Nell’èra Meloni l’Italia non è più un posto sicuro, un place of safety, per chi vorrebbe far valere i propri diritti.

La bandierina di Salvini

«Finalmente si tornano a proteggere i confini», ha detto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini dopo il Consiglio dei ministri di venerdì, esibendo sui social il decreto firmato assieme a Matteo Piantedosi (Interno) e Guido Crosetto (Difesa).

«Qui si dice che è fatto divieto alla nave tedesca – Humanity 1 - di sostare nelle acque territoriali nazionali oltre il termine necessario ad assicurare le operazioni di soccorso e assistenza alle persone che versino in condizioni emergenziali, quindi minori e malati. Si dirigano verso la Germania!». Gli obblighi internazionali dicono altro. Si basano sul dovere di soccorso, sul principio del porto sicuro, e per «porto sicuro» si intende ben più che soccorrere chi sta male.

Senza porto sicuro

«Questo decreto è senza ombra di dubbio illegale», commenta Mirka Schäfer di SOS Humanity. «L’Italia intende respingere chi cerca protezione, invece tutte le persone salvate in mare ne hanno diritto, vanno fatte sbarcare immediatamente». Venerdì sera, «solo dopo aver avuto il permesso dal centro di controllo del porto di Catania, siamo entrati in acque italiane per proteggerci dal maltempo», spiegano dalla Humanity 1.

Max Cavallari

Stando alla convenzione di Montego Bay «ogni stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera presti soccorso»: se c’è un dovere del governo tedesco è assicurarsi che l’ong svolga il soccorso. Le due convenzioni Solas e Sar ribadiscono l’obbligo di portare in salvo, assistere e trasferire nel primo porto sicuro a disposizione. Non esiste codice di condotta per le ong che possa travalicare i principi fondanti del diritto del mare. Le teorie di Meloni – «o la Germania si fa carico della nave o quella nave diventa pirata» – e di Salvini – «dove dovrebbe andare una nave norvegese? in Norvegia» – sono fantapolitica. C’è un solo posto dove una nave che soccorre può e deve andare: nel primo porto sicuro a disposizione.

I «controlli in mare»

Il governo Meloni ha fatto allusione a doveri di indentificazione da parte della nave che soccorre. Alcune informazioni di base vengono riferite, e Humanity 1 dice di aver dato quelle a sua disposizione in mancanza di interpreti e in presenza di persone traumatizzate. Ma lo stato non può esternalizzare a un privato, e alla nave che presta soccorso, le sue funzioni di polizia.

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Piantedosi dopo il cdm ha parlato di un controllo da svolgersi in mare: «Abbiamo imposto a questa nave, allorquando arriverà di fermarsi in rada. Potrà permanere in acque nostre solo il tempo necessario a consentirci di vedere a bordo le emergenze sanitarie delle persone delle quali ci faremo carico, abbiamo saputo dalla stampa anche di minori, rispettiamo queste esigenze ma chi non dovesse versare in queste condizioni dovrà essere riportato fuori dalle acque territoriali».

Il passaggio in acque italiane

«Le navi di tutti gli stati godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale», specificano gli articoli 17, 18 e 19 della Convenzione Onu sul diritto del mare. Cosa si intende per «passaggio»? Anche fare scalo in un porto. Ci si può fermare e ci si può ancorare, ancor più se ciò è reso necessario da condizioni di difficoltà o serve a prestare soccorso.

Max Cavallari

Per poter dichiarare «offensivo» il passaggio delle ong il governo Meloni dovrebbe includerle nelle stesse categorie di chi «esercita o manovra con armi», «pregiudica la sicurezza» e così via. La Humanity 1 trasporta persone tratte in salvo «tra il 22 e il 24 ottobre. Più di un centinaio sono minori non accompagnati. C’è anche una ragazzina con un neonato di sette mesi. Molti hanno subìto violenze ripetute o torture in Libia», come riferisce Petra Krischok, portavoce di SOS Humanity.

Salvare solo alcuni

Il place of safety, il porto sicuro, non significa che solo chi è in condizioni di estrema vulnerabilità viene soccorso. Per «porto sicuro» si intende un luogo dove i diritti fondamentali vengono pienamente tutelati: i bisogni primari ma anche diritti come quello di asilo.

Quando Piantedosi dichiara che «Humanity 1 potrà permanere in nelle nostre acque territoriali solo il tempo necessario a consentirci di vedere a bordo le emergenze» sta facendo una serie di operazioni a dir poco dubbie: sta trattando una nave che ha prestato soccorso come una nave non inoffensiva, il che presuppone una criminalizzazione delle ong; sta rifiutando di offrire porto sicuro; sta confondendo le situazioni di rischio medico con il più pieno esercizio dei diritti da parte delle persone a bordo.

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