Il cammino per rimettere mano al reato di abuso d’ufficio è cominciato. Le parole della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, hanno confermato che il governo vuole modificare la norma. E poche ore dopo, in un’intervista al Corriere, il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ha accolto la proposta: «Vediamo come il governo darà seguito a questa disponibilità». Una posizione tutt’altro che isolata nel Pd, soprattutto nell’area che sostiene la candidatura a segretario di Stefano Bonaccini, in linea con il progetto del “partito degli amministratori”.

«Siamo favorevoli a una riforma incisiva dell’abuso d’ufficio, che non esponga gli amministratori locali a indagini che nella stragrande maggioranza dei casi si concludono con un nulla di fatto», dice il sindaco di Firenze, Dario Nardella. «Questa è la posizione dell’Anci, che rispecchia quanto prevede la mozione Bonaccini», aggiunge.

Le aperture al governo non mancano, dunque. Solo che, al momento, non risultano bozze in stato avanzato. Secondo quanto si apprende al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, i tecnici stanno compiendo le valutazioni sul perimetro entro cui muoversi. «È prematuro conoscere il reale orientamento», spiegano fonti di via Arenula. L’idea preferita è di presentare un disegno di legge, e non un decreto, per favorire il dibattito parlamentare.

Abrogazione o revisione

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Le strade, dal punto di vista dei contenuti, sono due: l’abolizione completa del reato o la revisione per garantire i «confini precisi», richiesti da Decaro. La soluzione dell’abrogazione tout court è quella prediletta da Forza Italia, come testimonia la proposta di legge presentata alla Camera dalla deputata Cristina Rossello, sottoscritta da vari esponenti del partito, incluso il capogruppo di Fi a Montecitorio, Alessandro Cattaneo.

Il testo è molto diretto: prevede un solo articolo in cui si chiede la cancellazione dell’articolo 323 del codice penale, quello dell’abuso d’ufficio. Una posizione condivisa dall’ala più garantista in parlamento, capeggiata dal deputato del terzo polo, Enrico Costa, estensore di una proposta di legge che va nella direzione della depenalizzazione dell’abuso d’ufficio.

Questa strategia, d’altra parte, rischia di essere divisiva, minando la concordia tra le varie forze politiche sulla necessità di rivedere la norma. Perciò, se l’intenzione resta quella di prevedere un ampio confronto in parlamento, la cautela suggerisce di evitare colpi di mano.

Così, mentre il dibattito prosegue a livello mediatico, il tema è stato portato alla Camera, sotto forma di una mozione dal gruppo Noi Moderati, con la prima firma di Maurizio Lupi. Nello specifico viene chiesto di adottare «iniziative normative volte a riformare il reato di abuso di ufficio». Dunque, la revisione della materia come punto di partenza del dialogo a Montecitorio. Un amo lanciato dalla mozione per avviare la riforma nelle sedi preposte.

In vigore dal 1990

Eppure questa norma, oggi osteggiata da più parti, è in vigore da oltre 30 anni, durante i quali ci sono state varie modifiche. L’introduzione del reato risale al 1990, nell’ambito della riforma del codice penale. Dopo sette anni c’è stato un primo ritocco, in senso restrittivo, a cominciare dalla riduzione della pena massima, scesa da cinque a quattro anni, e vietando l’uso delle intercettazioni per questo tipo di indagini.

Tuttavia, nel 2012, la pena è stata rivista nuovamente verso l’alto con un’aggiunta: l’intreccio con la Legge Severino, per cui un sindaco condannato in primo grado viene sottoposto alla sospensione di 18 mesi, prevista dalla riforma introdotta dal governo Monti.

Una modifica che è stata votata da tutti, salvo qualche eccezione nel centrodestra, tra Lega e l’allora Popolo della libertà. Dopo otto anni, però, si è resa necessaria un’ulteriore manutenzione, inserita nel decreto Semplificazioni del 2020 dal governo Conte bis.

Furono posti dei vincoli all’applicazione della legge, in merito a «specifiche regole di condotta» con lo scopo di ridurre «margini di discrezionalità in sede applicativa», come veniva riferito dal dossier del Senato.

Oltre Severino

Così il ddl Nordio, come viene già ribattezzato informalmente, punterà a eliminare la connessione con la legge Severino, spazzando via la cosiddetta “paura della firma”. Sul punto Devis Dori, deputato della commissione Giustizia dell’Alleanza verdi-sinistra, osserva come «una formulazione indefinita del reato di abuso di ufficio potrebbe essere anche alla base della proliferazione delle figure di commissari straordinari, che operano in deroga a varie norme, nominati con l'obiettivo di portare a termine opere che non vengono realizzate in tempi congrui, anche per la paura della firma».

Un paradosso, quindi. Solo che l’attacco all’abuso d’ufficio non troverà proprio tutti d’accordo. «L’intervento del 2020 ha già circoscritto il perimetro del penalmente rilevante e ha fornito maggiore determinatezza e tassatività alla fattispecie», dice la deputata del Movimento 5 stelle, Valentina D’Orso. La linea di Giuseppe Conte resta, quindi, quella della differenziazione.

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