Paolo Damilano, candidato sindaco di Torino per la lista Torino bellissima e la coalizione di centrodestra, può guardare al voto del prossimo 3 ottobre con una speranza che nessun altro candidato di centrodestra prima di lui ha mai avuto. E Lega e Fratelli d’Italia cominciano ad assaporare il gusto di una vittoria, senza particolare sforzo, nella città che è stata guidata da Diego Novelli (Pci).

Una campagna elettorale sobria quella di Damilano, senza polemiche, fondata sull’emotività rassicurante anziché sulla divisiva realtà delle cose, soprattutto forte di un alleato formidabile: la litigiosità del centrosinistra che mette in difficoltà il candidato Stefano Lo Russo, docente universitario, attuale capogruppo del Pd in comune, già assessore, un curriculum e un programma lunghi così che però interessano pochi fanatici. La questione centrale è il rapporto con i Cinque stelle. Il resto è contorno.

Il curriculum non basta

Lo Russo è colui che ha fermato la carriera politica di Chiara Appendino con un esposto alla magistratura per la cosiddetta vicenda Ream – una furbata contabile della sindaca su un debito contratto dal suo predecessore, Piero Fassino – costato una condanna in primo grado a sei mesi. Successivamente è stato colui che ha fermato la corsa del rettore del Politecnico di Torino, Alberto Saracco, individuato dalla sindaca quale candidato di sintesi tra il mondo del M5s e quello del centrosinistra. Eppure non basta.

Pochi giorni fa alcuni esponenti del centrosinistra, tra cui perfino un ex segretario cittadino dei Ds nonché parlamentare, Alberto Nigra, oggi esponente di Azione di Carlo Calenda, hanno annunciato la nascita della lista Progresso Torino, che sosterrà Damilano insieme a Torino Bellissima, Lega e Fratelli d’Italia.

Progresso Torino sarebbe, secondo lo stesso Nigra, un laboratorio liberal socialista e liberal democratico. Pochi voti, ma simbolici, che vanno a sommarsi al già ampio consenso di cui gode il candidato di centrodestra dato, secondo un recente sondaggio Swg, tra il 42 e 46 per cento al primo turno (Lo Russo sarebbe tra il 41 e il 45).

Lo Russo non ha incassato in silenzio: «La credibilità politica è un po’ come una foresta: ci vogliono anni a costruirla e farla crescere e pochi istanti a bruciarla. Umanamente mi dispiace per loro. Ma le scelte dei singoli sono indiscutibili e meritano comunque rispetto, così come le ambizioni di carriera personali. Personalmente trovo sbagliato passare da una coalizione progressista, ambientalista ed europeista a quella sovranista e populista. La Lega e Fratelli d’Italia hanno un’idea di comunità che con il centrosinistra sono inconciliabili. Aspetto diverso è il profilo del candidato sindaco del centrodestra che non sapendo cosa dire ha scelto di spendere parecchio di propaganda per non dire nulla nel merito al di là di slogan e di scappare da ogni confronto pubblico. Francamente ne capisco le ragioni di puro opportunismo ma la ritengo una strategia irrispettosa dei torinesi e della città».

Ma non finisce qui. Mimmo Portas, capo della lita civica “I moderati, estremisti del buonsenso”, 6 per cento alle amministrative del 2016, parlamentare Pd poi passato a Italia viva, fa trapelare che potrebbe non essere parte della coalizione di centrosinistra, potrebbe correre da solo e, sopratutto, in alternativa a Lo Russo. A Napoli “I moderati” hanno stretto un accordo a sostegno del candidato sindaco Gustavo Manfredi, che guida una vasta coalizione che comprende anche i Cinque stelle. E il nodo sono proprio i grillini e il loro 8-10 per cento, indispensabile al secondo turno per prevalere sulla destra e conquistare il comune di Torino. Portas ha chiesto a Lo Russo di esprimersi ufficialmente chiudendo a qualsiasi alleanza con il M5s, ma il candidato sindaco ha taciuto.

Intanto, individuata la candidata sindaca Valentina Sganga, il Movimento di Torino osserva le diatribe del campo progressista che non poco aiutano il “vasto programma” elettorale pentastellato: far perdere Lo Russo. Per molte ragioni, in primis per la vicenda giudiziaria sopracitata. Costruita un’alleanza ufficiale con i Verdi – i due simboli sono appaiati nei manifesti elettorali – prosegue il corteggiamento verso la sinistra di Articolo uno. Nel frattempo il M5s pesca sempre anche nell’estrema sinistra, coinvolgendo figure locali molto note come il già candidato sindaco Juri Bossuto. «È falso che vogliamo far perdere Lo Russo – dice Sganga – ma sicuramente non lavoriamo per rendere la vita più agevole a lui e a Damilano. Che, devo dire, effettivamente li vedo ossessionati più da noi che dai programmi da sottoporre ai cittadini a ottobre: siamo totalmente disinteressati alle loro vicende interne».

 

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