Il centrodestra somiglia sempre più al Fight Club di Chuck Palahniuk. La prima regola del club è che è meglio non parlare delle elezioni comunali. La seconda, forse ancora più importante, è che «nulla è stato deciso». È la frase che un po’ tutti ripetono quando viene chiesto di commentare l’ultima uscita di Matteo Salvini. Quella in cui il leader della Lega, con incredibile nonchalance, ha candidato Gabriele Albertini a sindaco di Milano. Non è stata una notizia inattesa.

Da tempo il nome dell’ex primo cittadino era stato inserito nell’elenco dei papabili. Ci sarebbero anche dei sondaggi che lo danno, in caso di ballottaggio, come unico possibile vincitore nei confronti del sindaco uscente, Beppe Sala. Inattesa è stata però la modalità. Perché il centrodestra, nonostante le indiscrezioni, non ha ancora ufficializzato una sola candidatura nelle grandi città che andranno al voto tra settembre e ottobre. Per l’appunto: «Nulla è stato deciso».

Da dove nasce quindi la proposta di Salvini? E perché puntare su una “vecchia gloria” come Albertini? «Dopo aver recuperato Letizia Moratti in regione ora la Lega punta su Albertini a Milano. Altro che centrodestra del futuro, Salvini è saldamente ancorato al passato», dice un parlamentare di Forza Italia di lungo corso. Ma anche se c’è chi pensa che la sua sia semplicemente una mossa elettorale per provare a conquistare qualche voto moderato in un periodo in cui i sondaggi lo danno in costante discesa, gli alleati di Fratelli d’Italia la vedono un po’ diversamente.

Non a caso il primo a frenare gli entusiasmi attorno ad Albertini è stato Ignazio La Russa, che ha inserito l’ex sindaco tra i nomi di «una rosa molto ricca e buona» e ha chiesto a Salvini di «trovarsi con Giorgia Meloni per risolvere il rebus delle candidature. È bene che si capisca che queste decisioni vanno prese di comune accordo. Sarebbe un errore anticipare preferenze e valutazioni».

Comunali con vista Copasir

Ufficialmente nessuno nel partito di Giorgia Meloni si spinge fino al punto di dire apertamente che la candidatura di Albertini non va bene. Che puntare su chi è stato eletto sindaco di Milano per la prima volta 24 anni fa, anche se può funzionare come mozione degli affetti, non è proprio una vittoria per il centrodestra che deve dimostrare di avere una propria classe dirigente. Peraltro FdI non ha certo dimenticato che un’altra operazione nostalgia, la candidatura di Raffaele Fitto a presidente della Puglia, pur accompagnata da sondaggi favorevoli, alla fine ha prodotto una sconfitta. In ogni caso la convinzione dentro il partito è che Salvini abbia deciso di utilizzare la “strategia Superlega”: annunciare, generare scompiglio, agitazione, sedersi al tavolo e trattare. Magari inserendo nella discussione, oltre alle candidature dei sindaci, la questione irrisolta della presidenza del Copasir.

Intervistata dal Corriere Meloni ha detto che non si tratta di una «guerra» tra Fratelli d’Italia e Lega e che, dopo quelle di Elio Vito, si aspetta anche le dimissioni degli altri commissari. Sulle amministrative, invece, ha ribadito che l’intesa arriverà «quando ci vedremo» con Salvini. «Nessuno – ha detto – ha mai formalizzato proposte, quindi non ci sono sì o no da dire. Quando ci vedremo, ci confronteremo e renderemo pubbliche le nostre posizioni e decisioni». Nel frattempo la settimana prossima la Corte costituzionale deciderà sul ricorso della Corte d’appello di Brescia in merito all’insindacabilità di alcune dichiarazioni rilasciate da Albertini (all’epoca eurodeputato e successivamente senatore) nei confronti dell’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo. Albertini, Milano, il palazzo di giustizia. Ed è subito anni Novanta.

 

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