Giovedì 10 parte dell’estrema destra proverà (invano) a far cadere la Commissione. Ma a produrre tensioni è soprattutto il quadro finanziario, la cui proposta è attesa per metà mese. I due passaggi saranno rivelatori, anche se la presidente resterà sul trono più salda che mai
Chi la tira di qua, chi di là: nelle prossime due settimane la poltrona di Ursula von der Leyen apparirà più tremolante che mai. Le date da tenere in mente sono due: giovedì 10 luglio, quando l’Europarlamento voterà una mozione di censura contro la Commissione, e mercoledì 16, quando da palazzo Berlaymont uscirà una prima proposta per il nuovo quadro finanziario dell’Ue.
Il bilancio può sembrare un dossier tecnico e fare meno rumore di una eclatante mozione promossa dall’estrema destra in nome del caso Pfizer; tuttavia sul design del bilancio europeo si muove una lotta politica e istituzionale assai più profonda, che fa agitare contro le mosse della presidente governi e regioni, come già si vede.
Anticipiamo il finale: è più che probabile che quelli che oggi appaiono come terremoti politici si risolvano in realtà in scosse di assestamento che consentiranno a von der Leyen di restare ancor più salda sul trono. Tuttavia entrambi i passaggi contribuiscono a rivelare su cosa si basi la capacità accentratrice della presidente.
La prima regola di von der Leyen – come si è visto anche nel rapporto con Meloni – è avere i governi dalla sua parte, o quantomeno non contro, e non i più rilevanti. Così si spiegano i tentativi iniziali di piegare l’architettura del bilancio in chiave di piani nazionali, mettendo in secondo piano il ruolo delle regioni e lasciando ai governi ampi margini di manovra. Il secondo architrave tattico della presidente è esercitare una maggioranza flessibile, seguendo la politica dei due forni congegnata da Weber, il leader Ppe.
Le tensioni in Europarlamento sono generate proprio da questa politica: i due forni provocano bruciature sia a destra (tra le fazioni rimaste fuori dal gioco) che a sinistra (perché i socialisti gridano al tradimento dei patti). Ma – in linea col disegno di Weber, che consiste nel dividere tra loro le estreme destre per restare regista – la mozione non avrà i numeri: rivelerà solo le spaccature tattiche interne all’estrema destra e la mancanza di volontà di rottura dei socialisti.
Soldi e poteri
«Sarà un “Big Ugly Bill”: ho il presentimento che dietro il fumo di “semplificazione ed efficienza” troveremo un bilancio Ue più piccolo e debole», lancia l’allerta la presidente del Comitato europeo delle regioni Kata Tüttő, che ricorda la lunga lista di rimostranze. «Ben 14 governi, 149 regioni e centinaia di attori chiave esprimono preoccupazione per la logica con cui viene ridisegnato il budget».
Più della mozione di censura, che provoca spaccature tra gli stessi proponenti – a chiedere il voto è stata la componente romena e polacca di Ecr, scatenando il diniego dei meloniani – il braccio di ferro politico e istituzionale si gioca sui soldi. Anche perché – il timore è realistico – quelli fruibili saranno meno.
Prima ancora di vedere la luce, il “Multiannual Financial Framework 2021-2027” – bilancio di lungo termine Ue – nasce con addosso il peso del debito pandemico (Next Generation EU): dal 2028 bisogna iniziare a ripagarlo. I prestiti sono stati concessi agli stati e spetterebbe a questi ultimi restituirli, ma Bruxelles è responsabile delle sovvenzioni garantite tramite l’emissione sul mercato di obbligazioni a garanzia Ue, a cui si sommano gli interessi.
«Non sappiamo ancora quale soluzione verrà adottata – se tagli alle politiche, risorse proprie o più contributi nazionali – ma non mi aspetto un bilancio più grande», dice il polacco Jan Olbrycht. Fa da consulente all’uomo chiave del budget, il commissario Ue per il Bilancio Piotr Serafin.
Alla scarsità di risorse va accostata l’intenzione di von der Leyen di dirottare parte dei soldi sui suoi nuovi slogan e priorità: «competitività» e difesa. Dato l’impegno Nato di aumento delle spese militari, per il bilancio Ue si prepara la stessa sorte di quelli nazionali: il sacrificio delle politiche anti diseguaglianza in nome del riarmo. «Lo sviluppo delle capacità di difesa è un bene pubblico europeo», perora il non paper della Polonia. Già oggi la Commissione ha aperto all’uso dei fondi di coesione (cioè anti divari) per i colossi della difesa.
I socialdemocratici allertano sulle sorti del fondo sociale: temono che finisca mangiato dentro altri capitoli di spesa. Il piano iniziale di von der Leyen era proprio di annullare i divisori tra fondi e creare un mega-contenitore per il quale vedersela coi governi, come con il Pnrr; la versione massimalista del piano è sepolta sotto le proteste, ma le regioni temono tuttora di essere marginalizzate (a dispetto della sussidiarietà). Una lettera firmata da 149 regioni dà l’allerta su questo e sulle sorti della politica di coesione (anti divari). A ciò si aggiunga un non paper supportato da 14 stati membri (pure l’Italia) che chiede un posto centrale per la coesione: si avrà l’idea delle fibrillazioni. Agiteranno von der Leyen, ma non cadrà dal trono.
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