Per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, «la discussione sul tetto ai prezzi è prematura». Per gli italiani, così come per i greci, i cechi e gli slovacchi, ormai il costo delle bollette dell’energia pesa in media già più di un mese di stipendio. Mentre la confederazione dei sindacati europei calcola il costo sociale del caro energia, intanto in una stanza di palazzo Justus Lipsius, a Bruxelles, una imbarazzata presidenza di turno del Consiglio Ue dice ai cronisti: «Date a noi e alla Commissione europea ancora un po’ di tempo».

La Commissione si è decisa a considerare il tetto al prezzo del gas russo solo una settimana fa, quando ormai la Russia ha tagliato le forniture, e ora – nonostante la maggior parte dei governi lo chieda – fatica ancora a far suo il tetto al prezzo del gas in generale. Il freno non ha origine tanto da Kadri Simson, che ha la delega all’Energia, quanto da un pugno di capitali, a cominciare da Berlino, nella cui direzione la presidente Ursula von der Leyen guarda con particolare attenzione. Pochi governi di peso, assecondati da Bruxelles, tengono in ostaggio ogni intervento incisivo sul mercato, e lo schema è lo stesso da un anno: il Consiglio rinvia alla Commissione, la quale a sua volta fa da camera di compensazione dei governi.

«Questo dibattito, diciamolo, doveva esserci un anno fa», si è lasciata scappare la ministra spagnola Teresa Ribera nelle ore del Consiglio Ue. Il gruppo di ministri è riuscito almeno a circoscrivere una manciata di interventi, e una agenda che dia prospettive concrete entro il mese.

Mattarella e il ruolo italiano

Mentre i ministri Ue erano in consesso, un monito a non tergiversare oltre è arrivato persino da Sergio Mattarella, che già qualche giorno fa aveva sollecitato risposte europee alla crisi energetica. «È urgentissimo procedere», ha detto questo venerdì mattina riferendosi a un tetto europeo al prezzo del gas. Bisogna «superare le ultime resistenze per mettere al riparo dalle speculazioni» famiglie e imprese. «L’Italia ha proposto il tetto mesi fa, e se fosse stato adottato avremmo evitato alcune conseguenze dei rincari energetici».

Il fatto che intervenga il presidente della Repubblica dà il polso della situazione. Nel vertice di fine giugno, Mario Draghi aveva faticato anche solo a far entrare un tetto alle importazioni dalla Russia nel dibattito, e il punto era finito nelle conclusioni solo come invito a valutarlo in autunno. Berlino temeva ritorsioni dalla Russia, l’Olanda proteggeva il mercato di Amsterdam. La scorsa settimana von der Leyen ha finalmente aperto al tetto al prezzo del gas russo, quando ormai era tardi: poche ore dopo, la chiusura di Nord Stream 1 è diventata a tempo indefinito. L’Italia nel frattempo ha allargato la sua proposta, e quella datata 7 settembre del ministero della Transizione ecologica contempla «un tetto sul gas naturale», non solo russo quindi, per i contratti futuri – non quelli in essere – e di natura temporanea.

Bruxelles e il tetto

Alla fine del Consiglio Ue, il ministro ceco ha presentato i punti sui quali i governi concordano. Chiedono alla Commissione di «proporre interventi di emergenza temporanei, incluso il tetto ai prezzi del gas». Quale peso politico ha questa opzione? Secondo il ministro Roberto Cingolani, è quasi fatta: «C’è una maggioranza molto forte, 15 paesi a favore; solo cinque sono contrari, altri vogliono il tetto solo sul gas russo, altri sono aperti a valutare». Sempre con la lente di Cingolani, «a giudicare dalle parole del vicecancelliere tedesco Robert Habeck, la Germania non ha pregiudiziali, ma vuol verificare se la proposta è sostenibile».

Peccato che poche ore dopo la doccia fredda arrivi dal cancelliere Olaf Scholz in persona: a vertice concluso, boccia come «prematura la discussione sul price cap». Nei mesi scorsi il tetto è stato impaludato proprio così: a colpi di valutazioni e rimpalli tra Consiglio e Commissione. Nonostante i governi ieri «abbiano chiesto il tetto non solo per il gas russo», come ha confermato il ministro ceco Jozef Sikela, se i cronisti provano ad andare a fondo, viene fuori che Bruxelles asseconda alcune capitali più di altre, e frena. «Per il tetto sull’import russo von der Leyen è favorevole», ma per il resto, dice la commissaria Simson, «dobbiamo garantirci di procacciarci tanto gas, e usare il nostro potere di mercato mettendoci insieme».

Cosa aspettarci ora

Il tetto solo verso la Russia serve a poco in questa fase, e la presidenza di turno – sempre Sikela – a un certo punto alla commissaria lo fa pure notare: «Diciamocelo, coi livelli attuali di consumo del gas russo, non è più Mosca a fare il mercato». Come intervenire quindi? Ieri i ministri hanno chiesto alla Commissione di presentare entro metà mese misure per mettere una soglia sulle fonti di energia elettrica diverse dal gas – un punto sul quale Bruxelles pare già lanciata – e strumenti per l’iniezione di liquidità nel mercato; anche su questo la Commissione si è attivata. I governi sono favorevoli a procedere anche sui tagli ai consumi di elettricità, l’ipotesi è un calo del cinque per cento nelle ore di picco.

Il collegio dei commissari di martedì, e poi il discorso sullo stato dell’Unione che von der Leyen terrà il 15, sveleranno le carte; ma già in questi giorni circola una bozza di regolamento del Consiglio: con questa procedura, che non contempla obiezioni dell’Europarlamento, è stato approvato a luglio il piano per la riduzione della domanda. L’idea è di procedere a stretto giro, entro fine mese, almeno su alcuni punti.

Restano però rinviate, ancora, questioni sostanziali come la riforma del mercato dell’elettricità: questo venerdì Simson ha fatto intendere che la proposta arriverà addirittura all’inizio dell’anno prossimo.

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