platea formata di 15 partiti di 13 paesi, portatori di 19 milioni di voti raccolti alle ultime europee che ha risposto all’appello di Elon Musk di fare come in America, Make Europe Great Again.
C’era l’olandese Geert Wilders, il cui Partito della Libertà è primo al parlamento dell’Aja. L’austriaco Herbert Kickl, che a breve potrebbe diventare il primo cancelliere di estrema destra del paese. E ancora la leader del Rassemblement national Marine Le Pen e il premier ungherese Viktor Orbán, l’unico tra i leader dei Patrioti a guidare un governo. Padrone di casa il presidente di Vox Santiago Abascal che guarda Salvini con sospetto sin dai tempi in cui il leader della Lega era molto vicino ai movimenti indipendentisti catalanisti e baschi, nemici giurati di Vox.
Assente Fratelli d’Italia, non c’era Giorgia Meloni che tre anni fa urlava al comizio degli spagnoli di Vox vestita di bianco con gli anfibi neri. Troppo moderata nella sua nuova immagine di credibile di donna di stato e, per questo, in freddi rapporti con gli ex alleati spagnoli. Proprio Abascal, a luglio, dopo le Europee, aveva voltato le spalle ai Conservatori di Meloni per passare nello stesso gruppo di Le Pen e Orbán a Strasburgo.
Aspiranti Trump
È stato il momento di Salvini, aspirante Donald Trump d’Italia al limite della caricatura. Nella sala dell’Hotel Marriott di fronte a duemila persone il vicepremier ha declinato un manifesto trumpiano all’italiana. «Meno Europa, più libertà» ha urlato mentre alle sue spalle giganteggiava la scritta Make Europe Great Again. Dalla proposta di uscire dall’Oms all’appoggio incondizionato alla nuova linea di politica estera Usa, dall’Ucraina a Gaza.
Prima ha ricordato il suo processo e ha attaccato le ong e la sinistra: «A dicembre sono stato assolto, ha vinto il diritto a difendere le frontiere dall'invasione: abbiamo vinto noi, hanno perso Pedro Sánchez e le ong di sinistra, a cui mandiamo un caro saluto».
Poi il tono si è alzato. Critiche alla Commissione guidata da von der Leyen: «Continuano a fare errori senza ammettere le proprie colpe, a dire che “ci vuole più Europa” e che non abbiamo ceduto abbastanza sovranità». Attacchi alla Corte penale internazionale: «È ora di mettere in discussione realtà come la Corte penale internazionale che mettono sullo stesso piano i terroristi islamici di Hamas e un premier democraticamente eletto come Bibi Netanyahu».
Quindi l’invito agli amici del Partito popolare europeo a scegliere «fra il passato di Soros e il futuro di Elon Musk». Senza rinunciare a parole chiave: «Il burka non è Europa, il gender non è Europa e il terrore islamico non è Europa».
La chioma candida di Donald Trump ha aleggiato per tutta la kermesse. La sua vittoria è come l’alba dei morti viventi, una conferma e un incoraggiamento per chi si posiziona sulla coda più̀ estrema dell’elettorato.
Lo ha spiegato bene Orbán: «Il tornado Trump ha cambiato il mondo in appena un paio di settimane, ieri eravamo considerati eretici, oggi il mainstream siamo noi!». Della stessa opinione Le Pen: «L’elezione di Trump non può essere analizzata solo come una semplice alternanza politica in un paese democratico e neppure solo come il sussulto patriottico di una nazione che giustamente respingere le forze del declino. Noi siamo di fronte a un vero e proprio cambiamento globale. Tutti capiscono che qualcosa è cambiato. Da parte sua, l'Unione europea sembra essere sotto shock».
«Il mondo sta cambiando rapidamente, Trump ha detto che sarà la nuova età dell'oro per l'America, siamo pronti a fare lo stesso?», ha chiesto Wilders.
Quanto valgono?
Ma c’è qualcosa di sotterraneo, qualcosa che la sigla neonata non spiega. Innanzitutto la sua origine che altro non è che un rebranding del vecchio gruppo Identità e democrazia (Id). Necessario per non legare automaticamente il nuovo gruppo alla reputazione di formazione estrema dell'estrema destra che aveva Id, anche a causa della presenza, per quasi tutta la scorsa legislatura europea, dei neofascisti tedeschi dell’Afd, espulsi poco prima delle elezioni a causa delle affermazioni giustificatorie delle SS naziste da parte del loro capolista. A Madrid Afd è stata nominata da Abascal, non da Le Pen che ci tiene a prendere le distanze.
Inoltre, secondo gli analisti, il vertice serviva come una «dimostrazione di forza». Steven Forti, dell'Università autonoma di Barcellona, ha spiegato che quella di Patrioti resta una coalizione fragile.
Perché vero: con 86 deputati al Parlamento europeo, di cui 30 di Rn, su un totale di 720, questo gruppo rappresenta la terza forza. Ma a Bruxelles e Strasburgo è in competizione con altri due gruppi di destra, i Conservatori e riformisti europei (80 membri eletti), guidati dal FdI, e l'Europa delle nazioni sovrane (26 membri eletti), che comprende anche l’AfD. In questo contesto, i Patrioti vogliono «dimostrare la sua centralità nella competizione» con queste altre coalizioni e anche trovare un equilibrio interno rispetto ai rapporti con l'amministrazione Trump.
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