Bacchettata dal governo Meloni per aver chiamato il suo piano di riarmo esattamente ReArm, la presidente della Commissione ha battezzato un nuovo brand: «Readiness 2030». Che è la continuazione del riarmo (e del ReArm) con altri mezzi, parafrasando von Clausewitz
Con le parole pronunciate questo martedì da Ursula von der Leyen a Copenaghen: «Siamo pronti ad assumere il controllo di un cambiamento inevitabile, bisogna agire in grande, come sta facendo la Danimarca che spenderà in difesa il 3 per cento e come oggi la Germania sta decidendo di fare».
Sono leader ma parlano ormai da comandanti in capo: la presidente della Commissione Ue ha scelto di essere davanti ai cadetti dell’Accademia militare reale danese per ribadire che «l’Europa deve essere pronta per la guerra»; il presidente francese si è fatto riprendere circondato dai militari della base aerea di Luxeuil-Saint-Sauveur per annunciarne l’ampliamento e ordinazioni di Rafale che trasportino missili nucleari ipersonici, prima di volare per Berlino ad accordarsi col futuro cancelliere proprio su questi temi.
E poi c’è Friedrich Merz, che diversamente dagli altri due leader non ha divise attorno a sé, ma i deputati del Bundestag, il cui voto di ieri per eliminare il freno al debito sulla difesa è – tra tutti – il vero passaggio chiave: l’establishment europeo procede ad ampie falcate verso il riarmo.
«Readiness 2030»
Bacchettata dal governo Meloni per aver chiamato il suo piano di riarmo esattamente ReArm, questo martedì Ursula von der Leyen ha battezzato nuovi programmi e un nuovo brand: «Readiness 2030» (pronti entro il 2030). Che poi altro non è se non la continuazione del riarmo (e del ReArm) con altri mezzi, parafrasando von Clausewitz.
Ma dà il perimetro esatto della mutazione prodotta dalla presidente della Commissione europea: il suo primo mandato era iniziato sotto l’impulso della riduzione delle emissioni entro il 2030 (il Grean Deal) e il secondo è tutto proiettato sull’aumento delle spese militari entro quella stessa data. «L’assoluta priorità è l’aumento della spesa in difesa: dal 2021 gli stati membri l’hanno aumentata di oltre il 31 per cento ma non basta».
Il discorso di Copenaghen è rivelatore in vari passaggi. Anzitutto questo: «Dopo aver espanso massicciamente la sua produzione militare, la Russia adesso si trova in una traiettoria irreversibile per la creazione di una economia di guerra, e questi investimenti alimentano la sua guerra di aggressione». Quando si tratta di parlare di Mosca, von der Leyen dice quindi che l’aumento massiccio delle spese militari e la conversione bellica alimentano i conflitti. Eppure quello stesso ragionamento svanisce quando si fa riferimento all’Ue; lì la presidente sostiene l’opposto: «Se l’Europa vuole evitare la guerra, deve prepararsi alla guerra».
Altri punti rivelatori sono quelli nei quali von der Leyen conferma di non voler ridiscutere né i rapporti con Nato e Usa («la nostra sicurezza è indivisibile») né il carattere essenzialmente nazionale del riarmo: «Sia chiaro che gli stati membri avranno sempre per sé la responsabilità per le truppe e per la definizione di ciò che serve alle loro forze armate».
«Comprare europeo»
Qual è allora la novità di “Readiness” rispetto ai già noti 800 miliardi di ReArm? Von der Leyen fa riferimento alla cooperazione con l’Ucraina per aggiornarsi sui «più avanzati» metodi di guerra; prevede inoltre una «rete europea di corridoi di terra, aeroporti e porti che facilitino il trasporto di truppe e attrezzature entro il 2030», e l’ennesimo “omnibus” (deregulation) stavolta per l’industria militare. Ma soprattutto, disegna un sistema di «progetti su larga scala e acquisti collaborativi» fatti tramite un «meccanismo europeo di distribuzione militare». Quando parla di «domanda aggregata e acquisti congiunti», von der Leyen sta prefigurando per la Commissione un ruolo simile a quello già imbastito con i contratti per i vaccini.
«Buy European», comprare europeo: questo è l’imperativo anche per Macron, che dopo aver visto Merz a cena a Parigi subito dopo il voto tedesco, ha pasteggiato con lui questo martedìa Berlino. I due mostrano sintonia. Sulla tavola, anzitutto accordi da prendere proprio sugli acquisti e la difesa, con la prospettiva del Consiglio europeo di giovedì.
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