Affitti brevi e cinema, la maggioranza già litiga sulla manovra

Più tasse sulle case e meno sulla finanza digitale. E ancora: il mistero della “scomparsa” della proroga di Opzione donna e la scudisciata al cinema. La manovra “Robin Hood” del governo Meloni rivela il proprio volto. Che ha poco a che fare con l’eroe di Sherwood. Del resto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, seppure con una battuta («quelli di Nottingham non mi stanno simpatici», in riferimento alla passione calcistica per il club inglese del Southampton) aveva respinto questa definizione. Pax meloniana sulla manovra, Tajani sconfitto sulle banche La decisione di approvare in Consiglio dei ministri un provvedimento al buio, senza un testo realmente condiviso, ha comunque presentato il conto. Appena è stata diffusa la prima bozza, mezza maggioranza ha disconosciuto il contenuto. Ed è scattata la corsa alla dissociazione. Una pratica diventata ormai comune. Ma che contribuisce ad alimentare la confusione. Affitti più cari Dopo i sorrisi di ordinanza in conferenza stampa, sono spuntate piccole o grandi stangate. Il caso di scuola è l’aumento della tassazione sugli affitti brevi, che passerebbe dal 21 al 26 per cento nel caso di via libera all’attuale formulazione della legge di Bilancio. «Non eravamo stati informati», ha fatto sapere il portavoce e deputato di Forza Italia, Raffaele Nevi. «C’è tutta la possibilità di correggere», ha rilanciato il segretario di FI, Antonio Tajani. Dagli azzurri è partita anche la contestazione sulla diminuzione del prelievo per le criptovalute stablecoin. Giorgetti e Perrotta “segretano” la manovra e il Mef è in rivolta «Non ci sembra equo equiparare la casa al trading sulle criptovalute», ha ribadito ancora Nevi. La casa, bene «sacro» secondo gli slogan della destra, diventa un mezzo per fare cassa. «È una misura che scoraggia gli investimenti e rischia di ridurre l’offerta di alloggi, aggravando ulteriormente la crisi abitativa», ha attaccato Lorenzo Fagnoni, presidente dell’associazione Property managers Italia. La questione degli affitti brevi sembra non piacere proprio a nessuno. «L’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi non mi sembra un buon modo di aiutare la domanda interna e l’iniziativa privata», ha detto il leader della Lega e vicepremier, Matteo Salvini, andando contro una misura scritta da un ministro del suo stesso partito. E dimostrando, come gli altri alleati, di non sapere cosa c’era nella legge di Bilancio. Un assist perfetto per le opposizioni. «Questa manovra è figlia di nessuno», ha detto il capogruppo del Pd in commissione Bilancio alla Camera, Ubaldo Pagano. Manovra, le novità su fisco e tasse: il mini taglio dell’Irpef e la nuova rottamazione «Questa tassa deve essersi auto-aumentata all’insaputa del governo», secondo il deputato del Movimento 5 stelle, Agostino Santillo. Che ha aggiunto: «La verità è che Meloni quando si tratta di casa si mette in modalità Ponzio Pilato». Si torna al punto di partenza: la segretezza della manovra, custodita da Giorgetti e da una cerchia strettissima di fedelissimi, non ha giovato. Anzi. Maxi taglio al cinema Scorrendo i vari articoli che la compongono, la bozza del provvedimento si caratterizza anche per alcune mancanze: non compare la proroga di Opzione donna, misura che favorisce il pensionamento di alcune categorie di lavoratrici. È la «conferma di una linea che scarica tutto il peso dei conti pubblici sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici», ha detto la senatrice di Italia viva, Annamaria Furlan, ex segretaria della Cisl. Cultura con il brand, Mollicone si è fatto il logo personale Dal governo, in via informale, trapela la posizione attendista: si tratta solo di una prima versione della legge di Bilancio e molti interventi possono essere inseriti durante l’iter parlamentare sotto forma di emendamenti dei relatori. La Cenerentola della manovra è poi la cultura: il taglio al cinema ammonta a 190 milioni di euro per il prossimo anno e sale addirittura a 240 milioni di euro per il 2027. Il ministro Alessandro Giuli aveva fatto trasparire un certo malumore rispetto alla strategia della legge di Bilancio. Ma l’entità della decurtazione è gigantesca. «Questa ipotesi di taglio farebbe perdere il lavoro a persone, donne e uomini: scenografi, costumisti, sarti, attrezzisti, elettricisti, autisti, sceneggiatori, autori, attori e tutte le professionalità del settore», hanno scritto in una nota congiunta delle associazioni dell’audiovisivo, Agici, Apa e Cna. Una manovra conservatrice e poco ambiziosa. Ma l’alternativa c’è Anche la sottosegretaria, Lucia Borgonzoni, che ha la delega al settore, è stata irritata dalla maxi sforbiciata che è stata preannunciata né tantomeno concordata. Così – come anticipato da Huffington post – ha inviato una lettera alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e a Giorgetti per chiedere una correzione di rotta. In un singolare cortocircuito, poi, il governo ha elargito uno strapuntino alla cultura e messo a disposizione 5 milioni di euro per favorire il federalismo museale. Uno stanziamento che vuole diventare «sostegno strutturale ai musei e ai luoghi della cultura non statali». E per fare il paio ha ideato la “carta valore”, una riedizione in salsa meloniana del bonus 18 App di renziana memoria. Foglie di fico che però non coprono il taglio monstre al settore cinematografico. Carta Valore di Giuli, per la destra la cultura è un premio Il quadro, dunque, è quello di un provvedimento che già alimenta spaccature, ancora prima di iniziare l’iter parlamentare, che rischia di essere molto complicato a causa delle esigue risorse a disposizione. Il cosiddetto fondino, destinato agli emendamenti, avrà una dotazione ridotta. I 500 milioni di euro agognati saranno, nella migliore delle ipotesi, solo 250 milioni. Una manovra lacrime e sangue almeno per chi la dovrà approvare. Manovra, cosa cambia per le famiglie: la tassa sugli affitti brevi e il bonus per i neodiplomati Imprese, Urso non spende 4 miliardi e Giorgetti li ricicla in manovra