Genova e Ravenna al primo turno, Taranto e Matera avanti. Il successo dei candidati del centrosinistra nelle città più grandi, al voto di ieri e domenica, entusiasma quelle che a Roma sono le forze d’opposizione, e per un giorno silenzia la maggioranza. Nel capoluogo ligure l’ex martellista e vicepresidente del Coni, Silvia Salis, si attesta intorno al 51 per cento.

In realtà è più o meno quanto aveva raccolto in città il candidato Andrea Orlando alle regionali dello scorso ottobre. Allora il sindaco uscente Marco Bucci, poi vittorioso, aveva preso il 44,3 per cento; oggi il suo vice fa altrettanto. Va detto che nella coalizione di Orlando non c’erano i centristi – su diktat dei Cinque stelle – e invece nell’alleanza di Salis ci sono: condizione posta dalla stessa candidata.

Per la sinistra il senso politico del piccolo test amministrativo (due milioni di votanti, 117 città, solo 31 sopra i 50mila abitati), nonostante un’affluenza inchiodata al 56,3 per cento, ruota tutto intorno alla parola «unità». A mezzo pomeriggio, con le prime proiezioni, a cantare vittoria è Matteo Renzi, da Tagadà (La7): «Quando il centrosinistra è unito, quando non mette i veti, vince e stravince» e Giorgia Meloni «ha preso una scoppola mica da ridere». Il leader Iv, sempre il più pronto di riflessi, usa l’evidenza aritmetica come avviso a chi ancora recalcitra a imbarcarlo nell’alleanza per le prossime politiche: sempre i Cinque stelle.

E forse non è un caso che l’ultimo a unirsi ai festeggiamenti sia stato Giuseppe Conte: «La vittoria di Salis è la dimostrazione che progetti nati dal basso e inclusivi delle proposte della società civile sono percepiti dai cittadini come più vicini alle proprie esigenze - e, per questo, meritori di fiducia ed entusiasmo». Nessun riferimento a campi larghi o alleanze extralarge.

Certo, va anche detto che nelle città in cui il centrosinistra vanta una coalizione ampia, come Genova e Ravenna, fra le liste a supporto non ci sono i simboli di Iv e di Azione: gli esponenti centristi si sono accomodati nelle civiche. Persino nel capoluogo romagnolo, dove il candidato Alessandro Barattoni prende il 58,6 per cento e straccia la destra divisa in due (Nicola Grandi, sostenuto da FdI e FI, prende il 24,7 per cento e Alvaro Ancisi, sostenuto dalla Lega, si pianta al 6,3), c’è la storica lista del Partito repubblicano ma non ci sono le insegne né di Iv né di Azione. Non è il momento per i dettagli molesti. Alle sei del pomeriggio ce n’è già abbastanza per far parlare i tre capigruppo di Camera, Senato e Bruxelles, Chiara Braga, Francesco Boccia e Nicola Zingaretti: «Oggi è un giorno importante per tutte le forze del centrosinistra che hanno scelto l’unità e che credono nell’alternativa». Anche Orlando, uno dei registi della vittoria di Salis (che del suo però ha messo moltissimo), parla di «unità e cambiamento».

A firmare la vittoria però è Elly Schlein: il “suo” Pd «cresce di otto punti rispetto alle ultime elezioni ed è primo partito».

Pd in crescita

A Genova sfiora il 30 per cento, un salto di dieci punti rispetto al 2021. La segretaria si congratula anche con Valter Stoppini, il candidato di Assisi chiamato a sostituire Stefania Proietti – eletta presidente dell’Umbria – e loda la buona prestazione di Pietro Bitetti, a Taranto: sostenuto da Pd e Avs (e da molte civiche) è salito oltre il 33 per cento. Dietro di lui, sfida a destra per il secondo turno fra Francesco Tacente, benedetto dalla Lega, e Luca Lazzaro, sostenuto da FdI, FI e Noi moderati.

Per Bitetto c’è da sperare che al ballottaggio la candidata M5s Annamaria Angolano converga su Bitetti, e non è facile. Per Schlein comunque è tutta salute: «Ormai è chiaro, il centrodestra esulta per i sondaggi, noi vinciamo le elezioni. Il Pd conferma la sua crescita. Essere testardamente unitari non è una tesi o un dibattito politologico, ma un dato oggettivo». Messaggio, quest’ultimo, rivolto all’interno del Pd.

A Matera piovono sassi

Schlein non nomina Matera, la città lucana dove non solo l’alleanza (perdente) delle regionali si è frantumata, ma si è frantumato anche il Pd. Lo scrutinio è lento, ma il candidato democratico è in vantaggio, al 44,32 per cento. Il fatto è che in questa città la parola «centrosinistra» significa una cosa opposta rispetto a quello che pensano al Nazareno: Roberto Cifarelli, il dem più votato alle scorse regionali, si è candidato senza l’ok del partito, ed è stato sostenuto da Azione e Iv. Domenico Bennardi, l’ex sindaco pentastellato che il Pd ha contribuito a tirare giù, non arriva al 9 per cento.

E c’è anche un terzo candidato da questa parte, l’ex Ds Vincenzo Santochirico che racimola il 3 per cento. Antonio Nicoletti, sostenuto dalla destra ma senza Iv e Azione (che in regione però fanno parte della maggioranza del forzista Vito Bardi) con il 37,6 sfiderà Cifarelli al secondo turno. Che sarà un terno al lotto, a sinistra, per le solite note ragioni: difficile che M5s dia indicazione di votare il candidato del Pd, che neanche il Pd peraltro ha patrocinato.

© Riproduzione riservata