Il parlamento europeo ha approvato ieri pomeriggio a larga maggioranza una risoluzione che esorta al boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi invernali di Pechino nonché a varare sanzioni contro alti funzionari dei governi cinese e hongkonghese per la repressione del movimento pro-democrazia nell’ex colonia britannica. Il provvedimento è passato con 578 voti favorevoli, 29 contrari e 73 astenuti.

Con la risoluzione, non vincolante, l’Europarlamento «invita la Commissione, il Consiglio e gli stati membri a declinare gli inviti per rappresentanti governativi e diplomatici a partecipare alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022, a meno che il governo cinese non dimostri un miglioramento verificabile della situazione dei diritti umani a Hong Kong, nella regione uigura dello Xinjiang, in Tibet, nella Mongolia interna e altrove in Cina». Strasburgo sollecita inoltre l’Ue a imporre «sanzioni mirate» contro una serie di alti funzionari hongkonghesi, tra i quali la chief executive Carrie Lam, e cinesi, tra cui il direttore dell’Ufficio per gli affari di Hong Kong e Macao, Xia Baolong. Il testo ribadisce altresì un«pressante invito agli Stati membri a coordinare l’attuazione di un “sistema di salvataggio”» (sul modello di quelli britannico, australiano e canadese, nda) per accogliere in Europa«gli attivisti e i leader politici favorevoli alla democrazia a Hong Kong». Secondo i parlamentari europei la chiusura del tabloid anti-cinese “Apple Daily”, l’arresto del suo direttore e di alcuni giornalisti in base alla Legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong varata l’estate scorsa dal parlamento di Pechino segnalano lo «smantellamento della società libera di Hong Kong», valutazioni che Pechino stigmatizza come «ingerenze negli affari interni della Cina».

La linea dura di Strasburgo ha registrato subito una clamorosa defezione. Il premier greco, il conservatore Kyriakos Mitsotakis, ha telefonato al presidente cinese, Xi Jinping, per assicurargli che lui sarà presente di persona alla cerimonia inaugurale dell’evento (4-20 febbraio). Fu proprio il partito di Mitsotakis, Nuova democrazia, a negoziare l’investimento (concretizzatosi nel 2016) dell’azienda di stato cinese Cosco, che ha rivitalizzato il Porto del Pireo, modernizzandolo e trasformandolo in un hub di trans shipping della nuova via della Seta. La Grecia fa parte del gruppo informale “17+1” dei paesi dell’Europa centro-orientale nei quali le compagnie di stato cinesi stanno investendo massicciamente. Maltrattata dall’Ue e dal Fondo monetario internazionale - che nel 2018 ha dovuto ammettere “insuccessi notevoli” nel piano di salvataggio della Grecia -, Atene non può permettersi di scegliere i propri partner economici.

Divisioni interne

La mossa di Strasburgo evidenzia quanto, su un tema di non poco conto come la Cina, le istituzioni comunitarie siano divise, con un Parlamento molto sensibile all’appello di Joe Biden per un’alleanza delle democrazie, e il Consiglio e la Commissione (i cui funzionari nelle ultime ore hanno evitato di drammatizzare la risoluzione approvata ieri) che devono tener conto delle esigenze delle aziende, oltre che di una politica estera comune che ha dichiarato la Cina allo stesso tempo “partner”, “concorrente” e “rivale sistemico”.

Lo scontro sui diritti umani minaccia comunque di continuare a incrinare le relazioni tra la Cina e l’Unione europea che, prima della pandemia, era il primo partner commerciale di Pechino. E i giochi olimpici - che nelle intenzioni di Pechino avrebbero dovuto rappresentare un’altra pietra miliare del suo softpower - con le questioni di Hong Kong e del Xinjiang al centro dell’attenzione di Washington e Bruxelles, rischiano al contrario di trasformarsi nell’ennesimo terreno di scontro tra Cina e Occidente.

Le sanzioni varate nel marzo scorso contro un gruppo di 14 funzionari cinesi (le prime dal massacro di Tiananmen del 4 giugno 1989) e la rappresaglia di Pechino contro dieci tra funzionari e parlamentari europei e quattro istituzioni (tra le quali il centro di ricerca tedesco Mercator Institute for China Studies) avevano causato la sospensione del Comprehensive agreement on investment (Cai), pronto a essere ratificato dopo sette anni di negoziati. Che dunque - nonostante l’invito ad andare avanti rivolto lunedì scorso in videoconferenza da Xi dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron - rimarrà fermo, perché il Cai non può procedere senza l’ok dell’Europarlamento, che ne ha bloccato la ratifica.

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