Prima lo scudo del veto di Viktor Orbán, poi le «difficoltà tecniche» nel trovare un compromesso che tenesse insieme le rivendicazioni di tutti. Alla fine, dopo i faticosi tentativi di ieri sera e di questa mattina, i rappresentanti permanenti dei governi Ue (riuniti nel “Coreper”) hanno trovato una soluzione per l’embargo del petrolio russo da far approdare sul tavolo del Consiglio europeo. Peccato che sia una soluzione zoppa. 

La tempistica

Ursula von der Leyen ha annunciato l’embargo dal petrolio russo il 4 maggio scorso, da allora sono andate avanti estenuanti discussioni per raggiungere un compromesso unanime. Secondo il compromesso Coreper, lo stop diventerà effettivo dal primo gennaio 2023. Ma comincia subito solo per il petrolio che arriva tramite petroliere. Un terzo delle forniture russe all’Ue resta quindi invariato.

La grande eccezione

La data fatidica di gennaio prossimo non varrà infatti per gli oleodotti. L’importazione di petrolio russo via oleodotto è garantita da una eccezione; il Consiglio si impegna a tornare su questa eccezione in futuro. L’esenzione è temporanea, rassicura chi ha seguito i lavori della bozza. Al momento di ridiscutere la questione, si ripresenteranno ad ogni modo le fatiche negoziali viste finora. 

A vantaggio di chi?

Viktor Orbán, il grimaldello di Putin nell’Ue, è stato additato come il principale ostacolo al raggiungimento di un accordo più ampio. Tra gli argomenti usati da Orbán per contestare lo stop totale, c’è la mancanza, per il suo paese, di accessi via mare per l’importazione di energia: «Ci hanno tolto il mare», è l’uscita nazionalista usata dal premier, che evoca la «Grande Ungheria» pre-Trianon, suscitando le reazioni irritate della Croazia. Con il compromesso, il petrolio russo continua a fluire intonso, dalle raffinerie ungheresi e slovacche, in mano alla multinazionale Mol. Il 60 per cento del petrolio, in Ungheria, è russo.

Europa a due velocità

Ma l’esenzione per gli oleodotti in sé finisce per beneficiare tutti gli altri paesi attraversati da queste infrastrutture: Druzhba Nord porta il petrolio verso Berlino, e anche altri paesi come Polonia, Repubblica Ceca e Slovacca, beneficiano di questa esenzione. Non a caso i “falchi” anti-Putin, come la Polonia, lasciano intendere che potrebbero prendere iniziative autonome per accelerare sull’embargo.

Divieto di rivendita

Il timore che i paesi avvantaggiati dall’esenzione potessero praticare concorrenza sleale e rivendere il petrolio agli altri paesi Ue verrebbe fugata, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, inserendoil divieto di rivendita nel mercato interno europeo. 

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