Ricorderemo il discorso sullo stato dell’Unione di quest’anno come il discorso di guerra di una presidente della Commissione europea che però nella gestione della crisi attuale sceglie di non usare tutte le armi a disposizione. L’ennesimo rinvio del tetto al prezzo del gas è solo uno degli strumenti rimasti inutilizzati nella fondina presidenziale.

Nemici di oggi e domani

Ursula von der Leyen impernia tutto il suo intervento attorno alla Russia come nemico esterno contro il quale serrare i ranghi: «L’avremo vinta noi!». Gli Stati Uniti si stagliano come solidi alleati e su questa scia il discorso del 2022 è anche quello che sancisce con più nitidezza il ruolo della Cina come avversaria.

Lo “state of the Union” è una tradizione che, dai tempi di José Manuel Barroso presidente, Bruxelles ha importato dagli Stati Uniti, dove il discorso annuale del presidente di fronte al Congresso è un requisito costituzionale, è una tradizione dai tempi di George Washington ed è il momento unificante della nazione. Quest’anno Ursula von der Leyen ha scelto di unificare l’Ue – che una nazione non è, e neppure una federazione per ora – sotto la bandiera ucraina, in una variazione del rally ‘round the flag effect, l’«effetto bandiera» grazie al quale in caso di guerra il leader ricompatta la nazione. Un’impostazione che si declina nei vestiti azzurro e giallo di presidente e commissarie, come nella scelta di Olena Zelenska, first lady di Kiev, come ospite di quest’anno (l’anno scorso era toccata all’atleta italiana Bebe Vio).

Ma ci sono declinazioni più sostanziali di questa: il discorso del 2022 è a tutti gli effetti un discorso bellico. «Questa guerra è alla nostra economia, ai nostri valori, c’è molto in gioco non solo per Kiev, ma per l’Europa e il mondo. Ci è voluto coraggio per opporsi a Putin, l’Ucraina è una nazione di eroi». Von der Leyen rivendica la risposta europea, e conferma di voler muoversi su quattro direttrici: «Con le armi, i fondi, l’ospitalità ai rifugiati e le sanzioni più dure che il mondo abbia mai visto». Sanzioni che «sono qui per restare», precisa, e dice anche che non è tempo per cercare pace. «Questo è il tempo per mostrarsi risoluti, non per la conciliazione, l’appeasement». Anche se le forniture di gas russo sono calate – «siamo passati dal 40 al nove per cento» – è Putin che «infiamma i mercati» e «avremmo dovuto dar retta a chi lo conosceva bene, come Anna Politkovskaja».

Nel suo discorso von der Leyen rinsalda i legami con gli Stati Uniti, su ogni fronte: dalle forniture energetiche al «meeting che io e Joe Biden annunceremo per rivedere gli investimenti globali». Pechino viene delineata sempre più come l’avversario del futuro prossimo, tra accuse di «bugie tossiche» e la presa d’atto che «la Cina ha in pugno una fetta di industria, controlla il litio, materiali rari». Von der Leyen lancia un “fondo di sovranità europea” per garantire la produzione autoctona.

Armi spuntate

Lo scontro con la Russia – e l’alleanza con gli Usa – serve alla presidente anche per inquadrare il tema democratico. Accusata a lungo dallo stesso Europarlamento di aver agito poco e tardi per fronteggiare la crisi dello stato di diritto in Polonia e Ungheria, ora von der Leyen inquadra il conflitto con Mosca come una guerra tra autocrazie e democrazie, e di conseguenza promette di «far rispettare la democrazia in casa». Parla di misure anticorruzione «anche per proteggerci dall’esterno», e a difesa della democrazia «per impedire che le autocrazie ci attacchino dall’interno coi loro cavalli di Troia». L’emiciclo, che da mesi chiede una convenzione per riformare i trattati, incassa il supporto della presidente. A ottobre arriverà anche la proposta di riforma della governance economica, e von der Leyen condiziona la flessibilità sul rientro del debito al rispetto degli impegni europei.

Niente rivoluzioni copernicane, e sul fronte energetico una a metà. Il dibattito sui prezzi dura da un anno, ma i punti più radicali, come la riforma del mercato dell’elettricità, sono ancora rinviati. Dopo il discorso, la Commissione ha finalmente reso pubblico il regolamento con le misure che attendono solo l’ok dei governi. Bruxelles rinvia a ennesime valutazioni il tetto ai prezzi del gas, nonostante lo chiedano tanti paesi.

È confermato il taglio obbligatorio dei consumi, come pure la soglia sui prezzi dell’energia elettrica diversa dal gas. Non è escluso che i prelievi su questi «profitti record» tornino in qualche modo al mondo imprenditoriale: possono finanziare le compensazioni per le aziende che tagliano i consumi, magari cambiando i turni dei lavoratori. «Gli operai di alcune fabbriche di ceramica italiane hanno spostato i turni all’alba; escono di casa mentre i figli dormono, per una guerra che non hanno scelto», parole di von der Leyen. Stando al regolamento, per riscuotere i prelievi, uno stato membro che importa l’energia deve essere lui – non l’Ue – a contrattarsi un accordo con il paese che glielo esporta, anche se è extra Ue. Bruxelles prevede anche un «contributo di solidarietà» sui superprofitti generati da attività nel settore dei combustibili fossili.

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