«Allo statista Bettino Craxi. A ricordo della “notte di Sigonella” quando, con fermezza di carattere e tempestività di decisioni, dimostrò spiccato senso patriottico. E ricordò al mondo intero che si può essere alleati di qualcuno senza diventarne sudditi».

A Rieti la destra è “boia chi molla” ma anche garofani rossi. All’ultimo miglio della campagna elettorale, la coalizione raccatta tutto pur di acchiappare la vittoria al primo turno. Perché c’è un sondaggio per così dire mentale che tutti qui hanno bene in testa: se il Fratello d’Italia Daniele Sinibaldi non vince al primo turno, le chance si sposteranno tutte sullo sfidante Simone Petrangeli.

Torniamo a Craxi. Giovedì il sindaco in carica Antonio Cicchetti, di Forza Italia, un inossidabile della politica locale, ha scoperto il busto del leader socialista a piazza Campoloniano. Intenzionalmente nel giorno della festa della Repubblica. «Una provocazione», per gli avversari. Un po’ troppo persino per la sua coalizione. Persino per quel pungiball del suo vicesindaco Sinibaldi, espressione della burocrazia di partito e maltollerato un po’ da tutti gli alleati. In realtà il convitato di pietra, anzi di bronzo nel caso specifico, può tornare utile al ballottaggio, se dovesse esserci: potrebbe attirare i socialisti del “terzo polo” che al primo turno schierano Carlo Ubertini, ex assessore ed ex sodale di Petrangeli, e in teoria orientato a sinistra.

Ma giovedì l’imbarazzo della coalizione si vedeva dalle assenze nell’assolata piazza. Del resto Cicchetti non è nuovo agli “scherzetti” che complicano la vita al suo vice. Il 7 maggio scorso, in un’iniziativa elettorale, ha arringato la folla in un crescendo rossiniano fino a «dobbiamo andare avanti col grido di battaglia che è sempre il solito: Boia chi molla». Ed è subito stato caso nazionale. Un boomerang, per Sinibaldi. Forse persino uno sfottò, per un candidato della Fiamma.

Italia viva a destra

Da quel momento la sinistra, da Enrico Letta in giù, si è precipitata a Rieti a dare manforte al suo Petrangeli, dinamico leader del movimento Rieti città futura, della rete degli amministratori progressisti oggi riunita nel Lazio in Alternativa comune. È già stato sindaco nel 2012, e ha evitato il dissesto delle casse della città. Sinibaldi è sostenuto da nove liste, con lui anche Italia viva. Petrangeli è sostenuto da sette liste, compresa la pentastellata Con-te. Ma dalla sua ha un precedente importante, potremmo dire motivazionale: alle scorse elezioni ha perso la conferma a sindaco per 99 preferenze.

Oggi, memore della sconfitta, cerca i voti bussando alle porte, letteralmente: ha capito che «per convincere gli indecisi devi andare nelle case» e che «la politica può rinascere nei territori e che i comuni ne saranno i protagonisti». La sua «città del futuro» ha un programma molto dettagliato, benedetto dalla regione (il lancio della campagna è stato tenuto a battesimo da Daniele Leodori, vice di Nicola Zingaretti, e Massimiliano Smeriglio, eurodeputato ed ex vice del governatore); perché se non ci si prepara bene c’è il rischio «di perdere il Pnrr», spiega lui, «una grande opportunità. A patto che il nuovo sindaco sappia fare in modo che Rieti sia davvero capoluogo di provincia e diventi il riferimento per un’area vasta al di là dei confini amministrativi». Per questo punta tutto sulla competenza e sulla capacità della sua futura squadra di progettare al meglio il passaggio cruciale dei soldi che arrivano dall’Europa.

E qui torniamo alla piazza del quartiere Campoloniano, da giovedì rumorosamente diventata piazza Craxi. Tre giorni fa in quella stessa piazza Petrangeli ha invitato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. La scelta del luogo in questo caso ha tutto un altro senso: quello slargo è il cuore del quartiere più popoloso e più giovane. Gualtieri è venuto non solo per dare manforte «a un amico, a un amministratore che stimo», ha spiegato ai sostenitori, ma anche perché se c’è un problema storico di collaborazione fra la Capitale onnivora e le sue abbandonate province del Lazio, questo problema inizia da Rieti, e dal tradizionale isolamento favorito dalle giunte conservatrici.

Il legame con la capitale

Oggi però anche per Roma sarà un problema avere intorno amministrazioni sonnacchiose e poco reattive, in vista dei grandi movimenti verso il Giubileo 2025 e la candidatura dall’Expo 2030. «È un onore avere da noi il sindaco di Roma», ha esordito Petrangeli, «il rapporto con Roma sarà cruciale per chi vuole governare la nostra città. Roma deve essere una opportunità per il nostro territorio. E serve un rapporto diverso dal passato».

«Con Simone tra Rieti e Roma si aprirà una nuova stagione di collaborazione e dialogo» ha ricambiato Gualtieri. «Questo permetterà a Rieti di tornare a essere protagonista, anche grazie alle risorse del Pnrr che porteranno sul territorio ingenti risorse per rilanciare il tessuto economico e produttivo; un’occasione che Rieti non può permettersi di perdere».

A scendere nel concreto è stato Fabio Mellilli, reatino, deputato Pd, presidente della commissione Bilancio, ex Anci, ex Upi, e da anni ufficiale di collegamento fra capoluogo e capitale. Che ha proposto «un tavolo permanente di confronto con il coinvolgimento della regione», e cominciato a immaginare «forme di collaborazione perché Rieti abbia giovamento dei flussi turistici della capitale».

Il momento per riallacciare rapporti cordiali sarebbe ottimo anche perché si è risolta la storica vertenza dell’Acquedotto: dopo trent’anni a Rieti è stato riconosciuto un indennizzo di sette milioni e mezzo per le servitù del fiume Peschiera. «La realizzazione del nuovo acquedotto potrà essere l’occasione per nuove collaborazioni tra Rieti e Roma», assicura Melilli, «a patto che i reatini vogliano votare una nuova classe dirigente locale. E non l’immancabile cugino in lista, in una città che ha diciannove liste per tre schieramenti. Che vuol dire un candidato ogni settanta abitanti».

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